Il week-end non si tocca. In Portogallo gli operai rifiutano l’aumento della Volkswagen

by Goffredo Adinolfi | 1 Settembre 2017 9:12

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LISBONA. No, la classe operaia a non è andata in paradiso e non è neanche scomparsa, almeno quella portoghese. Lo stabilimento dell’Autoeuropa di Palmela, non lontano da Lisbona, ha scioperato per dire all’impresa che per loro salute e tempo libero non valgono un aumento di salario.

Quando prendi pochi soldi, 175 euro fanno comodo: è proprio un bell’aumento quello proposto dall’Autoeuropa e in fondo, si chiede solo un po’ di disponibilità nel fine settimana. E poi è una bella notizia quella che la Volkswagen abbia deciso di costruire qui il nuovo Suv T-Roc. Più di 1.500 persone saranno assunte e si stima che nel 2018 potrebbero essere 200mila i pezzi prodotti (nel 2016 erano circa 85mila).

Una manna per tutti insomma, solo pochi mesi fa amministrazione e commissione dei lavoratori avevano trovato un accordo e la cosa sembrava filare via liscia, come tante altre volte in passato. E invece no, perché il 18 luglio scorso le tute blu hanno deciso che ci sono cose che non sono negoziabili e una di queste è il fine settimana, fatto di due giorni festivi consecutivi e quindi al referendum interno hanno detto che quanto accettato dalla commissione dei lavoratori a loro non andava bene, meglio una busta paga più leggera e tenersi il tempo libero. Non è che fino ad adesso il sabato non si sia lavorato, anzi, se necessario, spiega José Carlos Silva, sindacalista del Site Sul/Cgtp-In, gli straordinari non sono stati un problema, quel che si contesta è l’obbligatorietà.

Prima di andare avanti è necessario fare un passo indietro. L’Autoeuropa è uno stabilimento della Volkswagen. Salari mediamente più alti, condizioni di lavoro migliori, insomma l’aristocrazia della metallurgia. Da sola l’Autoeuropa incide in modo notevole sul prodotto interno lordo, lo 0,8% nel 2010 e il 10% dell’esportazioni, non poco e poi c’è tutto l’indotto. È un nodo strategico di importanza cruciale.

Sparsi per il mondo, di posti così non ce ne sono pochi, di volta in volta, si decide a chi attribuire l’assemblaggio di un nuovo e promettente modello di automobile, magari si chiede un aiuto allo stato in forma di defiscalizzazione, finanziamenti o urbanizzazioni, e poi il gioco è fatto.

Gli operai di Palmela sanno bene che gli avversari più temibili non sono necessariamente i loro patrões, anzi, critiche durissime arrivano dal sistema dei media, dalla politica, dall’opinione pubblica che teme la chiusura e denuncia i sindacati di irresponsabilità e poi, si legge tra le righe, che cosa si lamentano a fare visto che prendono ben più del salario medio nazionale!

L’Expresso titola: «I lavoratori dell’Autoeuropa hanno coscienza di quel che stanno facendo?». Loro sono colpevoli? E di cosa? Nicolau Santos, editorialista, scrive che mai prima d’ora i comunisti e il loro sindacato, la Cgtp, erano riusciti a essere determinanti nelle scelte della maestranze. Dopotutto la Volkswagen è stata molto generosa, ha rinnovato gli stabilimenti con investimenti cospicui e ha deciso di portare in Portogallo una delle produzioni più promettenti perché rischiare proprio ora di mandare tutto all’aria? «La fabbrica di Palmela – spiega Santos – è troppo importante per il Paese e non è concepibile che un solo sindacato decida per il suo futuro, qualcuno dovrebbe intervenire nell’interesse dei lavoratori stessi».

Volkswagen e Autoeuropa sono due cose differenti, anche se poi i proprietari sono gli stessi, e da qualche parte, ci sarà un’altra Autoeuropa con lavoratori più accondiscendenti e con legislazioni più favorevoli, si chiama dumping sociale, contrariamente al dumping di stato, non è regolato né dall’Omc né da altri accordi di libero commercio. Il movimento no global dell’inizio degli anni duemila ne aveva parlato, poi più niente.

Eppure, nonostante un cappio ben stretto messo intorno al collo, i lavoratori hanno deciso che valeva la pena rischiare, che poi, a forza di dire sì, ti ritrovi senza diritti e senza lavoro, e allora, meglio tirare fuori le unghie e per un giorno hanno paralizzato la produzione, perché sanno bene che se tu ti lasci ricattare una volta, poi non puoi più dire di no.

FONTE: Goffredo Adinolfi, IL MANIFESTO[1]

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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