Norvegia: confermati i conservatori anti immigrati al governo

Norvegia: confermati i conservatori anti immigrati al governo

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Chi ha detto che il potere logora i populisti? Al contrario, dalle urne norvegesi esce rafforzata l’alleanza tra i conservatori e la nuova destra anti-immigrati che quattro anni fa aveva cacciato i socialdemocratici dal governo e che oggi confermano la propria crisi realizzando il secondo risultato peggiore dal 1924.

LE DUE LEADER DELLA DESTRA locale, la premier Erna Solberg alla testa del Partito conservatore e dell’esecutivo di Oslo, e la sua alleata Siv Jensen, attuale ministra delle finanze e che guida il Fremskrittpartiet, il Partito del progresso schierato su posizioni xenofobe e identitarie, hanno festeggiato il risultato delle elezioni politiche che hanno visto riconfermato il consenso nei confronti del governo. Attestandosi rispettivamente intorno al 25,1 % e al 15,3 %, i loro partiti crescono, anche se di poco, rispetto alle precedenti consultazioni, mentre i socialdemocratici perdono oltre 3 punti e mezzo attestandosi intorno al 27%.

AL DI LÀ DEI NUMERI è però la formula politica inaugurata nel 2013, e a cui molti osservatori avevano in realtà pronosticato vita breve, ad uscire rafforzata dal voto. Malgrado gli esponenti della destra plurale abbiano vantato durante la campagna elettorale la propria capacità nell’aver fatto attraversare bene al paese le due maggiori crisi degli ultimi decenni: quella dei rifugiati, gestita attraverso un drastico peggioramento della politica migratoria nazionale e la chiusura delle frontiere e quello che è stato presentato come «il più grande choc petrolifero degli ultimi trent’anni», che per l’economia della Norvegia, primo produttore di greggio in Europa, è stato contenuto grazie ad una serie di agevolazioni fiscali, a spiegare l’esito del voto sono però altri fattori.

SE LA POSSIBILITÀ di un’alternanza di governo con la sinistra è stata minata prima di tutto dagli errori compiuti dalle incertezze politiche mostrate dai socialdemocratici, mentre la stessa figura del loro leader, l’ex capo della diplomazia norvegese Jonas Gahr Store ha richiamato l’attenzione degli elettori più per la sua denuncia dei redditi milionaria, oltre 64 milioni di corone, 7 milioni di euro, che per le proposte avanzate, il successo politico più marcato sembra raccoglierlo la nuova destra. Si è avuto l’impressione che a dettare i tempi della campagna elettorale sia stata l’astro montante del Partito del progresso, la giovane e aggressiva ministra dell’Immigrazione Sylvi Listhaug che nelle ultime settimane ha attraversato il paese soffiando sull’inquietudine di una parte della popolazione che – malgrado il tasso di disoccupazione locale superi di poco il 4% – attribuisce incertezza e preoccupazioni alla presenza degli stranieri.

ALLA VIGILIA DEL VOTO, il tour di Listhaug ha fatto tappa addirittura a Rinkeby nella periferia di Stoccolma, dove al pari dei quartieri popolari di Malmö si sono registrati negli scorsi anni degli incidenti in stile banlieue, per «imparare dagli errori della Svezia ed evitare che si ripetano a casa nostra». 39 anni, figlia di agricoltori, originaria dell’ovest del paese, sostenitrice dei valori della «vera cristianità», si presenta sempre con un una grande croce al collo, in opposizione alla linea improntata all’accoglienza della Chiesa ufficiale, fan di Thatcher e Reagan e del negazionismo climatico di Trump, la ministra dell’immigrazione è diventata ospite fisso dei tabloid popolari e delle trasmissioni tv più seguite anche grazie a sparate velenose: ha invitato i suoi compatrioti a denunciare chi possiede un permesso di soggiorno e si è presa un periodo di vacanze all’estero, ha accusato il capo dei cristiano-democratici di coprire gli imam radicali con la scusa della protezione religiosa e non perde occasione per denunciare «i pericoli e la decadenza della cultura permissiva della sinistra».

«In molti erano convinti che arrivando al governo, il Partito del progresso avrebbe perso consensi, ma grazie a questo attivismo provocatorio ha mantenuto forza e ha almeno in parte fatto vincere il governo», spiega il politologo Anders Ravik Jupskas. Quanto ai partiti minori, i centristi hanno raggiunto il 10%, mentre Verdi e estrema sinistra si sono fermati al 3,2 e al 2,4%.

FONTE: Guido Caldiron, IL MANIFESTO



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