Oltre il Pil. Arrivano gli indicatori del benessere

Valutare il benessere complessivo della popolazione, andando oltre la misurazione della ricchezza prodotta. Se l’industria scoppia di salute ma i processi durano dieci anni, o se l’abusivismo edilizio sfigura le città, le condizioni di vita peggiorano a dispetto della crescita: il problema è capire come questo avviene, e come si può intervenire non solo per far crescere il valore aggiunto, ma anche l’istruzione, la sicurezza, l’occupazione delle donne con bambini. Di indicatori che diano una visione più completa del benessere di un Paese si parla da molti anni e in sedi molto prestigiose, dall’Ocse all’Assemblea generale dell’Onu, e adesso l’Italia ha deciso di raccogliere la sfida: come previsto dalla riforma della legge di Bilancio (l.163/20016), un comitato di esperti ha individuato dodici “Indicatori di benessere equo e sostenibile”, a partire dal lavoro svolto da alcuni anni da Istat e Cnel. Lo schema di decreto del ministero dell’Economia con gli indicatori è stato inviato in estate alle commissioni Bilancio di Camera e Senato, che hanno dato parere favorevole. In attesa del decreto del Mef, nel frattempo il governo ha inserito nel Def in via sperimentale i primi quattro indicatori: il reddito medio disponibile, un indice di diseguaglianza, il tasso di mancata partecipazione al lavoro e le emissioni di CO2 e di altri gas clima alteranti. Entro il 15 febbraio il ministero dell’Economia dovrà valutare per la prima volta che impatto hanno avuto le misure della legge di bilancio rispetto a questi parametri.
Fonte: ROSARIA AMATO, LA REPUBBLICA
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