Cementir Italia. Le mani impastate di cemento

Cementir Italia. Le mani impastate di cemento

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TARANTO. Hanno venduto per cinque anni loppa d’altoforno per produrre cemento, non conforme agli standard previsti dalle normative vigenti, e ceneri leggere classificate come rifiuto semplice e che invece, per i suoi componenti, erano da considerarsi pericolose: per questo ieri mattina militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Taranto hanno effettuato un sequestro preventivo della centrale termoelettrica «Federico II» di Brindisi, di proprietà di Enel, dello stabilimento di Taranto «Cementir Italia», nonché dei parchi «loppa d’altoforno, nastri trasportatori e tramogge» siti nell’Ilva di Taranto.

Il provvedimento disposto dal gip del Tribunale di Lecce, su richiesta della Procura della Repubblica, ha colpito 31 indagati, tra dirigenti di Enel, Cementir e Ilva, società indagate anche per presunti illeciti amministrativi.

L’INCHIESTA, chiamata «Araba Fenice», trae origine da un sequestro penale eseguito cinque anni fa su due aree dello stabilimento Cementir di Taranto, adibite illecitamente a discarica di rifiuti industriali, gran parte dei quali originati dall’adiacente Ilva. Dagli accertamenti effettuati, anche attraverso intercettazioni telefoniche e telematiche, corroborati da una perizia tecnica disposta dalla Procura e da analisi chimiche, è emerso che la loppa d’altoforno venduta da Ilva a Cementir per produrre cemento non fosse conforme alla legge perché presentava criticità connesse alla commistione con scarti e rifiuti eterogenei che ne inficiavano la capacità di impiego nel ciclo produttivo.

Quanto alle ceneri leggere vendute dall’Enel di Cerano, secondo gli investigatori la società le aveva classificate come provenienti dalla sola combustione di carbone, classificate come «rifiuto speciale non pericoloso». In realtà, secondo l’inchiesta, Enel avrebbe usato nel ciclo produttivo combustibili (come il gasolio) generando ceneri contaminate da sostanze pericolose derivanti sia dall’impiego di combustibili diversi dal carbone che dai processi di denitrificazione a base di ammoniaca.

Evitando lo smaltimento degli scarti contaminati, solo Enel avrebbe risparmiato 523 milioni in 6 anni

In questo modo Enel avrebbe tratto un beneficio economico, risparmiando sui costi legati alla separazione e al corretto smaltimento dei rifiuti. La commercializzazione delle ceneri ha rappresentato un espediente dietro il quale si è celato l’intento di reperire un canale di smaltimento di questi rifiuti, alternativo e più economico rispetto a quelli conformi alla legge.

PERALTRO, LA CONDOTTA dell’Enel è ancor più grave visto che la centrale brindisina possiede impianti che consentono lo stoccaggio e la separazione delle ceneri, sin qui mai utilizzati. Enel avrebbe dovuto inoltre sostenere costi più elevati per smaltire le proprie ceneri presso siti autorizzati a trattarli in conformità alla loro reale natura di rifiuti pericolosi: il che ha di fatto trasformato una voce di costo aziendale in una fonte di introiti rappresentato dal prezzo corrisposto da Cementir per l’acquisto delle ceneri.

«Colossi dell’industria di Stato come Enel giocano con la salute dei lavoratori e dei cittadini per risparmiare somme che incidono per uno zero virgola sul proprio fatturato»Cgil Puglia

Come non bastasse, alcuni dirigenti indagati erano a conoscenza della pericolosità delle ceneri, come emergerebbe da alcune conversazioni telefoniche in cui gli stessi concorderebbero nel confondere gli inquirenti presentando loro dati alterati e non veritieri e di evitare di comunicare con l’Arpa Puglia.

IL PROCURATORE DI LECCE, in attesa delle indagini sul caso di Arpa Puglia e ministero della Salute, al momento ha escluso ripercussioni sulla salute dei cittadini. Ma i dubbi sollevati da Legambiente, dai Verdi e da molte associazioni nelle ultime ore sono moltissimi. Durissime critiche anche da Cgil Puglia e Fillea Cgil, il sindacato degli edili, che hanno definito l’inchiesta «di una gravità allarmante. Colossi dell’industria che giocano con la salute dei lavoratori e dei cittadini per risparmiare somme che incidono per uno zero virgola sul fatturato: parliamo dell’Enel, società il cui principale azionista è il Ministero dell’Economia, cioè lo Stato».

SEQUESTRATI ANCHE beni nei confronti di Enel: saldi attivi di conti correnti, quote e/o partecipazioni azionarie, depositi, titoli, crediti, beni mobili registrati e immobili, profitto dei reati contestati quantificato in 523 milioni di euro.

Ma è tutto il cosentino a essere inquinato dalle industrie: da Rende a Sibari, fino ad Amantea

NEL PROVVEDIMENTO IL GIP ha inoltre disposto per le tre società la facoltà d’uso provvisoria degli impianti sequestrati per 60 giorni, subordinata all’attuazione di diverse prescrizioni. Le tre società, ovviamente, si son dette estranee alla vicenda, assicurando massima collaborazione alla magistratura e dichiarando di aver sempre agito all’interno del perimetro della legge in materia di gestione e trattamento dei rifiuti.

In particolar modo Cementir, di proprietà del gruppo Caltagirone che la scorsa settimana ha ceduto tutti gli asset in Italia al gruppo tedesco Italcementi, ha dichiarato di avere acquistato regolarmente ceneri da carbone per lo stabilimento di Taranto, «il cui impiego, peraltro del tutto marginale, è cessato del tutto all’inizio del 2016 (il forno è invece spento dal 1 gennaio 2014, ndr).

Per quanto riguarda la loppa, il suo utilizzo nella produzione del cemento è ammesso e disciplinato da un’autorizzazione integrata ambientale, cui Cementir Italia si è sempre attenuta». Ma i dubbi ci sono tutti.

FONTE: Gianmario Leone, IL MANIFESTO



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ARBITRO PARZIALE

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La procura di Taranto ha posto sotto sequestro l’Ilva locale accusando titolari e dirigenti di «ridimensionare problematiche anche gravi in materia ambientale», per consentire allo stabilimento «la prosecuzione dell’attività  produttiva senza il rispetto, anzi in totale violazione e spregio», delle norme di tutela ambientale. Come risposta ai giudici intransigenti e ai padroni senza vergogna i lavoratori hanno occupato la fabbrica; come per dire, ancora una volta, «la fabbrica è mia, sono infatti io a viverci e a morire».

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