Anche in Russia in piazza contro il genocidio dei rohingya

Anche in Russia in piazza contro il genocidio dei rohingya

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C’è un appendice russa al tragico conflitto che insanguina la Birmania. A partire da domenica si susseguono senza sosta manifestazioni a Mosca davanti all’ambasciata della Birmania. Si tratta di musulmani russi e migranti dalle repubbliche centroasiatiche che protestano per quello che definiscono un vero e proprio genocidio contro i rohingya, loro fratelli di fede.

I rohingya sono una minoranza musulmana dell’ovest del Myanmar; uno dei popoli secondo i firmatari di un appello contro il settarismo sottoscritto anche da 13 premi Nobel, «più perseguitate del mondo», da quattro anni bersaglio di attacchi da parte dei settori più estremisti della comunità buddhista, maggioritaria nel Rakhine. La violenza settaria è aumentata a dismisura nelle ultime settimane fino a far parlare di vera e propria pulizia etnica nei confronti della minoranza musulmana e producendo un tragico esodo verso il Bangladesh di decine di migliaia di uomini, donne e bambini.

Le manifestazioni di Mosca, non autorizzate (in Russia per manifestare occorre chiedere l’autorizzazione con 15 giorni di anticipo), hanno trovato la polizia della capitale impreparata. I migranti musulmani che lavorano Mosca occupano i gradini più bassi della scala sociale ed essendo facilmente ricattabili non avevano mai dato segno di combattività né sindacale né tantomeno politica, almeno fino a domenica. Per questo gli organi di sicurezza si stanno muovendo con una certa cautela, fermando e arrestando solo i più “facinorosi” (80 fino ad oggi) al fine di comprendere chi ci possa esserci dietro la protesta.

Uno dei “fomentatori” è noto. Si tratta di Ruzman Kadyrov il governatore reggente della Repubblica autonoma Cecena, fino ad oggi uomo di fiducia di Putin nella martoriata regione caucasica. Kadyrov, passato tristemente alle cronache per la persecuzione degli omosessuali, degli attivisti dei diritti umani e per l’introduzione della shaaria in Cecenia, ha organizzato domenica una imponente manifestazione nella piazza principale di Grozny in solidarietà con i musulmani del Myanmar. Secondo le agenzie cecene  in piazza, agitando bellicosi cartelli anti-buddisti, c’erano almeno un milione di persone, ma anche le agenzie russe indipendenti hanno riconosciuto il carattere multitudinario della dimostrazione, seppur dimezzando le stime.

Quello che ha sorpreso è stato il carattere antirusso che ha assunto la manifestazione. Kadyrov nel suo comizio ha accusato la Russia di coprire il massacro in Birmania e ha dichiarato che «si contrapporrà ai russi se dovessero sostenere i diavoli» buddisti. L’attacco ha dato la stura in piazza a slogan antirussi, un’occasione per i convenuti di mostrare che le ferite di due decennali conflitti sanguinosi, sono tutto meno che dimenticate.

Una prova di forza, quella del reggente ceceno, intesa a mostrare al Cremlino chi comanda a Grozny. E che la sua accettazione del quadro repubblicano federale a cui tanto ha lavorato Putin inondando la regione di investimenti, è formale e condizionata.
Putin, nella sua conferenza stampa in Cina di ieri, è intervenuto sulla questione mostrando di voler abbassare il tono della polemica. Secondo il presidente russo con la manifestazione di domenica «non ci troviamo di fronte a una fronda» e Kadyrov avrebbe espresso nel comizio «solo il suo punto di vista come ogni cittadino russo». Putin ha aggiunto infine di aver invitato il governo birmano, in una nota congiunta con il presidente egiziano al Sisi, a «riprendere in mano la situazione al più presto».

FONTE: Yurii Colombo, IL MANIFESTO


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