Il governo catalano cerca la mediazione, ma quello spagnolo tiene la linea dura

by Luca Tancredi Barone | 5 Ottobre 2017 10:46

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Podemos spinge sul negoziato, ma il premier Rajoy è inflessibile. La Cup scalpita per la proclamazione della Repubblica già lunedì

BARCELLONA. La crisi più grave che abbia vissuto la Spagna dal tentativo di colpo di stato del 23 febbraio 1981 preoccupa sempre di più, dentro e fuori i confini. Anche la borsa ha segnato un’importante frenata, interpretata come un segnale di preoccupazione.

Alla fine di una giornata sempre tesissima Carles Puigemont ha scelto la linea morbida: in un discorso, ovviamente in catalano, ieri sera alle 9, alla stessa ora e della stessa durata di quello del re il giorno prima, ha criticato duramente il capo dello stato («Maestà, così no»), per non aver parlato a molti catalani e non averli voluti ascoltare: «in molti contavamo su di lei».

Sul fronte dei piromani, invece, il governo Rajoy e il monarca Filippo VI che con il suo discorso aggressivo di martedì sera, senza nemmeno un segnale di empatia verso i catalani, neppure quelli feriti, o un formale appello al dialogo, ha di fatto avallato la strategia incendiaria di Mariano Rajoy. Ma anche Ciudadanos, che invoca da giorni l’applicazione dell’articolo 155 della Costituzione per sospendere l’autonomia catalana e convocare a forza elezioni; o, sull’altro fronte, la Cup, che insiste nel voler dichiarare a ogni costo l’indipendenza. Lunedì è il giorno fissato ieri dalla riunione dei capigruppo del Parlament catalano per la prossima seduta, alle 10: è allora che la Cup promette che verrà dichiarata l’indipendenza.Dopo alcuni richiami patriottici alla compostezza e alla pluralità del popolo catalano, anche un ringraziamento, in spagnolo, a tutti quelli che hanno appoggiato le loro rivendicazioni. Senza abbandonare «pace e serenità», «manterremo l’impegno assunto», ha detto, ma ha aggiunto che «il momento richiede mediazione»: «Sarebbe irresponsabile non accettare i richiami perché la situazioni si incanali per vie politiche». Pur concludendo «faremo possibile il sogno che ci proponiamo», non ha parlato di dichiarazione di indipendenza: il Govern sa che sarebbe un punto di non ritorno.

Fra i pompieri che si affannano a cercare di ribassare la tensione, i campioni sono quelli di Podemos, e i suoi alleati come i catalani di En comú podem, i galiziani di En Marea, o i valenciani di Compromís. Ieri la prima importante iniziativa politica, lanciata dalla «Tavola dei partiti politici per la libertà, la fratellanza e la convivenza», promossa dal gruppo parlamentare di Unidos Podemos e appoggiata dai partiti del governo catalano Pdcat e Esquerra Republicana, dai nazionalisti baschi del Pnv (che hanno salvato l’ultima finanziaria del Pp), con la presenza (come osservatori) dei sindacati Ccoo e Ugt, e dei partiti europei, la tedesca Linke e France Insoumise, oltre che dei Verdi e della Sinistra europei. Il portavoce della Tavola, e leader di Podemos, Pablo Iglesias, ha spiegato di aver proposto personalmente a Mariano Rajoy e Carles Puigdemont di aprire un negoziato «esclusivamente» per scegliere un mediatore, o un gruppo di mediatori, per riannodare un dialogo ora impossibile. «E non mi hanno detto di no», ha assicurato. Ma poco dopo Rajoy ha fatto sapere che non tratta con chi «ricatta» lo stato.

Anche la Chiesa cattolica è entrata nel dibattito: si è saputo che sia Rajoy, sia il vicepresidente catalano Oriol Junqueras hanno parlato discretamente con i rispettivi vescovi: e se mai dovesse essere accettata la mediazione potrebbe essere proprio un porporato a guidarla.

Ma i candidati sono molti. Il giorno in cui l’Europarlamento ha discusso del caso catalano chiedendo dialogo, si sono susseguite le iniziative per fomentarlo. La stessa sindaca di Barcellona Colau si sta spendendo molto, «triste ma non rassegnata», così come il síndic de greuges (il difensore del popolo) catalano, l’ordine degli avvocati di Barcellona, e gruppi e associazioni di mediatori professionali che hanno lanciato appelli a vari livelli.

Intanto i socialisti catalani, indignati come Unidos Podemos per il discorso del re, hanno chiesto la protezione del Tribunale costituzionale per l’illegalità dell’ordine del giorno previsto lunedì per la prossima seduta del Parlament (che fa riferimento alla legge sul referendum, sospesa dallo stesso tribunale). Anche i legali della camera catalana hanno informato la presidente Carme Forcadell che «deve impedire» la celebrazione della seduta. I socialisti spagnoli confermano di portare avanti la sfiducia alla vicepresidente Soraya Sáez de Santamaría, ma molte voci nel partito, come quella del grande vecchio Alfonso Guerra, si iscrivono al gruppo degli incendiari che chiedono la mano dura del governo.

La buona notizia è che pare che il ferito colpito domenica dalle pallottole di gomma (vietate in Catalogna) non perderà la vista.

FONTE: Luca Tancredi Barone, IL MANIFESTO[1]

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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