Paradise papers. 10 milioni della regina Elisabetta in fondi speculativi offshore

by Luigi Ippolito | 6 Novembre 2017 9:58

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LONDRA Abbiamo sempre saputo che la regina è parsimoniosa e a Buckingham Palace tiene la stufetta accesa per economizzare sul riscaldamento. Ma adesso apprendiamo che è anche un’astuta investitrice, tanto da mettere parte delle sue ricchezze in paradisi fiscali all’estero. Cosa che farà storcere il naso a non pochi dei suoi sudditi.

Dai Paradise Papers emerge infatti che circa 10 milioni di sterline appartenenti alla fortuna privata della sovrana britannica sono stati investiti in fondi domiciliati a Bermuda e alle isole Cayman attraverso il Ducato di Lancaster, che amministra i 500 milioni di patrimonio privato di Elisabetta (che non comprende i possedimenti della Corona, che sono invece un bene di Stato).

Ovviamente non c’è nulla di illegale in tutto ciò e nei documenti non c’è traccia di evasione fiscale. E neppure è probabile che la regina fosse direttamente al corrente di operazioni condotte dai suoi funzionari: ma ci si può interrogare sull’opportunità che un capo di Stato qual è Elisabetta investa i suoi proventi all’estero, usando strumenti finanziari spesso associati ad affari di dubbia reputazione.

Il direttore finanziario del Ducato di Lancaster ha affermato alla Bbc che «la nostra strategia di investimento è basata sulle raccomandazioni dei nostri consulenti: il Ducato ha investito soltanto in fondi altamente considerati». E un portavoce ha aggiunto che «noi operiamo un certo numero di investimenti e alcuni di essi sono in fondi all’estero. Tutti i nostri investimenti sono pienamente certificati e legittimi. La regina paga volontariamente le tasse su ogni introito che riceve dal Ducato». Infatti Elisabetta non sarebbe tenuta a versare nulla al Fisco ma dal 1993 ha deciso di contribuire di sua iniziativa all’erario britannico versando le imposte dovute sui suoi beni.

Tuttavia sotto la lente è finito un investimento indiretto, realizzato tramite uno di quei fondi offshore , che aveva acquisito una partecipazione in BrightHouse, una catena commerciale che vende a rate prodotti per la casa a persone con basso reddito. BrightHouse era stata accusata in passato di tattiche commerciali aggressive e di sfruttamento dei clienti più vulnerabili: tanto che era stata condannata a pagare quasi 15 milioni di risarcimenti a 249 mila persone. Gli amministratori della regina hanno comunque fatto notare che la quota posseduta in BrightHouse ammonta a poco più di tremila sterline.

Ma un altro investimento di dubbia opportunità, realizzato anche questo in via indiretta tramite i fondi, era stato fatto nel rivenditore di bevande Treshers, che nel 2009 aveva dichiarato bancarotta lasciando dietro di sé debiti per oltre 17 milioni di sterline e 6 mila persone senza più lavoro.

I funzionari della regina sottolineano che nei fondi offshore è attualmente investito solo lo 0,3% del patrimonio totale. Ma il problema è che il Ducato sostiene di «prestare continua considerazione a ogni atto o omissione che potrebbe avere un impatto negativo sulla reputazione del Ducato o di Sua Maestà la Regina». Mentre i suoi amministratori sembrano invece aver agito nel corso degli anni con considerevole nonchalance .

La deputata laburista Margaret Hodge, già presidente della commissione parlamentare sui conti pubblici, si è detta «abbastanza furiosa» nei confronti dei consiglieri finanziari di Elisabetta, accusandoli di gettare nel fango il buon nome della sovrana: «È del tutto ovvio — ha affermato — che se ti prendi cura dei soldi della monarchia devi essere davvero più pulito del pulito e non devi neppure avvicinarti al mondo sporco del riciclaggio di denaro, dell’elusione o dell’evasione fiscale».

FONTE: Luigi Ippolito, CORRIERE DELLA SERA[1]

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  1. CORRIERE DELLA SERA: http://www.corriere.it/

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