Vincono gli operai: l’Ilva cede a Cornigliano

Vincono gli operai: l’Ilva cede a Cornigliano

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Alla fine gli operai di Corinigliano hanno ottenuto quanto chiedevano. Dopo quattro giorni di occupazione della fabbrica il ministero dello Sviluppo ha confermato ufficialmente – dopo le anticipazioni di mercoledì – che ci sarà un tavolo specifico sull’Accordo di programma del 2005 che prevedeva il mantenimento dei livelli occupazionali allo stabilimento Ilva di Genova. La viceministro Bellanova ha assicurato che dopo il 16 novembre, data dell’incontro fra governo ed enti locali, verranno convocati altri appuntamenti tra cui quello sull’Accordo sottoscritto al ministero 12 anni fa sullo stabilimento nel capoluogo ligure che prevedeva la chiusura della produzione a caldo in cambio anche di terreni demaniali ceduti ad Ilva.

ALLE QUATTRO DEL POMERIGGIO l’assemblea dei lavoratori ha approvato la proposta del segretario Fiom cittadino Bruno Manganaro – sceso a Roma in mattinata – e ha deciso di sospendere l’occupazione dalle 6 di questa mattina. «Un punticino segnato a nostro favore, adesso incassiamo questo. – ha detto al megafono davanti ai lavoratori l’ex segretario della Fiom Franco Grondona, che fu tra i firmatari dell’accordo di programma del 2005 – perchè solo Alice nel paese delle meraviglie poteva pensare di andare a Roma e contrattare già oggi la situazione di Genova».

GLI OPERAI SONO COMUNQUE consapevoli che la lotta per azzerare i 600 esuberi (su 1.600 lavoratori) previsti dal piano di Arcelor Mittal non sarà facile. Ma sanno di avere dalla loro tutta la città e tutte le istituzioni – Regione e Comune – seppur di centrodestra. «Si è parlato di un investimento complessivo di 60 milioni su Genova, che sono noccioline – ha concluso l’ex segretario genovese della Fiom – rispetto agli oltre 5 miliardi di euro di investimenti annunciati da Mittal per l’intero gruppo». Questa mattina la rappresentanza sindacale unitaria dello stabilimento di Cornigliano – dove la Fiom è in netta maggioranza mentre Fim e Uilm (contrarie all’occupazione) sono residuali – ha convocato alle 8,30 una nuova assemblea per spiegare ai lavoratori nel dettaglio quanto emerso a Roma.

AL «PARLAMENTINO» del ministero dello Sviluppo economico infatti dalle 10,30 è stato il giorno dell’illustrazione del piano industriale di AmInvestCo, la cordata che vede il colosso indiano-francesce Arcelor Mittal all’85 per cento – sempre che i «seri dubbi» sulla compatibilità dell’acquisto di Ilva espressi dalla commissione europea non porti a far scendere questa quota – dominare davanti alla quasi assenza del gruppo Marcegaglia.

UNA ILLUSTRAZIONE FATTA di slide proiettate in cui non sono emerse sostanziali novità. Gli esuberi previsti rimangono 4mila rispetto ai 10mila ri-assunti e su Taranto – stabilimento più grande con i suoi 11mila addetti diretti – rimane l’impostazione iniziale: fino a che non sarà portata a termine l’Aia – Autorizzazione integrata ambientale – al momento prevista nel 2023, l’acciaieria pugliese produrrà solo 6 milioni di tonnelate l’anno, mentre solo dopo aumenterà ad 8 milioni di tonnellate potendo riaccendere l’altoforno 5, il più grande e produttivo. Fino a quel momento dunque buona parte dei dipendenti rimarrebbe in cassa integrazione.

POCO CONVINTI I SINDACATI che comunque sperano di fare passi avanti nell’incontro del 14 novembre quando si parlerà anche di piano ambientale. «Oggi avevamo ancora delle slide», ha commentato il segretario generale della Fiom Francesca Re David. «Il piano non ci soddisfa», ha detto Rocco Palombella segretario generale Uilm, sottolineando che «emergono tutta una serie di contraddizioni di natura tecnica e non politica». Sulla stessa linea Marco Bentivogli, segretario generale della Fim-Cisl.

Oggi dovrebbero ricevere da ArcelorMittal tutti i documenti richiesti per poter approfondire meglio l’analisi del piano.
Ancora non si è parlato di esuberi. Il tema è stato rimandato a valle dell’analisi dettagliata, che sarà fatta, reparto per reparto, per capire la forza lavoro necessaria al successo del piano industriale.

Soddisfatti invece governo e AmInvestCo che hanno ha giudicato l’incontro «produttivo».

FONTE:  Massimo Franchi, IL MANIFESTO



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