Primo e storico sciopero ad Amazon. «Siamo rotti e sfruttati»
Primo e storico sciopero ad Amazon. Questa mattina alle 5 partirà il presidio dei sindacati all’ingresso dell’Mpx5, il gigantesco capannone di Castel San Giovanni, nella valle piacentina della logistica. Se in Francia e Germania erano già stati organizzati scioperi nel 2015, qui da noi si è scelto di partire colpendo il Black Friday, termine di importazione americana del giorno dedicato ai saldi.
DIFFICILE CHE IL «VENERDÌ NERO» blocchi il sistema di consegne: a far andare avanti la «macchina» saranno i lavoratori interinali – contraddistinti dal badge verde al collo – che da ieri subiscono «pressioni da parte dei capi».
PROPRIO LA LORO SITUAZIONE è al centro delle rivendicazioni dei lavoratori che hanno deciso per lo sciopero. «Vogliamo far capire all’azienda che c’è disagio, specie fra chi è costretto a lavorare solo di notte o quasi a chiamata», spiega Beatrice, 26enne della vicina Sarmato – una delle poche a non aver paura a parlare – che ad Amazon lavora dal 2012 e solo a fine 2016 ha avuto un contratto a tempo indeterminato. «Noi a tempo indeterminato pre Jobs act siamo come dei resistenti – racconta Alessandro (nome di fantasia) – siamo pochissimi e già siamo distrutti fisicamente».
LA FLESSIBILITÀ a Castel San Giovanni è tale che neanche il numero dei dipendenti è certo. Se i tempi indeterminati (in maggioranza assunti col Jobs act) sono circa 1.650, il numero di lavoratori somministrati – selezionati e assunti dalle agenzie interinali Adecco, Manpower, Gi Group – sono fluttuanti – dovrebbero essere circa 2mila – e aumentano nel periodo natalizio.
«MOLTI SONO ASSUNTI espressamente per fare il turno notturno (che va dalle 22 alle 6, mentre quello del mattino arriva alle 14 e il pomeridiano alle 22, ndr), quasi tutti gli altri hanno il contratto Mog (monte ore garantite, ndr) che in teoria sarebbe un part time a tre giorni ma che nella realtà diventa un lavoro a chiamata quando i capi ti dicono: “Sarebbe opportuno che tu venga” e poi il giorno dopo ti fanno applaudire perché hai accettato, insomma una bieca forma di sfruttamento», continua Alessandro.
APERTO DAL 2011, NELL’HUB piacentino i sindacati non sono entrati fino a quest’anno. «Siamo riusciti a tenere le assemblee con complessivamente 500 lavoratori – spiega Fiorenzo Molinari della Filcams Cgil – e a presentare una proposta di contratto integrativo. Ma l’azienda continua a non rispondere ed è venuto il momento di farle capire che vogliamo fatti, non parole».
LO SCIOPERO DI OGGI – proclamato da Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs ed dalle categorie dei somministrati Felsa Cisl, Nidil Cgil Uiltemp – è rivolto anche ai lavoratori somministrati e prevede anche «il blocco delle prestazioni lavorative in straordinario fino alla fine dell’anno», il più fruttuoso per l’azienda, il più pesante per i lavoratori.
LA PESANTEZZA DEL LAVORO è l’altra grande rimostranza degli addetti. Divisi in picker – coloro che smistano i pacchi muniti di pistola – packer – quelli che fanno gli imballaggi – e settore spedizione, la mansione più pesante è senza dubbio quella di picker: «Fai anche 17 chilometri in un giorno, sei sempre in movimento e pieghi la schiena in continuazione. Io ho moltissimi colleghi e colleghe con patologie muscolo-scheletriche alle articolazioni, ma nessuno riesce ad ottenere il riconoscimento delle malattia professionale perché l’azienda rimanda le visite per la certificazione», spiega Beatrice. «Dopo 5 anni di questo lavoro sei già da buttare: molti miei colleghi si sono licenziati sfruttando la buonauscita», sottolinea Alessandro. «La pratica delle buone uscite porta ad un turn over altissimo che l’azienda sfrutta per tenere basso il costo del lavoro», chiosa Molinari.
IN VERITÀ I LAVORATORI di Castel San Giovanni godono di condizioni contrattuali migliori rispetto ai due nuovi hub aperti da Amazon. «Hanno il contratto dei servizi, un tempo indeterminato full time prende 1.450 euro. A Passo Corese, magazzino appena aperto vicino Rieti, e in quello che sta per aprire a Vercelli, l’azienda applicherà ai dipendenti il contratto nazionale della logistica, sensibilmente più basso», spiega Massimo Mensi che per la Filcams fa parte dell’Alleanza sindacale mondiale per Amazon. «In Europa la nostra strategia è comune: riuscire a contrattare con l’azienda. Ma ancora nessuno c’è riuscito».
FONTE: Massimo Franchi, IL MANIFESTO
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