Armamenti. Cresce l’export di morte made in Italy

Armamenti. Cresce l’export di morte made in Italy

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In Grecia la vendita di una partita di 300 mila proiettili anticarro, autorizzata dal governo di Alexis Tsipras anche se introducendo un percorso più trasparente, all’Arabia Saudita, da utilizzare nella guerra in Yemen per reprimere i ribelli Houti, ha suscitato un immane vespaio.

Tanto che, dopo sedute di fuoco del Parlamento, attacchi dell’opposizione conservatrice, dissenso espresso anche da alcuni deputati comunisti e di Syriza, prese di posizione di Amnesty international, la maggioranza di governo sembra pronta in queste ore a cancellare l’accordo del valore di 66 milioni di euro. Di più, la vicenda è approdata ieri all’Europarlamento dove una mozione presentata da una europarlamentare di Syriza e un deputato di Nea Demokratia è passata
a larghissima maggioranza (539 voti a 13, con 81 astensioni) e chiede all’Alta rappresentante della politica estera dell’Unione Federica Mogherini di imporre un embargo all’export di armi verso Riyadh.

LA PREMIER britannica Theresa May, dal suo tour mediorientale, ha parlato di un serio rischio di «catastrofe umanitaria» in Yemen, dove il blocco commerciale e umanitario – frontiere chiuse al cibo e ai medicinali, ma non alle armi – attuato dalla coalizione a guida saudita ha gettato 7 milioni di persone nella carestia più nera, favorendo il diffondersi di malattie antiche come la peste quest’estate.

UN EMBARGO armiero invece avrebbe ricadute pesanti, più che in Grecia , in Italia, dove però l’opinione pubblica e la politica non sembrano così interessate dalle ricadute morali delle percentuali di Pil ottenuti grazie allo spargimento di sangue dei civili yemeniti.

Eppure l’Opal, cioè l’osservatorio permanente sulle armi leggere e le politiche di sicurezza e difesa, ha appena pubblicato il suo ultimo rapporto sull’export armiero venendo a scoprire che – come spiega Giorgio Beretta, analista dei complessi dati forniti dai ministeri italiani e dall’Istat – «si conferma il protrarsi nel 2016 e anche nel primo semestre del 2017 di spedizioni di munizionamento dalla Sardegna alle Forze armate dell’Arabia Saudita: si tratta di bombe aeree che sono utilizzate dall’aeronautica militare saudita per effettuare bombardamenti in Yemen, anche sulle zone civili, in un conflitto che ha causato oltre 10 mila morti, di cui più della metà tra la popolazione inerme». Si tratta, evidentemente, delle bombe aeree prodotte nella fabbrica della Rwm Italia di Domusnovas in Sardegna, come documentato anche da un rapporto delle Nazioni Unite.

NEGLI ULTIMI VENT’ANNI – registra l’Opal, che fa parte della Rete Disarmo italiana – nella provincia di Brescia, dove ricadono le più grandi fabbriche armiere della Penisola, le esportazioni di armi e munizioni sono passate da un giro d’affari di circa 577 milioni di euro nel ’97 alla cifra di 1.222 milioni di euro del 2016, quindi sono quasi triplicate. Ciò significa chepur con qualche contrazione annuale (-2,4% nel 2016), il settore tira. Ma ciò che i segnali più recenti evidenziano, è che oltre al vastissimo mercato statunitense delle prestigiose armi italiane, le forniture negli ultimi anni si stanno incanalando soprattutto verso i paesi del Medio Oriente, dove l’export italiano è aumentato dal 2014 al 2016 addirittura del 63%.

In particolare verso l’Arabia Saudita e la Giordania, quest’ultima da pochi giorni entrata a far parte del grande riarmo della cosiddetta «Nato araba». Soltanto verso la Giordania le forniture di armi italiane hanno raggiunto l’anno scorso il valore di 52 milioni di euro, più altri 40 milioni verso gli alleati sauditi. Queste armi «comuni» sarebbero teoricamente indirizzate non all’esercito e quindi non soggette in Italia alla legge che regola le autorizzazioni di forniture militari (la legge n. 185 del 1990, ottenuta dal movimento pacifista degli anni Ottanta) ma è lecito chiedere a chi stiano andando, visto che prima il fatturato dell’export d mitra etc verso Amman non ha mai superato i 28 milioni di euro, la metà circa.

QUANTO ALLE BOMBE saudite made in Italy, l’Opal fa notare che le esportazioni di questi micidiali ordigni sono proseguite «anche con il beneplacito del governo Gentiloni: nei primi sei mesi ne sono state spedite dalla Sardegna per oltre 28,4 milioni di euro che significa che le forniture sono sestuplicate rispetto ai 4,7 milioni del primo semestre del 2015». Il Parlamento europeo con il voto di ieri è la quarta volta che chiede lo stop all’alimentazione del conflitto in Yemen dove sono documentate «gravi violazioni del diritto umanitario» Violazioni sulle quali la maggioranza del nostro Parlamento ha deciso finora di sorvolare, a differenza di quello di Atene.

FONTE: Rachele Gonnelli, IL MANIFESTO



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