One Planet Summit. Clima, Parigi ci riprova con il green business

by Anna Maria Merlo | 13 Dicembre 2017 11:01

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La Banca Mondiale si impegna a mettere fine al finanziamento di petrolio e gas

PARIGI. Una (falsa) marea nera di fronte al Panthéon, ieri mattina alle 9, è la performance delle ong ambientaliste per denunciare la mancanza di coerenza tra le parole e i fatti, mentre attorno a Parigi alla stessa ora c’erano 552 chilometri di veicoli in coda, anche a causa dello sciopero della ferrovia regionale.
LE CONTRADDIZIONI del mondo sulla lotta al cambiamento climatico hanno caratterizzato tutta la giornata del One Planet Summit, organizzato nella capitale francese da Francia, Banca Mondiale e Onu, a due anni dalla firma storica dell’Accordo di Parigi alla Cop 21. L’idea era di riunire capi di stato (ne sono venuti una cinquantina), organizzazioni private, mondo dell’economia e della finanza, per proporre soluzioni concrete – cioè trovare i finanziamenti – per la lotta contro il riscaldamento climatico, in complemento del quadro più istituzionale (e pubblico) delle Cop. Il settore privato è chiamato ad agire, in un momento in cui gli stati sono a corto di soldi e l’impegno preso a Copenhagen nel 2009 di finanziare 100 miliardi di dollari per i programmi di attenuazione e adattamento al riscaldamento nei paesi in via di sviluppo è ben lontano dall’essere stato realizzato.

Di Caprio, Schwarzenegger, Marion Cotillard, Bill Gates, Richard Branson (Virgin), l’ex sindaco di New York Michael Bloomberg erano ieri a Parigi. I leader politici, dopo un pranzo all’Eliseo ospiti di Macron, sono saliti sul battello “Le Mirage” per recarsi alle riunioni del summit, all’Ile Séguin, a ovest di Parigi. Assenti Putin, Merkel (trattenuta a Berlino a causa delle discussioni sul nuovo governo), Xi Jinping, evidentemente Trump, ma Macron si è detto «sicuro che cambierà idea» sul clima, è solo questione di tempo. Gli Usa erano però ben presenti, con rappresentanti delle città, degli stati, di Fondazioni (ma solo un attaché dell’ambasciata, «una vergogna» per John Kerry).


LA CONCLUSIONE
 sono una dozzina di proposte concrete, dei Clim’acts. Alcune nuove, altre rilanciate, altre ancora iniziative sospettate di greenwashing. La Banca Mondiale ha annunciato che dal 2019 metterà fine ai finanziamenti per il petrolio e il gas: è la prima banca multilaterale a fare una scelta del genere. Ci sono degli impegni precisi che vengono dal settore privato: le assicurazioni Axa, per esempio, hanno promesso di disimpegnarsi dalle energie fossili, Edf (l’Enel francese) ha previsto un mega-investimento di 25 miliardi su 5 anni per recuperare il terreno perduto nell’energia solare. Una coalizione di fondi sovrani, guidata dalla Norvegia con Qatar, Kuwait, Emirati, Arabia saudita e Nuova Zelanda, si impegna a destinare parte dei propri fondi all’economia verde. Anche la Cina e Singapore sono interessate. Un «gruppo di filantropi» (da Bloomberg a Bill Gates), che rappresentano decine di Fondazioni, promettono di aumentare la parte del loro portafoglio finanziario nelle attività compatibili con la preservazione del clima (oggi questa parte è solo intorno al 3-5%). Bill Gates ha anche promesso dei finanziamenti al Giec, il Gruppo di esperti internazionali sull’evoluzione del clima, che gli Usa hanno deciso di snobbare (la Francia completerà il finanziamento). La vigilia, al ministero delle Finanze, c’era stato l’impegno di un centinaio di fondi di investimento e di fondi pensione, per «la trasparenza sugli investimenti climatici». Per il ministro, Bruno Le Maire, «il rischio climatico è ormai preso sul serio dal mondo finanziario, è una buona notizia, era tempo».«Stiamo perdendo la battaglia sul clima» è l’allarme di Macron, «prima di noi potevano dire: non sapevamo, da vent’anni sappiamo», adesso è arrivato «il tempo dell’azione», anche se l’uscita degli Usa ha «reso più fragile» l’accordo di Parigi. «Non andiamo abbastanza in fretta – ha aggiunto – se continuiamo così siamo a +3-3,5°», ben lontani dai 2° (1,5° se possibile) di riscaldamento massimo previsto dall’Accordo di Parigi. Dopo le parole, i fatti: con gli stati che si defilano, i privati sono chiamati ad agire, quello che manca è «la fiducia», dice Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu.

LE BANCHE hanno promesso una riconversione verde e finanziamenti mirati per la transizione energetica, ma poi nei fatti gli investimenti nelle centrali a carbone continuano (aumentati del 135% tra il 2015 e il 2016, secondo l’ong Amis de la Terre, 300 miliardi di dollari ancora destinati alle energie fossili secondo il ministro dell’Ambiente, Nicolas Hulot). Grosse imprese, da BP a Volkswagen, verranno messe sotto osservazione, per controllare il rispetto degli impegni.

Al summit si è riparlato dell’Alleanza solare internazionale, nata nel 2015 su impulso di Francia e India per facilitare lo sviluppo dell’energia solare in 121 paesi tropicali, che diventa un’organizzazione internazionale (46 paesi hanno firmato, ma solo 19 hanno ratificato). E dell’intervento dei Fondi, ma il tutto è legato alla buona volontà della finanza privata.

La famosa tassa sulle transazioni finanziarie, che Macron vorrebbe destinare alla transizione climatica (c’è una discussione in corso nella Ue e l’Italia è tra i paesi interessati), non è però citata nella lista finale degli «impegni». Nessuna accelerazione sui trasporti, resta l’impegno Ue di diminuire le emissioni di Co2 dei veicoli del 30% entro il 2030.

FONTE: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO[1]

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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