Riforma dei carceri minorili, si aspettano i decreti delegati
«A quarantadue anni dalla legge penitenziaria è finalmente arrivato il momento di avere regole ad hoc per i ragazzi e le ragazze detenuti nei 17 Istituti penali a loro dedicati. Regole che mettano al centro prioritarie esigenze di tipo educativo, che tolgano tutti i paletti per l’accesso alle misure alternative, che facciano assomigliare le carceri a comunità. Bisogna guardare oltre e non limitarsi a difendersi da chi invece vorrebbe tornare a un passato fatto di repressione e disciplina». Presentando il 4° Rapporto di Antigone sulle carceri per minori, Patrizio Gonnella commenta così l’auspicio formulato dal ministro di Giustizia Andrea Orlando, ieri in un’intervista a Repubblica, di vedere varati i decreti attuativi della riforma dell’ordinamento penitenziario prima di Natale.
I testi dei quattro decreti, spiega il Guardasigilli, «sono da settimane a Palazzo Chigi», in attesa di essere approvati in Consiglio dei ministri. Poi, per concludere l’iter entro la fine della legislatura, pena l’azzeramento di tutta la riforma fortemente voluta dal ministro Orlando, occorre un passaggio nelle commissioni Giustizia parlamentari, a cui farà seguito la definitiva deliberazione del governo.
Dunque se i decreti delegati non troveranno posto nell’ordine del giorno del prossimo Cdm che si dovrebbe tenere il 22 o il 23 dicembre (il governo si è mostrato particolarmente sensibile all’opposizione di alcune sigle sindacali di polizia penitenziaria), andrà in fumo la riforma messa a punto da decine di esperti riuniti per mesi – prima e dopo gli Stati generali dell’esecuzione penale – attorno a tavoli di lavoro ad hoc. Una riforma per la quale oltre 11 mila detenuti insieme alla radicale Rita Bernardini, che ha partecipato agli Stati generali e ai tavoli di lavoro istituiti dal ministro, hanno messo in atto una forma di protesta non violenta con scioperi della fame a staffetta.
I quattro decreti legislativi daranno corpo alle nuove norme riguardanti le misure di sicurezza, le pene alternative, la giustizia riparativa e l’ordinamento dei carceri per adulti e di quelli per minori. Ed è proprio sui giovani detenuti che si sofferma il rapporto dell’associazione Antigone denominato «Guardiamo oltre» che contiene i risultati di un’indagine condotta nei 16 istituti penali (il 17° ha aperto da pochi giorni a Firenze) dove sono rinchiuse 452 persone (un numero rimasto quasi invariato negli ultimi 30 anni), di cui solo il 42% è minorenne mentre il 58% ha tra i 18 e i 25 anni.
Secondo il rapporto, «le ragazze sono l’8% mentre gli stranieri sono il 44% della popolazione detenuta. Il 48,2% di chi è attualmente detenuto in un IPM è in custodia cautelare. E ad esserlo sono soprattutto i minorenni. Tra loro l’81,6% non ha ancora una condanna definitiva. Inoltre gli stranieri in custodia cautelare sono più degli italiani, rappresentando il 53,5% del totale». Negli ultimi anni, riporta Antigone, si è assistito però anche ad una forte crescita dell’istituto della messa alla prova – «una delle innovazioni giuridiche e culturali più importanti» – dei detenuti minorenni, con un «esito positivo nell’80% dei casi: dai 778 provvedimenti del 1992 si è arrivati ai 3.757 casi del 2016. Una crescita di quasi cinque volte che avrebbe dovuto comportare una crescita corrispondente del personale di giustizia e dei servizi sociali, cosa non accaduta».
«È dal 1975 – ricordano i curatori del rapporto, Susanna Marietti e Alessio Scandurra – che ai detenuti minorenni si applica l’ordinamento penitenziario degli adulti, una norma che doveva essere transitoria e che invece è diventata permanente». Ora, la speranza sta nei decreti legislativi che il ministro Orlando vorrebbe varare nel prossimo Cdm, perché «occorrono nuove regole che mettano al centro in maniera radicale un progetto educativo e non repressivo, e l’apertura al territorio. I ragazzi in carcere non possono essere gestiti con le stesse regole degli adulti».
FONTE: Eleonora Martini, IL MANIFESTO
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