Almaviva bocciata dal tribunale, no a trasferimenti punitivi

Almaviva bocciata dal tribunale, no a trasferimenti punitivi

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Per ritorsione, l’azienda aveva mandato raccomandate ai lavoratori chiedendo di presentarsi entro sette giorni nella sede di lavoro di Catania

Altra cocente sconfitta giudiziaria per Almaviva. Il tribunale del Lavoro di Roma ha accolto il ricorso del collegio degli avvocati della Slc Cgil di Roma e del Lazio contro il trasferimento a Catania dei 153 lavoratori licenziati dal colosso dei call center e reintegrati il 16 novembre con ordinanza del giudice Buonassisi per licenziamento discriminatorio, quello del 22 dicembre 2016 che mandò a casa ben 1.666 addetti della sede di Roma.

Per un’evidente ritorsione, Almaviva aveva mandato raccomandate ai lavoratori chiedendo di presentarsi entro sette giorni nella sede di lavoro di Catania, sostenendo che la sede di Roma fosse chiusa e sebbene Milano, Napoli e perfino Rende (Cosenza) fossero sedi più vicine.

Subito i lavoratori avevano impugnato il provvedimento e un pool di avvocati guidati da Pierluigi Panici – difensore dei 153 licenziati – aveva preparato un ricorso articolo 28 per comportamento antisindacale nei confronti di Almaviva.

«Il trasferimento a Catania dei 153 lavoratori – commentano il segretario generale della Cgil di Roma e del Lazio Michele Azzola e il segretario generale della Slc Cgil di Roma e del Lazio Riccardo Saccone –, così come quelli a Rende delle lavoratrici non licenziate il 22 dicembre perché tutelate dalla legislazione sulla maternità, non hanno alcun fondamento tecnico o organizzativo ma hanno semplicemente l’amaro gusto della ritorsione. Con una sede di Roma, ormai palesemente operativa, anche a seguito della recente assunzione di circa 100 operatori adibiti alla commessa Gse, non c’è altra spiegazione a un simile comportamento aziendale».

Sia Fassina (Leu) che Miccoli chiedono al ministro Calenda di riaprire il tavolo dell’intera vertenza. Ma l’azienda annuncia di avere «già avviato una nuova procedura di trasferimento».

FONTE: Massimo Franchi, IL MANIFESTO



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