Proteste in India: un mix di rabbia e marxismo, è l’ora dell’orgoglio dalit

Proteste in India: un mix di rabbia e marxismo, è l’ora dell’orgoglio dalit

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La protesta dei più discriminati dal sistema castale si allarga malgrado la repressione

NEW DELHI. Il nuovo anno in India si è aperto all’insegna dell’orgoglio dalit. Impropriamente noti come «intoccabili», da secoli soggetti a violenze e discriminazioni perpetrate dagli hindu di casta alta solo per il fatto di essere «impuri», i Dalit sono considerati esseri umani inferiori nella piramide sociale del sistema castale hindu.

TUTTO È COMINCIATO in Maharashtra nella notte tra il 31 dicembre e il 1° gennaio, quando centinaia di migliaia di dalit si sono recati nel villaggio di Koregaon per commemorare il bicentenario dell’omonima battaglia. Si tratta di una data simbolo per la comunità dalit locale, poiché duecento anni fa i soldati Mahar (dalit) arruolati nell’esercito britannico contribuirono alla vittoria militare sui bramini Peshaws, amministratori di un regime brutale contro le caste inferiori. Lo stesso B.R. Ambedkar – intellettuale, costituzionalista e politico dalit dell’inizio del secolo scorso – nel 1927 tenne un comizio di capodanno proprio a Koregaon, galvanizzando la comunità dalit in rottura col blocco hindu; da allora, gli eredi politici di Ambedkar hanno continuato la tradizione senza mai saltare un anno.

L’EVENTO è rimasto pressoché sconosciuto nel resto del paese fino a pochi giorni fa, quando un gruppo di uomini che sbandieravano vessilli color zafferano – il colore dell’ultrainduismo – ha aggredito i Dalit che dalla località di Shaniwarwada, già sede dell’impero Peshwa, si dirigevano a Koregaon, forse per riaffermare il primato marathi sul territorio e dare una lezione ai Dalit, con lanci di pietre e veicoli dati alle fiamme.

Questa volta, la reazione della comunità dalit non si è fermata alla denuncia alle autorità o ai media. Il 2 gennaio folle di Dalit si sono riversate per le strade del Maharashtra, compresa la capitale Mumbai, bloccando le principali arterie stradali e le ferrovie, e fronteggiando le forze dell’ordine dispiegate dal governo locale guidato da Devendra Fadnavis: esponente del partito conservatore hindu Bharatiya Janata Party (Bjp) e membro della Rashtriya Swayamsevak Sangh (Rss), la principale organizzazione ultrainduista del paese. Oltre al lancio di pietre contro la polizia, si sono registrati danni diffusi e auto in fiamme. Il giorno seguente, la comunità dalit ha organizzato uno sciopero totale nello stato, replicando le agitazioni del 2 gennaio.

NEGLI SCONTRI si contano decine di feriti tra gli agenti di polizia e i manifestanti, mentre qualche centinaio di Dalit è stato arrestato, nel tentativo di sedare sul nascere la protesta.

La rabbia dalit sembra però non essere intenzionata a scemare, tanto che nella giornata di ieri focolai di protesta sono stati rilevati anche nei vicini stati di Madhya Pradesh e Gujarat, mentre le autorità spiccavano mandati di arresto sia tra gli organizzatori delle mobilitazioni dalit, sia tra i leader di sigle ultrainduiste marathi.

Il giovane leader dalit Jignesh Mevani, recentemente protagonista di una campagna elettorale di successo in Gujarat e ora deputato al parlamento locale, e il leader studentesco musulmano della Jawaharlal Nehru University di New Delhi Umar Khalid, protagonista delle mobilitazioni studentesche dello scorso anno, sono stati accusati di «istigazione all’odio intercomunitario» per alcune frasi pronunciate nel comizio di capodanno a Shaniwarwada. Entrambi di estrazione marxista, dal palco, hanno spronato la folla a combattere contro «i nuovi Peshaw» (riferito all’amministrazione della destra hindu e alle sigle ultrahindu) non solo in parlamento ma anche «strada per strada».

Il mix di orgoglio dalit, marxismo e rivalsa contro le angherie subìte dall’estremismo hindu, per il governo rischia di diventare uno dei temi scottanti della prossima campagna elettorale, verso le nazionali del 2019.

FONTE: Matteo Miavaldi, IL MANIFESTO



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