Tasse universit. Così Corbyn ha stregato i giovani: bye bye Blair

Tasse universit. Così Corbyn ha stregato i giovani: bye bye Blair

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Dopo gli aumenti del 2004, il governo Cameron ha triplicato i costi: in media 10mila euro. Ecco perché il leader neo socialista è diventato il beniamino degli studenti

LONDRA. La questione delle tasse universitarie – del loro costo spropositato – è uno dei nodi della redistribuzione del consenso democratico nella Gran Bretagna d’inizio 2018. L’Inghilterra (Scozia, Galles e Irlanda del Nord, il resto delle nazioni “devolute” che compongono il Regno Unito, hanno regimi autonomi e quindi costi diversi) ha le più alte del mondo. La primavera scorsa il costo medio annuale cui deve far fronte uno studente X che si iscrive all’università è stato calcolato dal sito web Student Loan Calculator attorno alle 9.250 sterline (circa 10.500 Euro), sorpassando di circa duemila euro il costo per accedere a quelle americane. Il gap aumenta poi vistosamente quando il paragone è con il resto d’Europa.

Oggi un neolaureato inglese si affaccia sul mondo del lavoro con la zavorra di decine di migliaia di sterline in debito da ripagare in scomode ed esorbitanti rate per gli anni a venire. Non esattamente il futuro di lavoro e prosperità che gli era stato venduto una volta uscito dalle superiori. Il compito di raddrizzare la barra di un vascello inequivocabilmente avviato verso la privatizzazione come quello dell’istruzione superiore è stato alfine riconosciuto dal Labour neosocialista di Jeremy Corbyn, che aveva fatto dell’abolizione in toto delle tasse universitarie una delle forze motrici della tutto sommato brillante performance del partito alle ultime elezioni, volute improvvisamente da Theresa May la scorsa primavera e che ne hanno intaccato paurosamente la maggioranza.
La scelta di rimettere sul tavolo una politica vocazionale socialista indirizzata alla tutela della categoria sociale al momento più economicamente bistrattata, gli studenti appunto, ha fruttato assai bene alle urne, e ha di certo pesato nel fare dell’«antidiluviano» Jeremy un’autentica icona giovanile. E da sola spiega abbastanza esaurientemente come mai all’attempato leader il pubblico del festival di Glastonbury, la scorsa estate, avesse riservato un’accoglienza da rock-star. È stata, quella scelta, un segnale chiaro e inequivocabile della rottura con il passato blairista del partito, assieme alla condanna aperta dell’invasione dell’Iraq e delle scuse formali porte dallo stesso Corbyn agli iracheni per la guerra del 2003, due gesti che hanno di molto contribuito ad attrarre verso il partito il voto e tessere giovanili.

Il fenomeno conosce un’onda lunga: un recente sondaggio condotto dall’agenzia YouthSight commisionato dall’Higher Education Policy Institute ha evidenziato come i laburisti godano al momento del più alto tasso di consenso giovanile negli ultimi dieci anni. Se si votasse domani, al partito spetterebbe la parte del leone del voto studentesco, il 68 per cento, contro i miseri 15 e 7 per cento rispettivamente di conservatori e liberal-democratici. Il golfo che separa proprio i Tories dalle nuove generazioni di britannici è in sé abbastanza evidente. Le loro politiche di tutela dei ricchi e dei pensionati hanno contribuito a diffondere la comoda – e pigra – formula «vecchi contro giovani» con cui si cercano di spiegare i recenti terremoti politici. Anche per questo il governo May ha promesso di considerare le attuali 9mila e duecento sterline come tetto massimo.

Introdotte nel 1998 con il Teaching and Higher Education Act dal primo governo Blair e calibrate sul reddito, il costo delle tasse per accedere agli studi superiori nel Paese con il maggior numero di istituti di ricerca di livello mondiale (l’Inghilterra, oltre al siderale duopolio Oxbridge, vanta anche l’Imperial College di Londra fra le prime dieci, tutte le altre sono università statunitensi) è salito esponenzialmente nell’ultimo ventennio. Dal primo, improvviso salto a tremila sterline, nel 2004, si è arrivati a triplicarle nel 2010, quando il governo di coalizione Tory-Libdem guidato da David Cameron sconfessò le politiche dei loro alleati-ostaggi. I Lib-dem avevano fatto del congelamento degli aumenti una delle loro politiche più eclatanti durante la campagna, e al loro voltafaccia è ragionevolmente addebitabile la quasi scomparsa del partito nelle ultime due tornate politiche.

FONTE: Leonardo Clausi, IL MANIFESTO



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