Con la Brexit costi enormi, ammette il governo britannico

Con la Brexit costi enormi, ammette il governo britannico

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Theresa May nell’imbarazzo. I 27 dettano le condizioni per i due anni di transizione dopo la separazione del 30 marzo 2019

Il documento “è imbarazzante” ha ammesso una fonte governativa britannica. Per questo motivo, il governo di Theresa May avrebbe voluto tenere segreta la Eu Exit Analysis, realizzata questo mese, destinata solo ai ministri: vengono analizzati i tre scenari maggiormente plausibili della Brexit, e in nessuno dei casi la Gran Bretagna ne esce vincente. L’ala dura dei Tories che difende un’uscita secca dalla Ue grida al complotto e accusa i partigiani di una soluzione soft di aver organizzato la fuga di notizie, proprio nei giorni in cui i 27 stanno mettendo le loro condizioni su modi e tempi dell’uscita di Londra.

Nel documento reso pubblico dal sito Buzzfeed News, in caso di Brexit soft, con la Gran Bretagna che resta nello Spazio Economico europeo (raggruppa 31 paesi, i 28 Ue più 3 dei 4 dell’Associazione di Libero scambio, Islanda, Norvegia e Liechtenstein, che accettano le “4 libertà” di circolazione, compresa quella delle persone), il rallentamento della crescita, calcolato su 15 anni, sarà del 2%. Se verrà raggiunto un accordo completo di libero scambio con la Ue, ma senza restare nello Spazio Economico, la perdita di crescita salirà al 5%. Peggio, in caso di edge cliff, di salto nel vuoto senza accordo, l’economia britannica pagherà un mancato aumento del pil dell’8%.

Il documento rivela che praticamente tutti i settori economici saranno colpiti (soprattutto chimica, tessile, auto), mentre solo l’agricoltura potrebbe limitare i danni. Le regioni più a rischio sono il Nord-Est, le West-Midlands e l’Irlanda del Nord. Londra rischia grosso: la prossima settimana è in discussione la questione dei servizi finanziari. Theresa May, pur affermando che la Gran Bretagna uscirà dal mercato unico e dall’unione doganale, promette che la City di Londra continuerà ad avere accesso ai mercati di capitali della Ue. Ma il negoziatore europeo, Michel Barnier, ha avvertito che questo scenario non è realista: senza accordo di libero scambio globale, nessuna intesa sui mercati finanziari. Il governo britannico continua a presentare i futuri accordi bilaterali con il resto del mondo (Usa, Cina ecc.) come la soluzione per sostituire i vantaggi del mercato unico Ue. Il documento del governo calcola pero’ che un accordo con gli Usa avrebbe un impatto pari a un +0,2%, con altri grandi paesi tra un +0,1-0,4%, cioè percentuali che non sostituiscono la Ue.

I 27, che si rendono ben conto che non sarà possibile raggiungere un accordo con la Gran Bretagna entro la data della Brexit (30 marzo 2019) visto il tempo che è già stato perso, propongono un periodo di “transizione” di due anni, fino al 31 dicembre 2020: Londra continuerà a pagare il suo contributo (12 miliardi di euro l’anno), rimarrà nel mercato unico e godrà degli accordi commerciali conclusi dalla Ue, ma non ci sarà più nessun commissario britannico, non eleggerà eurodeputati alle europee del 2019, non parteciperà più ai Consigli, cioè non avrà più nessuna voce in capitolo sulle decisioni. Il negoziatore britannico, David Davis, nel dicembre scorso aveva dovuto ammettere che non erano stati fatti “studi di impatto” prima del referendum del 2016, come invece avevano fatto credere i Brexiters, che avevano parlato di “vantaggi” nell’uscita, a cominciare dal recupero dei soldi versati a Bruxelles.

FONTE: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO



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