Giuristi democratici contro il protocollo Venezia sul diritto di difesa dei richiedenti asilo

Giuristi democratici contro il protocollo Venezia sul diritto di difesa dei richiedenti asilo

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Il Protocollo, tra le altre cose, impone ai difensori di denunciare lo stato di salute dei migranti a beneficio di quella del giudice

VENEZIA. Un vulnus al diritto di protezione internazionale per i richiedenti asilo. Ma anche un esplicito segnale politico, sull’onda del «riformismo» di Minniti&Orlando.

Il protocollo sottoscritta il 6 marzo da Paolo Maria Chersevani, presidente dell’Ordine degli Avvocati, e da Manuela Farini presidente del Tribunale, innesca reazioni senza appello. A cominciare dall’esecutivo nazionale dei Giuristi Democratici: «Apprendiamo con grande stupore della sottoscrizione presso il Tribunale di Venezia, sede della “Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Ue” di un protocollo contenente gravi, ed a nostro avviso illegittime, limitazioni del diritto di difesa dei richiedenti asilo. È previsto che i documenti allegati al ricorso devono essere tradotti in lingua italiana (a spese dei richiedenti, col pocket money, magari?); gli avvocati dovranno curare la massima puntualità, ma eventuali ritardi superiori ai 10 minuti comporteranno contrazione di pari durata dei tempi dell’audizione; non verranno concessi rinvii, se non per gravi e comprovati impedimenti del ricorrente; in caso di mancata comparizione del medesimo, la causa verrà rimessa al Collegio per la decisione; e, soprattutto l’audizione del ricorrente verrà condotta esclusivamente dal Giudice o dal Got designato, senza l’intervento del difensore».

E da GD arriva anche la critica esplicita all’Ordine degli Avvocati: «Lascia davvero negativamente colpiti, rappresentando in più punti l’evidente negazione del diritto di difesa dei richiedenti asilo (essendo negato persino l’intervento del legale in sede di audizione!), in una materia che dopo la riforma Minniti ha già subito una drastica riduzione di ogni garanzia di legge, in primis la possibilità di impugnare le sentenze di rigetto».

Leonardo Arnau, presidente dell’associazione Giorgio Ambrosoli e membro dell’esecutivo GD, conclude: «Riteniamo che questo ulteriore vulnus al diritto alla protezione internazionale non possa essere accettato supinamente. Auspichiamo la rapida revisione dell’accordo in senso conforme alla disciplina di legge e alle regole processuali “comuni”, assicurando anche il nostro impegno di difensori anche nell’applicazione in sede giudiziale dei principi fondamentali che riteniamo negati ».

D’altro canto, il protocollo ha già fatto il giro d’Italia: da Melting Pot all’Ambasciata dei diritti, dal mondo cattolico fino a Emergency ci si prepara a fronteggiare le conseguenze intollerabili in particolare dell’articolo 7 del protocollo, che impone agli avvocati di denunciare lo stato di salute dei migranti a beneficio di quella del giudice.

E il «caso» sarà dibattuto anche durante il «Festival Welcome», organizzato a Padova dal 23 al 25 marzo dal centro scambi e dinamiche interculturali Xena con il patrocinio del Comune.

FONTE: Ernesto Milanesi, IL MANIFESTO



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