SLOVENIA. SKUHNA, CUCINIAMO MONDI NUOVI
Via Trubarjeva 56
A differenza di altri Paesi, i toni in Slovenia sono quasi sempre pacati, ma anche questo piccolo Paese si ostina a costruire barriere al passaggio di migranti. Qualche mese fa una legge ha dato più poteri alla polizia per respingerli al confine e ha previsto l’utilizzo di grandi quantità di filo spinato, simpaticamente definito “barriera tecnica per regolare il flusso di migranti” (Lusa, 2017).
Eppure i profughi sono pochissimi, i migranti meno del 5% della popolazione: i flussi dal marzo 2016 (provenienti da Siria, Afghanistan e Iraq), quando venne formalmente chiusa la rotta balcanica e quando vennero montati terribili campi di identificazione sull’esempio di quello già tristemente noto di Brežice, a pochi chilometri dal confine con la Croazia, si sono bloccati.
In uno scenario così oscuro, ad alimentare la speranza di trasformare qui e ora le cose, ci ha pensato un gruppo di migranti. Più delle proteste, dei cortei, degli appelli, hanno pensato, c’è soltanto un modo per creare qualcosa di diverso, per frantumare confini e paure, quelli che albergano nelle relazioni tra comunità e nelle nostre teste, mettersi intorno a un tavolo con cibo buono e buona musica. Ecco perché Skuhna, “World Cuisine in Slovenia”, a Lubiana, è molto di più di un ristorante originale. «Nella nostra tenebra, grande è lo spazio che ci apre la speranza […], solo la speranza noi vogliamo: a lei è servo il pensiero» (Bloch, 1923).
Basta una passeggiata nel centro di Lubiana, sulla pittoresca e internazionale via Trubarjeva, per scoprire, al civico numero 56, questo straordinario mondo di mondi nuovi, questo locale di ottima cucina e di speranza decisamente interculturale. A Skuhna si preparano ogni giorno prelibatezze originali dell’Africa, dell’Asia e del Sud America. I cuochi sono migranti che si divertono a proporre ricette delle loro nonne e a inventare piatti meticci. Ogni giorno della settimana zuppe, insalate, dessert… di un Paese diverso. Il lunedì magari si “parte” da Tunisi, il martedì tappa in Zimbabwe o in Bangladesh, mercoledì si viaggia verso l’Algeria oppure verso l’Argentina o l’Iran e così via. La settimana successiva? Un nuovo menu e nuovi viaggi (il menu completo aggiornato è su www.skuhna.si).
World Cuisine
Skuhna è dunque un esperimento di economia collaborativa ben riuscito, gestito da migranti. Un ristorante, ma anche uno spazio sociale e culturale che ospita e promuove numerosi eventi pubblici, dibattiti, reading, proiezioni, concerti, laboratori di cucina, laboratori di costruzione di strumenti e giocattoli per bambini e bambine. Skuhna, “World Cuisine in Slovenia” è formalmente un progetto dell’organizzazione Institute Global (finanziato inizialmente con il Fondo Sociale Europeo).
Il progetto è ispirato ai valori della sostenibilità sociale e ambientale, e se la ristorazione è soltanto uno dei suoi volti, questa è improntata alla vocazione generale di sostenibilità, attraverso la cura e l’attenzione nella scelta degli ingredienti, prediligendo quelli locali e provenienti dal mercato equo e solidale.
Racconta Max Zimani, originario dello Zimbabwe e co-fondatore del progetto: «L’idea di Skuhna è nata constatando che la maggior parte dei migranti con cui collaboravamo amava cucinare i piatti del proprio Paese che riscuotevano successo tra i clienti dei nostri workshop. Così abbiamo pensato di mettere insieme le competenze dei migranti e creare un’impresa sociale. La nostra visone è di sostenere i migranti del sud del mondo, offrendo loro la possibilità di mettere in pratica le loro competenze, di migliorare le proprie abilità e di fornire nuove occasioni di accesso al mondo del lavoro, garantendo loro una piattaforma per condividere le proprie doti con un pubblico ampio». Al tempo stesso il progetto è anche un modo innovativo di promuovere in Slovenia una visione di società interculturale, aperta e fondata sulla cooperazione, creando occasioni concrete di incontro e scambio culturale. Già, scambio culturale: quello, ad esempio, dei numerosi studenti universitari di tutta Europa che sono a Lubiana per l’Erasmus e che è facile incontrare allo Skuhna, oppure dei giovani (diciotto/trent’anni) che trascorrono un anno al ristorante per dare una mano attraverso il Servizio di volontariato europeo (che garantisce loro viaggio, vitto, alloggio e un piccolo rimborso mensile).
«Bisogna rompere gli stereotipi che circondano i migranti – sostiene Maja Ladic, co-fondatore del progetto – Dobbiamo fornire opportunità di migliorare l’inclusione sociale per i migranti che abitano in Slovenia, e al tempo stesso offrire un concetto di ristorante innovativo, dove ogni cuoco prepara piatti tipici del proprio Paese di origine, per sensibilizzare l’opinione pubblica e promuovere una società aperta».
Non è un fast-food
Institute Global, l’organizzazione leader del progetto, è parte della rete Slovenian Global Action – SLOGA, il network più importante del Paese che si occupa di cooperazione per lo sviluppo, educazione ed economia equa e solidale in Slovenia (www.sloga-platform.org).
Pratiche come quelle portate avanti con la realizzazione di Skhuna hanno un grosso potenziale di cambiare il modo di pensare il processo di produzione, promuovendo un modello alternativo a quello dell’accumulazione di capitali e la ricerca del profitto a fronte di manodopera sottopagata e materie prime economiche e scadenti, ma hanno un grosso potenziale anche per sostenere i processi interculturali che attraversano sempre di più le città europee. Per Skhuna l’obiettivo non è il profitto, a contare di più sono la qualità del cibo e il suo processo di preparazione. Non è un fast-food, e il tempo di attesa è parte del processo. L’impatto sul territorio è in linea con la missione del progetto, ovvero di contribuire alla trasformazione della società slovena in un’ottica di multiculturalismo, e di accompagnare i migranti nella costruzione di relazioni sociali. Non per caso Skuhna offre anche servizi di catering, consegna di generi alimentari e propone ogni giorno iniziative culturali per grandi e piccoli.
La sostenibilità del progetto dipende molto ancora da Institute Global, perché purtroppo la legge sulle imprese sociali non è sufficiente a sostenere le piccole attività nel processo di registrazione ufficiale, a causa di una burocrazia complessa e di un costo eccessivo. Gli organi di governo locali non forniscono alcun sostegno al progetto, perché privi di una strategia di promozione delle iniziative di economia sociale e solidale; per citare un esempio, i locali dove ha sede Skuhna sono affittati a un canone di mercato, senza alcuna agevolazione. A breve dovrebbero essere introdotte alcune misure a livello statale che potrebbero beneficiare le imprese che operano in regime di economia sociale e solidale.
Per avviare una impresa di questo tipo esistono due approcci. Il primo consiste in un approccio di tipo esperto in cui una organizzazione non governativa si pone l’obiettivo di risolvere un problema sociale. Nel secondo caso si ha una impresa che desidera diversificare la propria missione e visione in modo da diventare socialmente sostenibile. Nel caso di Skhuna, si è scelto il primo approccio. Lo svantaggio di questo metodo è la necessità di formare i membri del progetto, per una organizzazione ottimale, e per questo motivo c’è bisogno di un finanziamento pubblico nella prima fase del progetto.
Un frigorifero nuovo
I punti di forza di questo modello di organizzazione sono la partecipazione di tutti i soci alle fasi di produzione, la cooperazione con altre organizzazioni del settore dell’economia sociale, la flessibilità, e il volontariato, in particolare per quanto riguarda le attività non profit.
Gli aspetti più problematici riguardano invece l’impianto normativo, la carenza di una strategia chiara di supporto alle imprese sociali, l’assenza di politiche pubbliche a sostegno delle imprese locali, la mancanza di impegno da parte degli enti pubblici nel facilitare misure quali affitti a canone agevolato e sgravi fiscali (SUSY, 2017).
Secondo Tadej Slapnik, altro co-fondatore di Skuhna, «la pratica dimostra che è possibile creare posti di lavoro stabili per migranti e processi produttivi che rispettino i principi dell’economia sociale e solidale. I migranti imparano nuove competenze, nonostante l’iniziale deficit di conoscenze manageriali. L’impatto del loro lavoro è estremamente positivo, e costituisce una risposta positiva e sostenibile per generare ricchezza a partire dalla condizione di migrante. Questo esperimento dimostra che i migranti aprono nuove possibilità e opportunità, in diversi settori della società».
Intanto, a quattro anni dall’inaugurazione del locale di via Trubarjeva, a inizio luglio quelli di Skhuna hanno trovato l’occasione per una festa: l’acquisto del primo frigorifero professionale. I prossimi obiettivi? Sono indicati chiaramente nella pagina Facebook (https://www.facebook.com/Skuhna/): una stufa più grande, un forno migliore, una macchina del ghiaccio, ma anche qualche sedia e qualche tavolo in più, perché il numero di persone che frequenta ogni giorno il ristorante è in evidente crescita.
Impresa sociale
L’esperienza di economia sociale e solidale di Skuhna è isolata? In Slovenia, in realtà, la definizione di Economia Sociale e Solidale (ESS) non è ancora molto diffusa. Il termine più usato è quello di impresa sociale. Questo settore ricadeva sotto la competenza del ministero del Lavoro, della Famiglia e degli Affari Sociali e Pari Opportunità e oggi del ministero dello Sviluppo economico e della Tecnologia.
L’impresa sociale è definita come “una forma innovativa di impresa con un elevato senso di responsabilità nei confronti della società e dei cittadini”. Un aspetto cruciale di questa forma imprenditoriale risiede nella motivazione e nello scopo dell’attività, per la ricerca di soluzioni innovative che sappiamo affrontare le questioni sociali, economiche, ambientali che affliggono le nostre società. Lo scopo finale di queste forme alternative di impresa è infatti includere i principi dell’impresa sociale all’interno di dinamiche di mercato, con la creazione di posti di lavoro per gruppi sociali fragili, attraverso la realizzazione di attività socialmente utili.
Come le imprese classiche, le imprese sociali operano sul mercato, con la differenza che il profitto non viene solitamente distribuito tra i proprietari (e i lavoratori) dell’impresa, ma è reinvestito nell’attività stessa dell’impresa. L’impresa sociale svolge inoltre un ruolo di connettore sociale, promuovendo la partecipazione attiva e il volontariato da parte dei cittadini, rafforzando i legami di solidarietà.
Il quadro normativo di riferimenti per l’attività delle imprese sociali in Slovenia è la legge sull’Impresa Sociale del 2011. Nel 2013 è stato introdotto il Regolamento per il monitoraggio delle attività delle imprese sociali. Le attività di impresa sociali sono anche regolamentate dal Regolamento per l’avvio di attività di impresa sociale e nelle sue successive modifiche. In base alla legge sull’Impresa Sociale questa si configura come un’entità non profit. Infatti la realizzazione di profitti non è per forza l’obiettivo primario di queste organizzazioni. In Slovenia sono attualmente 147 le imprese sociali registrate ufficialmente.
Nel 2011 il governo sloveno ha istituito il Consiglio per l’Impresa Sociale, organo responsabile dello sviluppo di politiche a favore delle imprese sociali in collaborazione con altri enti dello Stato e organizzazioni civili. Sulla base della Legge sull’Impresa Sociale nel 2013 il governo ha approvato la Strategia per lo sviluppo dell’impresa sociale per il periodo 2013-2016; la nuova Strategia 2016-2025 è attualmente in preparazione.
A partire dagli obiettivi individuati nel documento strategico il ministero del Lavoro ha delineato un Programma di misure per l’implementazione della strategia per lo sviluppo dell’impresa sociale. L’entità dei fondi assegnati per la realizzazione delle attività di impresa sociale è di 12,7 milioni di euro (SUSY, 2017).
Di certo, l’impresa sociale non può essere valutata con il metodo classico di misurazione del profitto economico, e pertanto gli organi responsabili hanno provveduto a elaborare un modello alternativo per misurare il loro impatto sociale. È infatti necessaria una valutazione specifica laddove lo scopo delle attività è promuovere il benessere nella società. Questo obiettivo, al momento, è perseguito attraverso la pubblicazione di bandi per progetti cofinanziati dall’Unione Europea (il primo bando è stato pubblicato nel 2009, il secondo nel 2012).
I cantieri della cultura sono sempre aperti
Tuttavia, l’ossessione classificatoria – che accompagna da sempre la visione occidentale ed economicistica della vita – non sembra condizionare i promotori di questa esperienza. Skuhna non serve a migliorare il prodotto interno lordo della Slovenia e probabilmente neanche a dare un nuovo significato a espressioni come impresa sociale.
Skuhna sembra più un’idea bizzarra di alcuni migranti che non solo riconsegna dignità alla loro vita di ogni giorno e piace a molti cittadini di Lubiana, ma ricorda a tutti che le società non stanno ferme, che i cantieri della cultura – nei quali il cibo, la musica, l’incontro tra persone di origine diversa giocano una partita importante, che agisce in profondità nel modo di pensare delle persone –, rimangono sempre aperti e contribuiscono a creare società nuove. In fondo, e per fortuna, «le culture non sono mai dei meccanismi coerenti; assomigliano spesso al prodotto uscito dalle mani di un bricoleur, che mette assieme pezzi anche diversi, smonta e rimonta, incastra» (Aime, 2013).
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Bibliografia
Aime Marco (2013), Culture, Bollati Boringhieri, Torino.
Bloch Ernst (2009), Spirito dell’utopia, BUR-Rizzoli, Milano.
Lusa Stefano (2017), Slovenia: come Austria e Ungheria sui migranti, in https://www.balcanicaucaso.org/aree/Slovenia/Slovenia-come-Austria-e-Ungheria-sui-migranti-176793, 11 gennaio.
SUSY – SUstainable and Solidarity EconomY (2017), Economia Trasformativa: Opportunità e Sfide dell’Economia Sociale e Solidale in Europa e nel Mondo, ricerca internazionale a cura di Riccardo Troisi, Monica Di Sisto e Alberto Castagnola per conto di FairWatch, nell’ambito del Progetto SUSY – SUstainable and Solidarity EconomY coordinato da Cospe Italia, http://www.solidarityeconomy.eu
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Questo brano che racconta l’esperienza di Skuhna fa parte del capitolo “In comune”, pubblicato nel 15° Rapporto sui diritti globali, cui ha collaborato Comune-info
IL 15° RAPPORTO SUI DIRITTI GLOBALI PUO’ ESSERE ACQUISTATO O ORDINATO IN LIBRERIA, OPPURE DIRETTAMENTE ONLINE DALL’EDITORE
Scarica l’indice del rapporto
Riportare i diritti nel lavoro. Leggi qui la prefazione di Susanna Camusso al 15° Rapporto
Il vecchio che avanza. Leggi e scarica qui l’introduzione di Sergio Segio al 15° Rapporto
La presentazione alla CGIL di Roma
Qui la registrazione integrale della presentazione alla CGIL di Roma del 27 novembre 2017
Qui le interviste a Sergio Segio, Patrizio Gonnella, Marco De Ponte, Francesco Martone
Qui notizie e lanci dell’ANSA sulla presentazione del 15° Rapporto
Qui si può ascoltare il servizio di Radio Articolo1 curato da Simona Ciaramitaro
Qui un articolo sul Rapporto, a pag. 4 di ARCI-Report n. 37
Qui un articolo sul Rapporto, da pag. 13 di Sinistra Sindacale n. 21
Qui un’intervista video a Sergio Segio e Susanna Ronconi sui temi del nuovo Rapporto
Qui l’articolo di Sergio Segio “L’apocalisse e il cambiamento possibile”, da Appunti n. 23, 1/2018
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