Morto che parla. Risorge a Kiev il «reporter» russo, ucciso per finta

by Yurii Colombo | 31 Maggio 2018 10:44

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MOSCA. Martedì sera, Kiev. Il giornalista russo dissidente Arkady Babcenko rientra a casa dal supermercato. Ad attenderlo un killer che lo fredda alle spalle all’ingresso dell’appartamento. La moglie, in bagno, lo soccorre, ma il decesso di Babcenko avviene pochi attimi dopo. Ieri ore 16, dopo una giornata tesa di accuse e contro-accuse, di consultazioni in tutte le cancellerie mondiali arriva il dietrofront: Arkady Babcenko è vivo e vegeto. Ed è lui stesso ad annunciarlo in conferenza stampa a Kiev. Il ministero degli interni ucraino, dopo aver accusato i servizi segreti russi dell’omicidio convoca una conferenza stampa per sostenere che si era trattato solo di una operazione di intelligence. Poco più uno scherzo.

«ABBIAMO IMPEDITO l’omicidio di Babcenko da parte dei servizi segreti russi conducendo un’operazione speciale», ha sostenuto Vasily Gritsak, il capo dei servizi segreti ucraini davanti agli attoniti giornalisti.

«I mandanti avevano promesso 30 mila dollari all’esecutore, un cittadino ucraino e ex militare in forza nel Donbass». Secondo i servizi ucraini 15 mila dollari erano già stati versati dai servizi russi a un mediatore e 10 mila all’esecutore che «ora sarebbe agli arresti a Kiev». Secondo gli ineffabili funzionari di Kiev al complotto «avrebbero partecipato ben trenta persone».

Poi è intervento lo stesso «giornalista risorto» il quale ha affermato di aver partecipato a «un’operazione per prevenire attacchi terroristici dei servizi speciali russi sul territorio ucraino». «Questa operazione è stata preparata per due mesi, mi è stato dato un mese di corso di formazione, e questo mese ho visto come lavoravano i ragazzi dei servizi… Il risultato è stata questa operazione speciale» ha dichiarato l’agente provocatore. E per rendere la fiction ancora più appassionante ha perfino affermato che «per quello che ne so il mio omicidio era stato programmato durante Real Madrid-Liverpool» la finale di Champions League, tenutasi proprio a Kiev scorso sabato.

DA PARTE RUSSA mentre il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov si è rifiutato di commentare, il ministero degli esteri russi ha parlato – in un stringato comunicato – di «provocazione dei servizi ucraini che ormai non sanno più dove cercare il nemico». La commedia degli equivoci, a metà tra una macabra messa in scena e un racconto situazionista, getta nel discredito più completo il regime di Poroshenko. Dopo la lunga telenovela di qualche mese fa, quando lo spettacolo messo scena fu il «Movimento delle Forze Nuove» di Misha Saakashvili con tanto di fughe sui tetti di Kiev e inseguimenti tra macchine della polizia e servizi d’ordine dell’ex presidente georgiano, ecco finire alla ribalta la mediocre pièce dei servizi ucraini.

SECONDO ALCUNE FONTI, il governo ucraino aveva organizzato una provocazione anti-russa, ma qualche cosa deve essere andato storto durante la giornata ieri. Allora il governo avrebbe deciso, in tutta fretta, di far «risorgere» Babcenko e proposto all’opinione pubblica internazionale l’inconsistente storia dello «sventato attacco». Un’ipotesi, che se fosse provata, dimostrerebbe il livello di degrado raggiunto dalla dirigenza ucraina. Per tutta la giornata si erano rincorse indiscrezioni, rivelazioni e accuse .

AVEVA INIZIATO IL MINISTERO degli interni ucraino, facendo circolare un identikit del presunto assassino, un giovane con la barba, il berretto calcato sulla testa e gli occhi di ghiaccio del killer professionista. A metà mattinata l’accusa contro il Cremlino: «Per metodo e stile è evidente che si tratta di una azione del Fsb russo» affermava il governo di Kiev. Seguivano le parole accorate della Commissione Europea la quale si dichiarava «sconcertata per l’omicidio di un coraggioso giornalista». Si mobilitava poi Amnesty International per chiedere che «venisse assicurato alla giustizia l’autore del crimine». Davanti all’ambasciata russa a Kiev fiori, lacrime e qualche manifesto di protesta. Infine giungeva a anche, poco prima della clamorosa smentita, la dichiarazione del direttore del Fsb Alexander Bortnikov che rispondeva alle accuse. «Sono tutte sciocchezze, mi sembra che a Kiev stiano ormai delirando, assomiglia molto alla faccenda Skripal… una provocazione della più bell’acqua».

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Da contractor a giornalista, la strana carriera del «risorto» Arkady Babcenko

Chi è Arkady Babcenko, il giornalista «risorto» ieri a Kiev? Nato a Mosca 41 anni, Babcenko nel 1999 si arruola nell’esercito russo partecipando alla secondo guerra cecena come «contractor».

Dal 2000 inizia l’attività di giornalista seguendo in particolare il conflitto in Ossezia come reporter di guerra. In questo periodo scrive per «Moskovsky Konsomolez» quotidiano moscovita vicino alle posizioni governative ma anche per riviste militari specializzate ed è inviato dei canali televisivi Ntv e Tv6.

Nel 2011 partecipa ai movimenti anti-brogli seguiti alle elezioni presidenziali del 2011, inizia a scrivere per «Novaya Gazeta» distinguendosi per una violenta polemica contro Putin. Si schiera a fianco dell’Ucraina nel conflitto del Donbass. Successivamente lavora principalmente come scrittore e blogger, assumendo posizioni sempre più radicali e bizzarre. Quando nel dicembre 2016, a causa di una catastrofe aerea trova la morte l’intero coro dell’Ensemble Alexandrov (ex Coro dell’Armata Rossa) scrive su Facebook: «Non ho né compassione né pietà. Non esprimo condoglianze alle famiglie e ai loro amici…Ho un solo sentimento verso costoro: l’indifferenza». A causa di queste prese di posizioni subisce minacce e decide di abbandonare la Russia.

Si reca prima in Repubblica Ceca, poi in Israele e infine si stabilisce a Kiev dove è ospite fisso sul canale Atr.
Ormai le sue posizioni trovano risonanza solo negli ambienti più estremisti del nazionalismo ucraino. Scrive nel 2017: «Se tornerò a Mosca? Certo ho una faccenda da regolare lì. Sarò sul primo carrarmato Abrams a sventolante la bandiera della Nato che sfilerà per la Via Tverskaya (la strada principale di Mosca n.d.r.)». Ieri l’epilogo con la messa in scena del suo omicidio e l’ammissione di essere un agente provocatore.

FONTE: Yurii Colombo, IL MANIFESTO[1]

photo: By Автор снимка неизвестен, владелец прав – Аркадий Бабченко [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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