Sentenza della Consulta: incostituzionali i tagli lineari alla sanità

Sentenza della Consulta: incostituzionali i tagli lineari alla sanità

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Il primo sassolino sulla strada del nascente governo gialloverde arriva, paradossalmente, dalla Regione Veneto. Il governatore leghista Luca Zaia ha festeggiato ieri come «una vittoria storica, non la si può definire diversamente» la sentenza della Corte costituzionale che ha dato ragione a un suo ricorso contro i tagli lineari imposti a tutte le Regioni a statuto ordinario dalla legge di bilancio dello Stato 2017.
La Consulta ha ritenuto incostituzionale che i tagli ai fondi regionali, in gran parte utilizzati per finanziare la sanità pubblica, non abbiano una temporalità definita, siano cioè stati prolungati e addirittura raddoppiati a tutto il 2020 anche per le Regioni «virtuose», che hanno rispettato i precedenti parametri di bilancio. La Corte ha riconosciuto che continuando in questo modo il rischio è quello di arrivare all’impossibilità di assicurare il rispetto dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e quindi di non riuscire a garantire ai cittadini-contribuenti il diritto alla salute sancito dalla Costituzione.

L’importo è consistente, si tratta di 750 milioni di euro e produce un nuovo buco di bilancio anche se i soldi non devono essere restituiti. I fondi non erogati infatti non dovrebbero essere nuovamente ripartiti ma le previsioni dovranno senz’altro essere aggiornate e in modo pesante.

Lo Stato – e quindi il prossimo governo, già messo sotto osservazione da Bruxelles sui conti pubblici – dovrà azzerate il taglio già preventivato per il 2020. Ma soprattutto si dovrà trovare un nuovo cespite da decurtare se si intenderà rispettare l’indicazione arrivata proprio ieri dalla Commissione europea all’Italia per una manovra correttiva di finanza pubblica che implicherà nuovi tagli per un valore complessivo stimato in 10 miliardi di euro, pari allo 0,6% del Pil, già nel 2019.

Com’è noto, la sanità attraverso le Regioni è da anni il capitolo di spesa più tartassato quando si deve decidere quali settori decurtare. Tagli reiterati, non una tantum, e senza un obiettivo che non sia fare cassa. Tanto che lo stesso governatore Zaia sostiene che per recuperare questi altri 750 milioni è bastato «cambiare un numerino: da 2019 a 2020».

L’operazione a penna è stata fatta dal governo Renzi, facile facile perché ricalcata sulla falsa riga dei suoi predecessori. «Monti, Letta, Renzi hanno fatto tutti la stessa cosa, Monti addirittura tagliò di netto un miliardo e mezzo sulla spesa sociale agli enti locali, una cifra che aveva introdotto la ministra Livia Turco, e azzerò i trasferimenti per la sanità, poi si è continuato a considerare sanità e spesa sociale come bancomat e non c’è da stupirsi adesso se il Paese va a rotoli», è la considerazione del governatore della Toscana Enrico Rossi, che non ha timore di dirsi «molto contento» della vittoria del ricorso della Regione Veneto. Del resto la Toscana già da qualche mese si è messa sul piede di guerra contro i poteri centrali, seguendo Zaia nella presentazione di un altro ricorso che riguarda il blocco delle assunzioni del personale sanitario fino al 2020. «E se ora Zaia si vorrà tirare indietro, andrò avanti anche da solo», annuncia Rossi.

«La verità è che la sinistra ha sempre denunciato questi tagli lineari alla spesa sanitaria e sociale ma ha prevalso la logica perversa di fare i tagli coi portafogli altrui, degli enti territoriali», dice Giulio Marcon, già capogruppo di Sel nella passata legislatura e segretario della Commissione Bilancio della Camera. «Dove andare a prendere i soldi? Noi l’abbiamo sempre detto – aggiunge Marcon – dalle spese militari alle grandi opere ai finanziamenti alla sanità privata». Ora però le scelte spetteranno ad altri.

FONTE: Rachele Gonnelli, IL MANIFESTO



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