by Andrea Colombo | 31 Maggio 2018 8:49
Il capo dello Stato gioca le ultime mani della partita per dar vita al governo, che da difficile è diventata negli ultimi giorni drammatica, su due tavoli. Sul primo, quello di un governo politico Lega-M5S, uno spiraglio si è aperto. Sul secondo, quello del governo tecnico Cottarelli e della possibilità di farlo partire con qualcosa che somigli a un voto di fiducia, è invece buio pesto.
L’OFFENSIVA DEL LEADER dei 5 Stelle, concordata nei particolari con il presidente nel corso di un colloquio, informale e imprevisto, avvenuto a metà pomeriggio sul Colle su richiesta dello stesso Mattarella, è un affondo in piena regola, una di quelle proposte che non è facile rifiutare: «Savona rimane nella squadra di governo ma in un altro posto e per l’Economia troviamo una persona di eccellente caratura come lui, che non sia amico delle banche o delle agenzie di rating». La persona di eccellente caratura sarebbe Pierluigi Ciocca, vicedirettore generale di Bankitalia, gradito dunque ai due banchieri che avevano sbarrato la strada a Savona, il governatore di Bankitalia Ignazio Visco e il presidente della Bce Mario Draghi. Ciocca però, in materia di euro, è su posizioni non distantissime da quelle di Paolo Savona, pur senza «piani B» di sorta, e per questo il Quirinale spera, pur senza illudersi troppo, che Matteo Salvini possa accettarlo.
PER UN ATTIMO è sembrato possibile che la pressione di Luigi Di Maio si spingesse anche oltre, sino a offrire al Carroccio la presidenza del consiglio. Non è escluso che Mattarella, che di Giuseppe Conte non è mai stato entusiasta e che preferirebbe di gran lunga un leader politico, lo abbia anche silenziosamente auspicato. Ma quel passo per M5S è troppo: un comunicato del Movimento lo esclude.La reazione del leghista non è di chiusura a priori.«Ci ragioniamo, valuteremo. Abbiamo proposto Savona perché era il migliore per l’Economia. Se Di Maio ha cambiato idea ne parlerò con lui». La proposta, del resto, era stata messa a punto dopo una serie di segnali scambiati a distanza dai due partiti nel corso della giornata. Se Di Maio aveva aperto alla possibilità di un governo Conte senza Savona, il leghista aveva risposto picche a stretto giro: «Se mi tirano via anche un solo uomo il governo non ha senso». L’invito rivolto dalla No Tav pentastellata Laura Castelli a Savona per un passo indietro era rimasto lettera morta. Di qui l’idea di non rinunciare a Savona ma solo di spostarlo. Inevitabile quindi, in attesa del responso del Carroccio, fermare i motori per altre 24 ore.
RESTA DUNQUE IN STAND-BY Carlo Cottarelli, che aspetta nella scomoda posizione, con la lista dei ministri pronta in tasca, già da ieri mattina, a parte tre rapidi passaggi sul Colle per fare il punto. Dopo un primo colloquio con Mattarella l’incaricato aveva scoperto il gioco, ammettendo di aver sospeso la presentazione della lista dei ministri perché «è emersa la possibilità di un governo politico». L’attesa avrebbe dovuto prolungarsi solo fino a sera, poi Di Maio ha chiesto altre 24 ore e tutto è stato rinviato a oggi. Sempre che non si debba invece attendere ancora un giorno e non è affatto escluso.
Su quel fronte, infatti, le cose non vanno affatto bene. È evidente che per partire, tanto più se con l’ambizione di arrivare a settembre, il governo Cottarelli non può essere sommerso da una valanga di sfiducie. Salvini, che vuole evitare le elezioni in luglio o agosto soprattutto perché ha bisogno di incassare almeno un risultato da sbandierare in campagna elettorale, nello specifico la legge sulla legittima difesa, ma che sogna anche di mettere mano alla legge elettorale, si dice disposto all’astensione: «Bisogna ridare la parola agli italiani il prima possibile ma non in estate. Non ostacoleremo soluzioni rapide per affrontare le emergenze».
POCO DOPO SUONA il campanello anche il Pd: se il centrodestra appoggiasse Cottarelli anche il Nazareno tornerebbe sulla scelta di astenersi. Non c’è bisogno di arrivare a tanto. Al Colle basterebbe l’astensione di tutti: M5S, destra e Pd. Qualche voto, magari una decina, comunque non più di venti, comunque arriverà. Senza pollici versi sarà sufficiente per varare un governo «nel pieno delle proprie funzioni», sia pur solo per pochissimo.
IL GUAIO È CHE DEVONO starci tutti e il Movimento 5 Stelle insiste invece nella scelta di votare contro. Di Maio lo comunica subito pubblicamente e lo conferma poi nel faccia a faccia con Mattarella.
Ma se anche l’ultima chance per il governo politico fallirà il Quirinale tornerà di certo alla carica. In fondo non sarebbe la prima volta che Luigi Di Maio cambia idea.
FONTE: Andrea Colombo, IL MANIFESTO[1]
photo: Palazzo Quirinale, Roma. Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=163425
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