Afghanistan, la guerra infinita

by Orsola Casagrande, dal 15° Rapporto sui diritti globali | 8 Giugno 2018 7:00

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La guerra in Afghanistan ha compiuto 16 anni nel 2017. Gli Stati Uniti e i suoi alleati hanno perduto circa tremila soldati. Ufficialmente si riconoscono 150 mila morti afghani, ma è una cifra irrealistica. Fonti afghane sostengono che i morti sarebbero almeno un milione. Moltissime, come sostiene la stessa Missione dell’ONU nel Paese asiatico (United Nations Assistance Mission in Afghanistan, UNAMA), sono le vittime tra i bambini e le donne. Nel 2016 quasi mezzo milione di persone ha abbandonato la propria casa a causa della guerra, il numero di sfollati più alto dal 2008. In totale sono quasi due milioni gli sfollati di questa guerra, su una popolazione di 32 milioni. Nei primi sei mesi del 2017 UNAMA ha registrato 90 mila nuovi sfollati.

La guerra continua e l’offensiva talebana di primavera si è fatta annunciare il 22 aprile 2017 con una esplosione nella base del 209° corpo dell’esercito nazionale afghano a Balkh, una provincia a nord del Paese. Almeno 140 i morti tra i soldati afghani. Un attentato che si è prodotto soltanto una settimana dopo che gli Stati Uniti avevano fatto esplodere la MOAB, The Mother of All Bomb, la “madre di tutte le bombe” (poco meno di 10 mila chili di esplosivo) a Nangarhar. La più grande bomba non nucleare del mondo è esplosa in un villaggio: secondo l’esercito USA ha ucciso 94 militanti dello Stato Islamico, però non si è permesso a nessun giornalista di avvicinarsi alla zona. La MOAB è stato il biglietto da visita del nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ma non ha preoccupato i talebani, che ormai controllano almeno il 40% del territorio afghano (alcuni analisti si spingono a parlare del 60%).

La guerra voluta da George W. Bush nel 2001, sostenuto dall’allora premier britannico, Tony Blair, e diretta dalla NATO, è stata un fiasco su tutti i fronti. Dan Coats, direttore dell’intelligence nazionale statunitense ha detto al Senato USA che a prescindere da qualunque azione americana, è quasi certo che la situazione politica e di sicurezza in Afghanistan si deteriorerà nel corso del 2018 (Coats, 2017).

Il governo di Ashraf Ghani non sembra in grado di garantire agli USA il conseguimento dei loro interessi. Il comandante USA in Afghanistan, generale John Nicholson, da parte sua, ha chiesto l’invio di altre migliaia di soldati. Da notare che formalmente la NATO ha terminato le missioni di combattimento in Afghanistan nel 2014, ma al vertice dell’Alleanza, il 25 maggio 2017, il presidente Trump ha reiterato la richiesta. E il segretario generale della NATO, Jens Stoldenberg, ha confermato l’impegno in Afghanistan con 12 mila uomini che permarranno nelle fila delle Missione Resolute Support per tutto il 2017 (NATO, 2017; Stoldenberg, 2017).

In campagna elettorale, nel 2016, né Trump né la sua avversaria, Hillary Clinton, hanno parlato della guerra in Afghanistan. Un conflitto che costa al Paese 23 miliardi di dollari l’anno, oltre a 117 miliardi di dollari in ricostruzione. Di questo denaro destinato alla ricostruzione, il 61% (71 miliardi di dollari) è stato speso nella creazione dell’esercito nazionale afghano. La missione NATO è stata un fallimento, gli USA ne hanno preso atto, silenziosamente, e nel 2014 (dopo aver inviato oltre 100 mila soldati), hanno abbandonato progressivamente questa strategia, cominciando a parlare di ritiro per consentire agli afghani di prendere nelle loro mani la situazione (Parchad, 2017).

La ricostruzione è stata segnata da corruzione e da una gestione assai poco trasparente, come rivela l’Ispettore Generale Speciale per la Ricostruzione in Afghanistan (Special Inspector General for Afghanistan Reconstruction, SIGAR) che ha pubblicato 35 Rapporti. Nella provincia di Balkh, dove i talebani hanno iniziato nel 2017 la loro campagna di attacchi, il SIGAR ha rilevato che soltanto il 30% degli studenti che si erano iscritti erano stati effettivamente visti nelle scuole. I professori brillavano per la loro assenza e gli edifici in cemento si «disfacevano sotto la pioggia». Nel suo Rapporto di aprile 2017, il SIGAR conferma che la campagna degli USA contro il narcotraffico (8,5 miliardi di dollari) per porre fine alla produzione di oppio è stata fallimentare. Il narcotraffico continua, contribuendo al 7,4% del PIL afghano. La produzione di oppio, dice il SIGAR, è aumentata del 43% nel 2016. La coltivazione di oppio è crescita del 10% soprattutto nelle regioni sotto controllo talebano (Helmand, Kandahar, Uruzgan e Zabul).

Gli Stati Uniti sostengono che il 60% dei finanziamenti dei talebani proviene dal commercio dell’oppio e le statistiche dicono che l’80% dell’eroina mondiale proviene dall’oppio afghano. SIGAR conferma che la corruzione è presente in maniera profonda nell’esercito. Il 28 marzo 2017, il ministro della Difesa afghano ha licenziato quasi 1.400 funzionari accusati di corruzione. Nel 2016 ben il 35% degli appartenenti alle forze di sicurezza afghane sono morti assassinati: 6.800 tra soldati e poliziotti. Infine, l’Ispettore Generale Speciale per la Ricostruzione in Afghanistan segnala anche che ogni anno circa il 35% degli ufficiali non si ripresenta (SIGAR, 2017).

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photo: By DoD photo by Staff Sgt. Adam Mancini, U.S. Army – Mountain Ridge Security, Public Domain, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=8305095

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