Caso Mastrogiovanni. Per la Cassazione: la «contenzione» è sequestro di persona

Caso Mastrogiovanni. Per la Cassazione: la «contenzione» è sequestro di persona

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La contenzione dei pazienti negli ospedali e delle persone in altri luoghi è sequestro di persona e chi vi ricorre commette reato. E’ quanto ha stabilito la V Sezione della Corte di Cassazione, presieduta dal Consigliere Dr. Maurizio Fumo, il 20 giugno 2018 nella sentenza su sei medici e undici infermieri dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania, in provincia di Salerno, responsabili della lunga e illegittima contenzione di Francesco Mastrogiovanni, il maestro elementare morto dopo aver subito incredibilmente 87 ore di illegittima contenzione, tenuto legato senza alcuna interruzione ai quattro arti in un luogo di cura, senza un sorso d’acqua e un pezzo di pane.

La sentenza arriva dopo un giorno dal lungo dibattito in aula, nel corso del quale il Procuratore Generale, Luigi Orsi, nella sua lunga requisitoria di due ore, ha demolito l’impianto accusatorio, chiedendo l’annullamento senza rinvio della condanna degli infermieri e per i medici la conferma delle pene per falso ideologico e sequestro di persona, in quanto il reato di morte come conseguenza di altro reato (art. 586) era andato prescritto nel mese di marzo.
Per i sei medici, la Cassazione rigetta i ricorsi e ridetermina le pene condannando Rocco Barone (responsabile di aver disposto la contenzione) e Raffaele Basso ad un anno e tre mesi; Amerigo Mazza e Anna Angela Ruberto a 10 mesi. La Ruberto era di servizio la notte in cui Mastrogiovanni muore e ne scopre la morte sei ore dopo ch’era avvenuta. Per Michele Di Genio – primario del reparto – è annullata la condanna per reato di falsità ideologica (art. 479 c.p.) in concorso, con rinvio per un nuovo esame alla Corte d’Appello di Napoli, ma è confermata la condanna per concorso di reato (art. 110) e sequestro di persona (art. 605) a un anno e un mese. Rigetta il ricorso (senza rinvio) di Michele Della Pepa e conferma la condanna ad un anno e un mese.

Degli infermieri – assolti in primo grado, condannati dalla Corte d’Appello di Salerno il 15 novembre 2016 – è annullata la sentenza contro Antonio Luongo per avvenuta morte, mentre Giuseppe Forino, Alfredo Gaudio, Nicola Oricchio e Massimo Scarano sono condannati a 8 mesi; Antonio De Vita, Maria D’Agostino Cirillo, Maria Carmela Cortazzo, Massimo Minghetti, Raffaele Russo e Antonio Tardio a 7 mesi di reclusione.

Per il risarcimento civile la sentenza della Cassazione rinvia alla decisione del giudice civile in Corte d’Appello.
In primo grado i medici erano stati condannati a pene variabili da due a quattro anni di reclusione, pene ridotte alla metà dalla Corte d’Appello di Salerno, che aveva condannato gli infermieri.

La sentenza della Cassazione ha colto di sorpresa i tanti difensori degli imputati che contavano sull’assoluzione dei loro clienti e hanno continuato a denigrare Mastrogiovanni definendolo – in maniera infondata – violento, drogato, asociale, abbandonato dalla famiglia (solo un avvocato lo ha sempre definito correttamente «il professore Mastrogiovanni»); arrivando finanche a chiedere nel processo di primo grado l’incriminazione dei familiari per lite temeraria e sostenendo che la contenzione è una pratica terapeutica.

Francesco Mastrogiovanni il 31 luglio 2009 venne sottoposto ad un Tso (Trattamento Sanitario Obbligatorio) illegittimo e illegale ordinato non dai medici come prescrive la norma, ma dall’allora sindaco di Pollica, Angelo Vassallo, che per eseguirlo fece sconfinare i suoi vigili in un campeggio del comune di San Mauro Cilento, dove Mastrogiovanni trascorre tranquillamente le vacanze. La sera prima sarebbe entrato con la macchina nell’isola pedonale di Acciaroli e – secondo l’accusa, che si ha ragione di ritenere veritiera – ne sarebbe uscito a folle velocità, senza causare un graffio a nessuno. Inseguito e braccato alla stregua di una belva e di un pericoloso criminale, la mattina successiva entra nel mare di Acciaroli, che abbandona dopo due ore.

Solo allora un medico, capovolgendo la norma, assecondando la richiesta del sindaco, chiede il Tso e una dottoressa, specializzata in medicina dello sport, lo conferma. Mastrogiovanni – come ha testimoniato Licia Musto, proprietaria del campeggio – prima di salire sull’ambulanza, supplica profetico: «Non mi fate portare all’ospedale di Vallo della Lucania, perché là mi ammazzano», ma nessuno dà peso alle sue parole. All’ospedale, nonostante sia intestato a San Luca, comincia il suo tragico calvario. Anche se è tranquillo e saluta i medici, dopo mezz’ora viene – mentre dorme – contenuto contemporaneamente con lacci di plastica ai polsi delle mani e ai piedi. Resterà ininterrottamente legato per ottantotto ore. Per quattro lunghi e caldi giorni non gli danno né da mangiare né da bere. Anzi la contenzione supera la vita e da morto resta legato per altre sei ore, prima che la mattina del 4 agosto 2009 i medici si accorgano che il suo cuore – nell’indifferenza, nella barbarie e nella disumanità – ha cessato di battere a causa di un edema polmonare, dal quale poteva essere salvato.

Sua nipote, Grazia Serra, va a trovarlo, ma un medico non la fa entrare dicendole che lo zio si agiterebbe. La ragazza si meraviglia e torna a casa. La mattina dopo il sindaco di Castelnuovo Cilento, non l’ospedale, telefona alla sorella per dirle: «Franco non è più con noi», e quando chiede se è scappato apprende che è deceduto. Prima l’ospedale aveva telefonato alla moglie di un altro paziente, Giuseppe Mancoletti, anch’egli legato ai polsi, per dirle di portare i panni perché il marito era morto.

La tragica e incredibile morte di Mastrogiovanni è documentata in un lungo e inoppugnabile video disponibile su internet e nel documentario «87 ore» di Costanza Quattriglio trasmesso da Rai 3, che documentano minuto dopo minuto le atrocità alle quali è stato sottoposto.
Mastrogiovanni, alto un metro e 94, era un maestro pacifico e non violento, anarchico e di grande umanità e sensibilità, e i suoi gli alunni lo avevano affettuosamente definito nei loro disegni «il maestro più alto del mondo».

Dopo questa importante e storica sentenza, dovuta al sacrificio di Francesco Mastrogiovanni, non sarà più possibile contenere i pazienti.
Occorre infine sottolineare che nessuno dei medici coinvolti ha subito un giorno di carcere, né sono stati sospesi dal lavoro e uno di loro è indagato per altre due morte sospette sempre per Tso, avvenute recentemente nel reparto dell’ospedale dove lavora.

(Alcune associazioni, tra cui il Comitato d’iniziativa Antipichiatrica di Messina, il Movimento per la Giustizia Robin Hood-Avvocati Senza Frontiere di Milano, Telefono Viola e Unisam di Roma, si erano costituite parte civile nel processo).

FONTE: Giuseppe Galzerano, IL MANIFESTO



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