La guerra commerciale di Trump

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Il rischio di una imminente battaglia sull’automobile. Trump contro il multilateralismo

L’Unione europea ha denunciato ieri alla Wto come «illegale» la decisione degli Usa, entrata in vigore ieri, di alzare i diritti doganali del 25% all’import di acciaio e del 10% sull’alluminio, annullando l’esenzione concessa nel marzo scorso a Bruxelles. La Ue aveva già presentato due settimane fa all’Organizzazione mondiale del commercio una lista di circa 300 prodotti statunitensi da tassare come ritorsione, misure che potrebbero entrare in vigore il 17 giugno.

LA PROSSIMA SETTIMANA i ministri del commercio della Ue potrebbero riunirsi per mettere a punto la reazione (che è stata più immediata e decisa da parte di altri paesi colpiti dalla decisione di Donald Trump, a cominciare dal Canada). La lista Ue può apparire folkloristica, con la prevista tassazione di importazioni di succo d’arancia della Florida, jeans o bourbon, «saremo altrettanto stupidi degli americani» aveva ironizzato nel marzo scorso il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker. La Ue fa attenzione a restare nell’ambito della legalità della Wto: gli Usa colpiscono un import dall’Europa di 6,4 miliardi e la Ue risponde alzando le tariffe su un export statunitense di 2,8 miliardi, cioè una risposta «proporzionata». Ma soprattutto la Ue, di fronte alla nuova prova di improvvisazione e di imprevedibilità dell’amministrazione Trump, spera di poter evitare una guerra commerciale a più sponde, sperando di riprodurre la situazione del 2002, quando già allora gli Usa (amministrazione Bush) avevano aumentato i diritti doganali, ma poi, di fronte alle contromisure europee, li avevano poi annullati.

PER L’EUROPA, la decisione Usa su acciaio e alluminio è a costi contenuti: la Germania è colpita per 383 milioni di dollari (62 per l’acciaio, 321 per l’alluminio), la Francia per 156 milioni (31 per l’acciaio, 125 per l’alluminio), l’Italia per una cifra analoga (24 milioni per l’acciaio, 132 per l’alluminio). Dall’Europa arriva solo una piccola percentuale dei 35 miliardi di import Usa in questo settore. Ma, come sottolinea Eurofer, in Europa potrebbe riversarsi l’acciaio cinese che non trova più sbocchi negli Usa, si tratta di un mercato di 170 milioni di tonnellate e più di 20 sono già state sviate verso la Ue, con un aumento dell’import europeo dell’8,4% nei primi 4 mesi di quest’anno. La Commissione ha avviato un’inchiesta di salvaguardia per le quote di import e a metà luglio potrebbero esserci delle misure di protezione dell’industria europea.

GLI EUROPEI, per il momento, hanno mostrato un fronte comune (anche per difendere un avanzo commerciale Ue verso gli Usa di 120 miliardi, all’origine dell’irritazione di Trump). Ma c’è un grosso rischio di fratture, perché Trump ha una vera e propria ossessione delle automobili tedesche e adesso ne minaccia le importazioni. Per questo la Germania è molto prudente e propende per la ricerca di un accordo con Trump. Angela Merkel teme soprattutto un «rischio di escalation». Sul piano diplomatico, l’Europa si è frantumata sul caso dell’ambasciata Usa a Gerusalemme, Austria, Ungheria e Romania hanno partecipato alla cerimonia.

DIETRO LA BATTAGLIA delle tariffe sull’acciaio e l’alluminio c’è una guerra molto più grave, che riguarda le chiusure protezioniste e il rispetto del multilateralismo. Emmanuel Macron giovedì ha drammatizzato, dopo un dialogo telefonico con Trump: «il nazionalismo economico è la guerra» ha detto (citando Mitterrand). La Commissione, che gestisce la politica commerciale Ue, è molto preoccupata: «è protezionismo puro e semplice» ha detto Juncker, una decisione «ingiustificata e ingiustificabile», «contraria alle regole della Wto», «grottesca» per l’ex segretario della Wto, Pascal Lamy. Juncker ha sottolineato la stupidità della decisione di Trump, che «colpendo chi non è responsabile della sovrapproduzione, gli Usa si rendono dipendenti da coloro che sono responsabili del problema», cioè dei cinesi, all’origine del reale problema di sovrapproduzione. Mercoledì, all’Ocse, il segretario statunitense al Commercio, Wilbur Rose, ha preso di mira il multilateralismo: «non ci piacciono le chiacchere infinte, preferiamo le azioni bilaterali per negoziare». Macron ha ribattuto che il multilateralismo è alla base della relazione transatlantica. La preoccupazione europea è ad ampio raggio: gli Usa sono usciti dall’accordo di Parigi sul clima, poi dall’accordo sul nucleare iraniano. Merkel ha ammesso di recente (ad Aquisgrana) che «l’Europa non può più contare sulla protezione Usa». Sono le basi dell’ordine internazionale degli ultimi 70 anni che stanno saltando, Trump ricorre alla strategia del «Joker» che spariglia il gioco, teorizzata a suo tempo da Henri Kissinger, senza avere però le capacità dell’allora segretario di stato.

FONTE: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO



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