by Marina Catucci | 30 Giugno 2018 9:21
Lo slogan scandito più volte è stato «I care», «Mi importa», un attacco polemico rivolto a Melania Trump che la settimana scorsa era andata a visitare uno dei centri dove sono detenuti i bambini, indossando una giacca dove sulla schiena campeggiava la scritta «A me davvero non importa, e a te?»
NEW YORK. Centinaia di persone, per lo più donne, sono state fermate e fermate – eppure per un breve tempo – a Washington, durante una manifestazione organizzata dalla Women’s March, presso la sede del Senato. Il motivo della protesta è la linea della politica di Trump sull’immigrazione, che fino a ora ha creato un enorme problema di controversie legali e la separazione al confine con il Messico, di oltre 2mila bambini, figli di immigrati illegali, dai propri genitori.
GLI ARRESTI sono avvenuti a Capitol Hill, sede del Congresso, dove l’atrio del senato è stato invaso da centinaia di manifestanti che si sono seduti per terra alzando il pugno chiuso.
Molte donne avevano portato i fogli di alluminio che vengono dati agli immigrati, sia bambini sia adulti, quando vengono portati nelle strutture di detenzione alla frontiera degli Usa. Lo slogan scandito più volte è stato «I care», «Mi importa», un attacco polemico rivolto a Melania Trump che la settimana scorsa era andata a visitare uno dei centri dove sono detenuti i bambini, indossando una giacca dove sulla schiena campeggiava la scritta «A me davvero non importa, e a te?».
LA MANIFESTAZIONE è partita vicino al dipartimento di giustizia, con un breve comizio, durante il quale gli oratori hanno condiviso con i sostenitori le esperienze avute al confine con gli immigrati arrestati. Prima della marcia, i manifestanti si sono divisi in quattro gruppi per rivedere le procedure da mettere in pratica in caso di arresto. In molti erano scesi in piazza proprio con lo scopo di farsi arrestare per manifestazione non autorizzata, tattica di protesta non violenta, questa, comune negli Stati uniti, utilizzata per far clamore ed entrare nei notiziari tramite la disobbedienza civile e dare visibilità ai contenuti della protesta. A dare solidarietà e partecipare alla manifestazione sono arrivati anche senatori democratici, come Ed Markey del Massachusetts, Mazie Hirono delle Hawaii, Kirsten Gillibrand di New York e Richard Blumenthal del Connecticut; Tammy Duckworth, senatrice dell’Illinois, ha partecipato alla protesta sulla sua sedia a rotelle con la figlia sulle ginocchia. Tra gli arrestati è finita anche la rappresentante alla camera per lo Stato di Washington, Pramila Jayapal.
IL NOME che ha fatto più clamore è stato quello dell’attrice 71enne Susan Sarandon, anche lei tra le quasi 600 persone arrestate. Sarandon è un’attivista che non è nuova alle manifestazioni e agli arresti, non è la prima volta che si esprime contro Trump, l’aveva fatto anche subito dopo la sua elezione; a quel tempo, però, aveva ricevuto molte critiche, perché accusata di far parte di quella frangia di liberal inflessibili che per alcuni hanno contribuito a disperdere i voti. L’attrice, infatti, sostenitrice del socialista Bernie Sanders, non aveva gradito la candidatura di Hillary Clinton voluta dal partito, e aveva appoggiato la candidatura di Jill Stein, leader del Partito dei Verdi.
ORA CON L’HASHTAG #WomenDisobey si stanno organizzando altre manifestazioni di resistenza alle politiche di Trump che. Le donne e chi aderirà alle loro proteste non si limiteranno a sfilare nei cortei, ma verranno organizzati più eventi destabilizzanti di disobbedienza civile. Mari Cordes, candidata alla Camera del Vermont, anche lei tra le arrestate, dopo il rilascio ha dichiarato «Il nostro è stato un arresto da privilegiati. Non protestare da parte nostra, sarebbe colpevole».
FONTE: Marina Catucci, IL MANIFESTO[1]
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