La privacy come merce dell’epoca dei Big Data

by Benedetto Vecchi | 5 Giugno 2018 9:54

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Il libro del garante della riservatezza sarà presentato martedì 5 giugno a Roma (ore 17.30)

Il diritto alla privacy non può essere sacrificato sugli altari del mercato o della sicurezza nazionale. E la riservatezza non va intesa nell’ottica riduzionista della cultura giuridica e politica anglossassone, che la interpreta come il diritto a vivere all’interno delle mura domestiche, al riparo da ingerenze esterne da parte dello Stato nazionale. La privacy, semmai, attesta il fatto che ogni uomo e donna vive all’interno di una fitta trama di relazioni sociali e che l’appartenenza a quelle reti sociali non può ledere dignità e libertà dei singoli. Dunque è una misura dello stato di salute dei rapporti sociali.

Antonello Soro colloca in questo orizzonte la sua attività di Garante dell’authority sulla privacy, richiamando l’opera pionieristica di Stefano Rodotà sul tema alla luce della trasformazione in una infrastruttura tecnologica universale della comunicazione on line; segnalando inoltre la cornice necessariamente sovranazionale degli interventi legislativi e il ruolo attivo delle authority nazionali nel promuovere modifiche giuridiche definite, attuate e applicate all’interno appunto di una dimensione sovrananzionale.

SORO METTE nero su bianco le sue riflessioni attorno alla privacy maturate in sette anni di attività di garante in un volume dal titolo Persone in rete (Fazi editore, pp. 150, euro 18. Il libro sarà presentato oggi a Roma, alle ore 17.30 nell’Aula del Palazzo dei gruppi parlamentari, Via Campo Marzio 78). Un libro che esce in concomitanza dell’entrata in vigore del nuovo regolamento europeo sulla riservatezza e sullo spostamento e sfruttamento economico dei dati personali che ha visto proprio Soro tra i protagonisti della sua definizione.

LA PRIVACY, così come le tecnologie che hanno a che fare con i dati personali, sono un continente in divenire, dove i concetti di identità personale, di democrazia, di attività economica della modernità sono rimessi in discussione.
Il primo aspetto, l’identità, va commisurato al fatto che nelle attività in rete si manifestano gli interessi culturali, le passioni, le convinzioni politiche, religiose, la storia sanitaria nonché i consumi dei singoli. Una impresa che raccolga questi dati definisce l’identità personale come un patchwork dove passato e presente scandiscono un incessante divenire. Ma le imprese dei Big Data hanno il loro punto di forza economico nella loro capacità predittiva, cioè in quel loro riuscire a ipotizzare comportamenti futuri.

L’IDENTITA’, in questo caso, è monca della capacità di autodeterminazione informativa e di autonomia, perché è l’esito di una elaborazione «matematica» dei tanti siti, messaggi, click fatti nel corso della propria vita in Rete. Questo non significa che le imprese vogliono «spirare» il singolo, ma lavorare a una «profilazione» talvolta anonima, a patto però di un’«uscita» dall’anonimato qualora, cioè spesso, il business lo richieda.

IL SECONDO ASPETTO è la democrazia. Su questo tema, la parola d’ordine sul «diritto ad avere dei diritti» viene evocata come un antidoto al populismo politico e penale, che privilegiano la spettacolarizzazione della discussione pubblica e dell’accertamento della responsabilità individuale in caso di violazione della legge.

Antonello Soro è però consapevole dei limiti del «garantismo» e degli istituti della rappresentanza politica in un habitat dove la raccolta e elaborazione dei dati non è un fattore di contingenze, bensì sistemico di una economia spesso definita come «economia dei Big Data». Significativa è la parte del volume dedicata al web scraping e l’opinion mining, cioè l’estrazione di dati da un sito internet attraverso software specifici senza che i gestori del sito o i diretti interessati siano consapevoli di quanto accade e della cattura di opinioni.

SONO TECNICHE E ATTIVITÀ usate in nome dell’«uomo di vetro» sottoposto a un regime di precarietà dove le tecnologie per controllare proprio i lavoratori, attraverso il monitoraggio delle loro mail o attraverso gli smart working – i dispositivi tecnologici indossati dai lavoratori, come evocato dal caso dei braccialetti elettronici pensati per farli indossare dai dipendenti di Amazon.

C’è tuttavia un limite che emerge nel libro. Antonello Soro ritiene che il compito della politica, anche attraverso le authority, sia di compensare gli «squilibri» provocati dal libero mercato. Punto di vista condivisibile, che però nell’economia di cattura del web può risultare fuorviante.

COME ATTESTA IL CASO di Cambridge Analytica sono i dati a essere raccolti, elaborati e venduti a esponenti politici. Si può dire che un presidente degli Stati Uniti sia stato eletto grazie all’economia dei Big Data, arrivando al paradosso di criticare quelle stesse imprese di Silicon Valley che lo hanno aiutato a vincere le presidenziali perché cosmopolite e poco attente alla sicurezza nazionale. Quando sono in ballo i dati personali come materie prime di una attività produttiva, la politica dovrebbe di fatto porri vincoli rigidi, anche se poi sono gli stessi stati nazionali ad appropriarsi dei medesimi dati per i compiti di controllo e sicurezza nazionale.

La privacy cioè è un buon osservatorio per vedere i delicati equilibri tra cooperazione e competizione tra imprese e sistemi politici all’interno di un «complesso militare-digitale». Da questo punto di vista, politica ed economia hanno un rapporto di interdipendenza, con una egemonia dell’«economico» che non cancella tuttavia le responsabilità del politico di una manipolazione dell’opinione pubblica. La posta in gioco, dunque, più che ripristinare l’onore perduto del politico è una critica all’economia politica dei Big Data dove imprese e stati nazionali sono due volti di una stessa medaglia.

FONTE: Benedetto Vecchi, IL MANIFESTO[1]

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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