Migranti, la nave Diciotti ostaggio per 24 ore, infine grazie a Mattarella lo sbarco

by Adriana Pollice | 13 Luglio 2018 8:53

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Per tutto il giorno le magliette rosse sulla banchina agitano le manette per protesta contro il leghista

Bloccati sulla nave Diciotti della Guardia costiera italiana nel porto di Trapani per assecondare il diktat del ministro dell’Interno Salvini, che ieri aveva tuonato: «Non autorizzo nessuno a scendere». In serata il presidente Sergio Mattarella però chiama il premier Conte di ritorno da Bruxelles. Chiede chiarimenti. E poco dopo da Palazzo Chigi arriva la notizia dell’inizio dello sbarco: «Sono state completate le procedure di identificazione».

I 67 naufraghi (tra i quali appunto tre donne e sei bambini) sono stati salvati domenica al largo della Libia dal mercantile Vos Thalassa, che avrebbe poi dovuto consegnarli alla Marina di Tripoli. Ma i migranti, scoperta la rotta, si sarebbero «ammutinati» mettendo in «grave pericolo» l’equipaggio. Così sono stati presi in carico dalla Diciotti per arrivare al porto di Trapani, indicato dal ministro dei trasporti.

Sarebbero dovuti arrivare mercoledì ma Salvini ha dettato le sue condizioni scavalcando la magistratura. Per assecondare il Viminale, polizia e capitaneria di Porto si sono precipitati sul pattugliatore, ancora al largo della Sicilia, per interrogare i naufraghi mentre un funzionario della Questura e un ufficiale dello Sco facevano rotta sulla Vos Thalassa per verificare la versione dell’equipaggio.

In attesa degli esiti dell’inchiesta lampo, l’attracco della Diciotti è stato posticipato a ieri mattina alle otto. Alle otto però sulla banchina c’erano solo le forze dell’ordine. Alle 11 dei migranti ancora non c’è traccia. Il pattugliatore è rimasto vicino Favignana per tutta la mattina, quando sembrava a un passo dall’attracco è dovuto tornare verso le Egadi. Poco prima delle 13 arriva la spiegazione: il Viminale non dà il via libera. Alle 14 è ii Trasporti che interviene: la nave ha l’ok ad attraccare. Un’ora dopo la Diciotti entra in porto e sembra la fine dell’odissea, Conte l’annuncia in tempo reale alla riunione della Nato a Bruxelles.

E invece no. Salvini dal vertice di Innsbruck punta i piedi: «Finché non c’è chiarezza su quanto accaduto non autorizzo nessuno a scendere dalla Diciotti: se qualcuno lo fa al mio posto se ne assumerà la responsabilità politica». Sul molo restano gli attivisti con le magliette rosse che scandiscono lo slogan «la libertà dei popoli non ha confini, siamo tutti clandestini» facendo tintinnare finte manette, invocate dal leader leghista.

La squadra mobile e lo Sco nel pomeriggio hanno consegnato il rapporto in procura. In serata arriva la notizia dell’iscrizione di un procedimento penale a carico di Ibrahim Bushara, sudanese, e di Hamid Ibrahim, ghanese: a entrambi viene contestato il concorso in violenza privata continuata e aggravata in danno del comandante e dell’equipaggio del Vos Thalassa. La squadra mobile starebbe valutando altri profili di reato ma i capi di imputazione per ora non sono abbastanza gravi per un arresto.

Circola però una versione differente dell’«ammutinamento». Cristiano Vattuone, portavoce della Vroon, la società olandese proprietaria della Vos Thalassa, ha raccontato a La Verità: «Nessuna insurrezione a bordo, nessuno è stato pestato. Ci sono stati momenti di tensione perché siamo stati due giorni e mezzo in attesa e i migranti non volevano essere riconsegnati ai libici, che poi non si sa cosa ne facciano». Il sospetto è che l’equipaggio abbia chiesto aiuto per non rimanere bloccato con i naufraghi a bordo, come era già successo al cargo danese Alexander Maersk. Ieri però Christopher Savoye, responsabile Affari legali della Vroon, ha dato una versione differente: «Il personale è stato circondato e spintonato, alcuni hanno mimato il gesto del taglio della gola. La nostra unità ha chiesto assistenza al Centro di coordinamento di Roma e il comando ha organizzato il trasferimento dei migranti».

Salvini vuole comunque un colpevole: «Non voglio farmi prendere in giro: o hanno mentito gli armatori, e allora devono pagare, o l’aggressione c’è stata e allora i responsabili devono andare in galera». E ancora: «In procura c’è un dibattito, io non ho nessuna fretta di farli sbarcare. Attendo il riscontro delle indagini per sapere se ci sono delinquenti a bordo». Non c’è fretta, spiega l’inquilino del Viminale: i 67 sono in mare almeno da domenica, ieri sono rimasti seduti sul ponte della nave, con l’afa e il sole che batte. La procura di Trapani però vuole sentire le testimonianze di tutti i naufraghi. Quando sulla nave arriva la voce che lo sbarco è imminente partono i cori «olè, olè».

FONTE: Adriana Pollice, IL MANIFESTO[1]

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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