Il ministro Toninelli: «Nazionalizzare conviene: autostrade più sicure con i pedaggi allo Stato»

Il ministro Toninelli: «Nazionalizzare conviene: autostrade più sicure con i pedaggi allo Stato»

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ROMA. Ministro, lei ha già chiesto le dimissioni dei vertici di Autostrade, ma la società risponde di no, perché le cause del crollo e le eventuali responsabilità devono essere accertate dalla magistratura, sostiene.

«Che le indagini facciano il proprio corso mi pare naturale. Qui siamo su un altro piano, quello dell’opportunità — dice il ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli —. Come si può pensare che i vertici di un’azienda che non è stata in grado di evitare una strage, facendo ciò che era obbligata per contratto a fare, cioè la manutenzione, possano rimanere al proprio posto? È semplicemente disumano».

Autostrade è una società privata, il governo non può obbligarla.

«Privata è la società, non il servizio pubblico che avrebbe dovuto garantire. Quindi oltre che legittima, è assolutamente doverosa la richiesta di dimissioni. Anzi, in un Paese civile, non sarebbero nemmeno da chiedere».

Accetterete la proposta di Autostrade di costruire un ponte in acciaio in 8 mesi o sceglierete una soluzione diversa con altri soggetti?

«Non ci sarà alcuno scambio tra eventuali opere di risarcimento danni a cose e beni, semplicemente doverose e scontate, e la procedura di ritiro della concessione già avviata. A parte che ricostruire il ponte è comunque un obbligo in capo al concessionario».

Eventualmente oggi lo Stato sarebbe in grado di costruire da sé il ponte?

«Difficile per lo Stato fare peggio di ciò che abbiamo visto il 14 agosto».

Toglierete il segreto dalle parti non note dei contratti fra lo Stato e Autostrade e anche sulle altre concessioni con altre società?

«Assolutamente sì. Non può esistere segreto commerciale o di Stato di fronte a contenuti di preminente interesse pubblico. Stiamo per mettere fine alla opacità che ha garantito il patto inconfessabile tra vecchia politica e certi potentati economici».

Perché il governo ha deciso la procedura di “caducazione” della convenzione anziché quella della revoca?

«Caducazione è un termine più generico che comprende revoca, rescissione, risoluzione, recesso, persino la denuncia per nullità».

Nel caso venga tolta la concessione ad Autostrade, gli oneri per lo Stato sarebbero comunque alti, fino a 20 miliardi secondo alcune stime. È così? Oppure la nazionalizzazione, al netto di un costo iniziale, poi sarebbe conveniente?

«Sarebbe conveniente. Pensi a quanti ricavi e margini tornerebbero in capo allo Stato attraverso i pedaggi, da utilizzare non per elargire dividendi agli azionisti, ma per rafforzare qualità dei servizi e sicurezza delle nostre strade. Autostrade ha accumulato 10 miliardi di utili in 15 anni».

Se andrete avanti nella procedura di caducazione, si entrerà in un lungo contenzioso legale. Nel frattempo che succede? Sarà Autostrade a gestire la rete?

«L’articolo 9 della convenzione è chiaro: il concessionario resta obbligato a proseguire nell’ordinaria amministrazione dell’esercizio delle autostrade fino al trasferimento della gestione stessa. E d’ora in poi lo dovrà fare con i livelli di manutenzione e di sicurezza previsti dal contratto e dalla legge».

La struttura di vigilanza del ministero non è in grado di assicurare controlli adeguati sulle concessionarie. Come utenti non possiamo quindi stare tranquilli. Non crede sia questo il problema più urgente?

«Non mi nascondo dietro un dito: la vecchia politica ha portato lo Stato ad abdicare prima al suo ruolo di gestore e poi a quello di efficace controllore. Tuttavia le responsabilità sostanziali sulla tenuta strutturale delle opere sono del concessionario».

Non ritiene che il Movimento 5 Stelle dovrebbe fare autocritica su alcune prese di posizione sulla Gronda, a cominciare dall’aver definito una “favoletta” il rischio che il ponte crollasse, e più in generale sull’ostilità alla grandi infrastrutture?

«Il tema Gronda è un falso problema, meschinamente strumentalizzato in questi giorni. Stiamo parlando di un’opera che ottimisticamente sarebbe pronta nel 2029: cosa c’entra con un ponte crollato nel 2018? Non siamo assolutamente contrari alle grandi opere utili. Anzi, ne servono tante al Paese. Ma qui c’è un problema diverso, di manutenzione ordinaria e straordinaria dell’esistente. Che è proprio quello che non hanno fatto quelli delle grandi opere che oggi ci contestano e che invece dovrebbero chiedere scusa e poi tacere».

Il sottosegretario Edoardo Rixi (Lega) dice che la Gronda è necessaria e si farà.

«È in corso l’analisi costi benefici. Non abbiamo pregiudizi, ma solo la volontà comune di fare bene senza sprecare un solo euro».

Ai funerali gli esponenti del Pd sono stati fischiati. Lo trova giusto?

«Vogliamo criticare le reazioni naturali di persone che hanno vissuto un dramma come quello? Mi sembra assurdo. Gli italiani hanno capito come il Pd abbia incarnato quella politica accondiscendente verso determinati soggetti e poteri, da cui i partiti hanno tratto benefici in cambio di un sistematico saccheggio di risorse. A scapito dell’erario e, tragicamente, della sicurezza dei cittadini».

* FONTE: Enrico Marro, CORRIERE DELLA SERA



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