L’Italia delle grandi fragili opere, tanti i disastri

L’Italia delle grandi fragili opere, tanti i disastri

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Negli ultimi 14 anni c’è stata una lunga scia di crolli da nord al sud del paese. Nel 2004 un ponte in fase di collaudo sul torrente Vielia, a Tramonti di Sopra, in provincia di Pordenone, venne giù per un cedimento. Un autista rimase ferito. In Liguria, nella notte tra il 21 e il 22 ottobre 2013, a causa di un nubifragio crollò il ponte a Carasco sul torrente Sturla: due i morti. Nello stesso anno, il mese dopo, un’alluvione che colpì la Sardegna distrusse il ponte sulla provinciale Oliena-Dorgali. Morto un agente di polizia, feriti tre suoi colleghi: la loro vettura stava scortando un’ambulanza.
Il 7 luglio 2014 ci furono quattro feriti nel crollo di un tratto del viadotto Lauricella, lungo la statale 626 tra Ravanusa e Licata, in provincia di Agrigento. Era stato inaugurato con tre mesi di anticipo. Dopo dieci giorni venne giù il viadotto Scorciavacche sulla Palermo-Agrigento. La terribile seguenza in Sicilia si conclude il 10 aprile 2015, con il cedimento di un pilone del Viadotto Himera sull’Autostrada A19 Palermo-Catania.

L’anno dopo tocca al Nord. Il 28 ottobre un cavalcavia sulla provinciale 49 Molteno-Oggiono cede al passaggio di un tir sulla superstrada Milano-Lecco, un morto e quattro feriti. Il 9 marzo 2017 lungo l’autostrada A14 Adriatica, tra Camerano e Ancona Sud, nelle Marche, si sbriciola un ponte in ristrutturazione. Due deceduti e due feriti. L’ultimo caso, prima di Genova, si è verificato il 18 aprile 2017: a venire giù è stato un viadotto della tangenziale di Fossano. La struttura era stata realizzata negli anni Novanta e inaugurata nel 2000.

Alcuni casi riguardano nuove opere, in altri, come a Genova, sono strutture vecchie: «Gran parte delle infrastrutture viarie italiane – spiega il Cnr – ha superato i 50 anni di età, che corrispondono alla vita utile delle opere in calcestruzzo armato realizzate nel dopoguerra. Decine di migliaia di ponti in Italia hanno superato, oggi, la durata di vita per la quale sono stati progettati».

In base alla relazione del ministero dei Trasporti, aggiornata al 2016, Autostrade per l’Italia, con i suoi 2.857,5 chilometri, ha in concessione oltre la metà della rete. I ricavi netti da pedaggio sono andati aumentando fino a raggiungere, nel 2017, 1.740 milioni di euro. Eppure dai dati del Mit si ricava che nel 2016, a fronte di una crescita generalizzata (6,896 miliardi di fatturato, l’83% da pedaggi), le società concessionarie hanno contenuto i fondi per manutenzione. Nel 2016 ci sono stati investimenti per 1,064 miliardi con un taglio del 23,9%. Per la manutenzione impiegati 646 milioni, in calo del 7,3% rispetto al 2015.

* Fonte: Adriana Pollice, IL MANIFESTO

photo: Di Glabb – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=26047876



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