Migranti. Asso 28, le regole in mare e la precedente condanna

by Luigi Ferrarrella * | 1 Agosto 2018 15:42

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Ma il respingimento in subappalto vale? Rimarcare — come fa il ministro dell’Interno Salvini — che la Guardia costiera italiana non abbia partecipato alle manovre con cui la nave commerciale italiana «Asso 28» ha salvato 101 persone in mare, e che siano stati invece i libici a coordinare l’intervento durante il quale la nave commerciale italiana le ha poi riportate e trasbordate in Libia, potrebbe non bastare a evitare l’onta di un’altra sentenza «Hirsi contro Italia»: il verdetto con cui nel 2012 la «Corte europea dei diritti dell’uomo» di Strasburgo condannò l’Italia per violazione nel 2009 del divieto di respingere migranti verso Paesi dove possano essere sottoposti a trattamenti inumani o degradanti. Quel caso non era perfettamente sovrapponibile all’attuale, perché il 6 maggio 2009 i 24 somali ed eritrei erano stati presi a bordo e poi riportati in Libia da navi della Marina militare italiana: cambia qualcosa se la nave italiana non è militare, e se a guidare il trasbordo sono i libici con i quali la nave ha ricevuto dalla centrale operativa italiana l’ordine di coordinarsi? Strasburgo nel 2009, una volta ribadito che in acque internazionali chi mette piede su una nave mette piede sul territorio (ed è sottoposto alla giurisdizione) del Paese di cui la nave batte bandiera, ravvisò poi la violazione non solo dell’articolo 3 della Cedu per aver riportato i migranti in Libia, che non è «porto sicuro» (neanche ha mai firmato la Convenzione di Ginevra) e dove anzi erano (e sono) esposti al concreto rischio di tortura; ma anche degli articoli 4 e 13 che vietano i respingimenti collettivi, cioè senza valutazione di ogni singola richiesta di asilo e senza possibilità di ricorso effettivo. Gli Stati «devono astenersi dal rinviare una persona (direttamente o indirettamente) là dove essa potrebbe correre il rischio reale di essere sottoposta a trattamenti inumani o degradanti»: avverbio — anche «indirettamente» — che non pare conciliarsi con i respingimenti italiani in subappalto libico.

Un imprenditore vinicolo trevigiano ha comprato e fatto pubblicare ieri una pagina su alcuni quotidiani, tra cui il Corriere, per esprimere il suo no al razzismo: «Intolleranti verso l’intolleranza», ha scritto Paolo Polegato di Astoria, sotto l’immagine di una ragazza africana le cui labbra sono colorate di verde, bianco e rosso: «La violenza delle parole e dei fatti non è più tollerabile. Non rappresenta né l’Italia né gli italiani. Il rispetto della persona prescinde colore, genere e religione».

* FONTE: Luigi Ferrarrella, CORRIERE DELLA SERA[1]

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  1. CORRIERE DELLA SERA: http://www.corriere.it/

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