Migranti sempre bloccati sulla Diciotti da Salvini

by Leo Lancari * | 22 Agosto 2018 17:41

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Quando sono passate da pochi minuti le otto di sera il Viminale spegne ancora una volta le speranze dei migranti che da sei giorni si trovano a bordo della nave Diciotti di poter mettere finalmente i piedi a terra. «Salvo colpi di scena», fanno sapere i collaboratori di Matteo Salvini, nelle prossime ore il ministero degli Interni non autorizzerà sbarchi. Per i 177 disperati, tra i quali anche venti bambini, salvati il 14 agosto in acque Sar maltesi, ma anche per l’equipaggio della Guardia costiera, significa l’ennesima notte a bordo. Ma vuol dire anche un ulteriore innalzamento dello scontro tra il titolare del Viminale e Bruxelles, insieme alla possibilità che l’Italia resti sempre più isolata in Europa.

Del resto arrivare a una resa dei conti con l’Unione europea è quello che Salvini vuole da sempre. A facilitargli le cose, poi, ci sono le mancate promesse di chi lo scorso 16 luglio si era impegnato a prendere una quota dei 450 migranti sbarcati a Pozzallo e non l’ha fatto. E Salvini non perde occasione per ricordarlo: «Solo la Francia ha mantenuto l’impegno accogliendone 47» dice il ministro. Spagna, Irlanda, Germania e Malta, ricorda, «zero». Fin troppo facile quindi per il leghista rinfacciare all’Unione europea di «non mantenere i patti» e per questo continuare a tenere i migranti della Diciotti prigionieri.

A Bruxelles per ora prevale il silenzio. Ieri un portavoce della Commissione europea ha solo confermato la ricerca di governi disponibili a intervenire, senza però fare nomi. Anche perché, nonostante lunedì sera sia stata ventilata una possibile disponibilità da parte di Francia e Spagna, l’impressione è che nessuno voglia cedere a quello che ormai tutti considerano un ricatto da parte del ministro degli Interni italiano. Le Monde arriva a metterlo nero su bianco: «L’imbroglio non è finito per i 177 migranti della Diciotti, ancora una volta ostaggi di un ricatto del ministro dell’ Interno», scrive il quotidiano francese dando voce al malumore esistente ormai in molte capitali. Difficile prevedere come la situazione potrà essere sbloccata, anche perché Salvini pretende che tutti i migranti che si trovano a bordo vengano distribuiti in Europa e che nessuno resti in Italia.

All’ancora nel molo di Levante del porto di Catania, ieri alla Diciotti ha potuto ricevere rifornimenti di cibo e viveri, ma fino a ieri sera non è stato possibile per nessuno, neanche per il personale sanitario, salire a bordo per verificare le condizioni di salute dei migranti. Giusto per far salire la tensione, dal Viminale si è anche fatto sapere che la nave è stata autorizzata solo a fare uno «scalo tecnico» nel porto siciliano, che significa rifornimento di carburate oltre che di generi alimentari. Come se dovesse riprendere il mare da un momento all’altro, magari per riportare in Libia, come minacciato da Salvini, quanti si trovano a bordo. Cosa vietata da tutti i trattati internazionali e quindi praticamente impossibile.

Intanto aumentano le prese di posizione da parte di organizzazioni internazionali, associazioni e sindacati. Carlotta Sami, portavoce per il Sud Europa dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr) ha ricordato come le persone a bordo della Diciotti «hanno subito abusi, torture, sono vittime di tratta e di traffico di esseri umani. Hanno bisogno urgente di ricevere assistenza e diritto di chiedere asilo. Un diritto fondamentale, non un crimine», ha concluso Sami. Per Magistratura democratica la decisione di bloccare nel porto di Catania una nave della Marina italiana «suscita interrogativi inquietanti di vario tipo. A cominciare dal potere del ministro di adottare una simile decisione. Per non dire della privazione della libertà di persone senza alcun intervento della magistratura. Si tratta – conclude l’associazione con quello che appare come un appello al Quirinale – di un’ulteriore violazione dei valori e delle regole della Costituzione. Auspichiamo che nessuno resti silente». Interviene anche il Garante delle persone detenute, Mauro Palma, insieme a Medici senza frontiere e Save the Children. Come l’Unhcr, anche le due ong ricordano che a bordo si trovano «minori, donne, persone che sono state anche un anno e mezzo nei centri di detenzione in Libia: è inammissibile – concludono – negare per un periodo così lungo l’assistenza a queste persone e ai bambini».

* Fonte: Leo Lancari, IL MANIFESTO[1]

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