Alla frontiera di Claviere una questione umanità

Alla frontiera di Claviere una questione umanità

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Gli enti locali si pongono il problema del soccorso ai migranti dopo lo sgombero del rifugio autogestito Chez Jesus

E’ giunto ieri pomeriggio a Claviere il prefetto Massimo Bontempi, direttore centrale del settore immigrazione e polizia di frontiera. L’inviato del ministro Matteo Salvini si è recato al punto di guardia lungo la linea di confine con la Francia, dove da tre giorni sono schierate en plein air due camionette, dieci poliziotti e agenti in borghese.

A poca distanza dal corpo di guardia da tempo abbandonato – ma che recentemente ha avuto lavori di ristrutturazione – il prefetto ha dichiarato: “Questi fatti, gli sconfinamenti, sono stati presi sul serio perché non sono scherzi goliardici. La sovranità nazionale è un tema su cui non possiamo transigere né derogare. Sono venuto qui per dare un’occhiata – ha aggiunto – la nostra vuole essere una presa di contatto con la realtà. Abbiamo voluto vedere di persona i luoghi dove avvengono i fatti. La situazione non è stata presa alla leggera, sono successe cose gravi, in particolare gli episodi di sconfinamento che sono verosimilmente accaduti. Ora se ne stanno occupando una questura e una procura di eccellenza. Riferirò al capo della polizia e al ministero le decisioni che sono state messe sul tavolo. Sono sicuro che si troveranno risposte e soluzioni. Per ora il presidio al confine rimane. Questa parte di territorio è la più sensibile. Non dimentichiamoci che fa sempre parte della frontiera. L’Italia e la Francia sono due grandi nazioni. È giusto che le cose vengano affrontate nella maniera più razionale, ma non si transige sulla sovranità nazionale”.

Il “corpo di guardia” visitato dal prefetto è posto in una piazzola adiacente la strada statale, laddove l’asfalto passa dal grigio scuro francese ad una nuance più chiara, italiana. Intorno solo aghi di larice caduti, silenzio e qualche turista incuriosito.

Di giorno i militari non hanno molto da fare, mentre la notte congelano in attesa della “restituzione” dei migranti.
Che ogni sera partono dopo l’arrivo dell’ultimo autobus di linea a Ulzio: si ritrovano nelle vie nascoste del paese, in questo periodo deserto, e dopo essere stati catechizzati da un passeur – figura materializzatasi dopo lo sgombero del rifugio Chez Jesus – si incamminano nel buio della notte lungo i sentieri che portano a Montgenèvre prima e Briançon poi.

Telefoni spenti, nessuna torcia, silenzio assoluto.

Ma la Francia ha stretto le maglie e non passa più nessuno. I circa venti che partivano domenica sera erano poi restituiti, tutti, lunedì mattina. Procedura regolare, dopo le polemiche italiane: i migranti vengono fermati nella notte poco oltre la frontiera, dove inizia la discesa verso il fondovalle. Condotti in una caserma venivano trattenuti fino al mattino. Seguiva la riconsegna a gruppetti ai poliziotti schierati a difesa della sovranità. Pochi si fermano in paese, per riprovarci, la maggior parte capisce che anche la Francia sta facendo una “questione di principio” e quindi non c’è nessuna possibilità di passare.

Sabato il prefetto della regione delle Hautes Alpes, Cécile Bigot-Dekeyze, ha chiesto – su indicazione del ministro Christophe Castaner – un vertice tra prefetture. Torino e Hautes Alpe allo stesso tavolo per disinnescare la polemica e raggiungere un accordo prima dell’arrivo dell’inverno: anche per preservare l’industria del turismo che opera su entrambi e lati del confine.

Intanto per la prima volta, a livello di istituzioni locali, si discute se approntare un punto di soccorso per i migranti a Claviere: dopo lo sgombero di Chez Jesus i migranti che vengono respinti rischiano di vagare per le montagne senza un punto di salvezza. Al momento è presente un’ambulanza della Croce rossa ogni notte.

* Fonte: Maurizio Pagliassotti, IL MANIFESTO



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