* Fonte: Anna Maria Merlo, IL MANIFESTO
Francia. Immigrazione e Europa spaccano la sinistra
Francia. Malumori nel Pcf e tentativo di avvicinamento tra Génération.s e comunisti
PARIGI. Scosse di terremoto nella sinistra francese, tra scissioni (Ps), contestazioni della direzione (Pcf), dubbi sull’immigrazione (France Insoumise), tentativi di riavvicinamento (Génération.s con il Pcf), il tutto in vista delle elezioni europee dove le liste in concorrenza saranno numerose (Verdi compresi). Ieri, il capofila dell’ala più a sinistra, l’eurodeputato Emmanuel Maurel, ha sbattuto la porta del Ps, proprio nel giorno – simbolico – dell’abbandono definitivo della sede storica di rue Solférino (venduta per mancanza di soldi a causa del crollo elettorale, gli uffici del Ps si spostano in periferia, a Ivry-sur-Seine). “Non è un’uscita ma una scissione” afferma Maurel, che abbandona il partito assieme alla storica senatrice Marie-Noëlle Lienemann e, a suo dire, “centinaia di funzionari e politici locali, sindaci”. Affermazione definita “stravagante” dal segretario, Olivier Faure (anche lui della “fronda” durante la presidenza Hollande, assieme a Maurel), che si barcamena, dopo aver già dovuto affrontare fughe a destra, verso Macron, sulla linea di Manuel Valls (ora candidato a sindaco di Barcellona) o aver subito la defezione del candidato socialista alle ultime presidenziali, Benoît Hamon, che ha fondato Génération.s. Il testo di Faure sull’Europa ha scontento tutti, a sinistra ma anche a destra del Ps (il commissario Pierre Moscovici non sarà sulla lista Ps). “Il Ps non corrisponde più all’idea che mi faccio di socialismo”, ha spiegato Maurel. Incapace di incarnare la resistenza al neo-liberismo, mancanza di presa di distanze dalla Ue attuale, Maurel enumera le ragioni che ormai lo allontanano dalla socialdemocrazia. E ne aggiunge una, che è ora al centro di una polemica che ha investito la France Insoumise: l’immigrazione. Maurel invita a “non cadere nella trappola che dice che oggi quello che impedisce l’unione a sinistra è la questione dei migranti”. Ma aggiunge, giustificando cosi’ di non aver firmato il Manifesto per l’accoglienza dei migranti, pubblicato da Regards, Politise Mediapart con 150 nomi, dall’economista Thomas Piketty allo storico Roger Martelli o il calciatore impegnato Lilian Thuram (la petizione ha raccolto più di 40mila firme): non ho firmato perché nel Manifesto“c’è un parallelo tra la libera circolazione dei capitale e quella degli esseri umani”. Anche Jean-Luc Mélenchon rifiuta il Manifesto. Nella France Insoumise ha firmato solo la deputata Clémentine Autain. All’interno, ci sono state forti discussioni. La maggioranza vicina a Mélenchon rimprovera al testo di non aver tenuto conto della posizione difesa dalla France Insoumise in occasione del dibattito parlamentare sulla legge Asilo-Immigrazione dell’ormai ex ministro degli Interni, Gérard Collomb. France Insoumise insiste sul fatto di aver voluto rompere il circolo infernale tra diritto d’asilo o espulsione, chiedendo uno statuto per migranti climatici e economici. Ma resta il fatto che Mélenchon difende le frontiere e la possibilità di regolare i flussi. Del Manifesto la maggioranza della France Insoumise non accetta l’idea che “le immigrazioni aumenteranno, volontarie o costrette” e che quindi bisogna aprirsi, che “è illusorio pensare che potremo contenere o addirittura interrompere i flussi migratori”. Cosa fare allora? Chiudere le frontiere, lasciare la polizia reprimere? Il Manifesto: “non bisogna fare nessuna concessione a queste idee, che l’estrema destra ha imposto, su cui la destra si è troppo sovente allineata e che tentano anche una parte della sinistra”. La frase va di traverso a France Insoumise. Di recente Mélenchon ha dovuto prendere le distanze da un suo consigliere, Djordje Kusmanovic, che si era scagliato contro “la buona coscienza di sinistra che impedisce di riflettere concretamente sul modo per rallentare o fermare i flussi migratori”, riprendendo in Francia le posizioni della tedesca Aufstehen, scissione di Die Linke. Ma questa presa di distanza tiepida non ha convinto né il Pcf né Génération.s: “cadono le dighe con l’estrema destra”, hanno messo in guardia, cercando un riavvicinamento. Nel Pcf, c’è una certa confusione, in vista del congresso: la mozione del segretario, Pierre Laurent, è arrivata dietro quella del deputato André Chassaigne, critica verso la sudditanza a France Insoumise, che ha impedito ai comunisti di presentare un candidato alle presidenziali del 2017.
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