Omicido Khashoggi, la prima crepa per i Saud (e per l’alleato Occidente)

by Alberto Negri * | 17 Ottobre 2018 10:15

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Dopo l’omicidio Jamal Khashoggi. I sauditi non vincono la guerra in Yemen, hanno perso quella per procura in Siria contro Assad e l’Iran, litigano con gli altri arabi e tra loro per la successione al trono. I custodi della Mecca non possono neppure aggrapparsi alla favoletta di riformare una monarchia assoluta, legittimata su rigide basi religiose

C’è del marcio a Riad ma anche a Washington e nelle ipocrite cancellerie europee. Trump ha inviato ieri d’urgenza il segretario di Stato Mike Pompeo, più che per accertare un’indicibile verità sulla fine del giornalista Jamal Khashoggi, per capire se i Saud reggono ancora. I sauditi non vincono la guerra in Yemen, hanno perso quella per procura in Siria contro Assad e l’Iran, litigano con gli altri arabi e tra loro per la successione al trono. I custodi della Mecca non possono neppure aggrapparsi alla favoletta di riformare una monarchia assoluta, legittimata su rigide basi religiose.

Un pezzetto di verità Donald Trump l’ha pronunciata il 2 ottobre scorso in un discorso in Mississippi quando ha affermato di aver detto all’anziano re Salman: «Ti stiamo proteggendo, potresti non essere lì in due settimane senza di noi. Devi pagare per i tuoi militari». Ma adesso anche pagare gli americani forse non basta.
Perché ci pieghiamo alla dittatura saudita? La macabra fine nel consolato saudita di Istanbul di Khashoggi – un tempo consigliere della Corona e amico di Osama bin Laden – pone ancora una volta un problema: gli Usa non intendono o non sanno limitare l’arroganza di Riad, il loro maggiore acquirente di armi, un sesto del loro bilancio della difesa. I sauditi sono da decenni i finanziatori dell’Islam radicale e l’America ha lanciato nel 2001 una guerra al terrorismo che la stessa Riad ha alimentato, dall’Afghanistan al Medio Oriente. Ma gli Usa mettono sanzioni all’Iran perché lo vogliono i sauditi e gli israeliani. Ci piegheremo ancora una volta?

Sì, perché i sauditi pagano tutti.

Il principe ereditario Mohammed bin Salman è stato descritto come un illuminato riformista. Ma non si può certo chiamare riforma la concessione della patente di guida alle donne. In realtà Mbs, come viene chiamato, è impegnato in una lotta di potere per far fuori i principi del sangue concorrenti, che l’anno scorso aveva confinato negli hotel di lusso di Riad. Non contento aveva sequestrato persino il premier libanese Rafic Hariri, colpevole di non essere abbastanza duro con gli Hezbollah alleati dell’Iran, il vero nemico dei sauditi. Sono cose che prima o poi si pagano. In Arabia Saudita non è in corso nessuna riforma: il Paese resta proprietà esclusiva di una famiglia.

E gli Usa non hanno dimostrato di volere cambiare il corso delle cose: anzi, stracciando l’accordo sul nucleare con l’Iran del 2015 hanno mandato ai sauditi un doppio messaggio. Il primo è che con Israele appoggiano i sauditi in tutte le guerre per procura contro l’Iran, il secondo che sono contrari a vere riforme e ai Fratelli Musulmani, sostenuti da Obama durante le primavere arabe. Così Mbs si è scatenato in Yemen compiendo dei massacri inutili e ha ordinato il boicottaggio del Qatar, colpevole di ospitare i capi della Fratellanza.

Con un armamentario di fesserie che raramente si sono potute leggere sulla stampa occidentale, Mbs è stato accreditato come un interlocutore «illuminato» grazie anche all’appoggio di Israele. Così il migliore amico di Mohammed bin Salman in Occidente è diventato Jared Kushner, il genero di origine ebraiche di Trump, che come inviato speciale nella regione ha intessuto rapporti privilegiati con il principe saudita. È stato Kushner a organizzare la sua visita negli Usa per firmare altri contratti militari e fare una sorta di road-show nella finanza americana. Ne abbiamo beneficiato in Francia e anche in Italia, quando nella tappa in Gran Bretagna Mbs ha ordinato una cinquantina di caccia Tornado, un consorzio di cui Leonardo-Finmeccanica detiene una quota del 30 per cento degli utili.

In Arabia Saudita l’Occidente passa alla cassa. Insieme a Israele, Riad è il maggiore alleato strategico degli Usa da quando nel 1945 il presidente Roosevelt incontrò il sovrano saudita Ibn Saud. Da quel momento gli americani non hanno mai mollato la monarchia wahabita, tranne quando Obama ha siglato l’accordo con l’Iran.

Negli anni ’80 furono i sauditi a finanziare i mujaheddin afghani, diventati poi i jihadisti, per fare la guerra all’Unione sovietica. Ed erano i sauditi, con le monarchie del Golfo, che foraggiavano l’aggressione di Saddam Hussein contro Teheran: un milione di morti. Sauditi e qatarini sono stati anche i finanziatori dei gruppi jihadisti contro Bashar Assad che nessuno adesso sa più come eliminare. Quella tra gli Usa e i Saud non è un’alleanza ma una vera e propria complicità nei maggiori disastri e massacri dell’ultimo mezzo secolo. Questa è l’unica verità che sappiamo con certezza.

* Fonte: Alberto Negri, IL MANIFESTO[1]

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