Il disco rotto del Fondo monetario: non toccate la legge Fornero

Il disco rotto del Fondo monetario: non toccate la legge Fornero

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Cambiano i governi, cambiano i tentativi di rilanciare la crescita. Non cambia il disco rotto dell’austerità. Ieri è toccato al Fondo monetario internazionale ribadire il «niet». Dentro al rapporto «Article IV», il rapporto annuale dedicato ad ogni paese, l’Fmi basa buona parte delle sue critiche alla manovra del governo sul capitolo pensioni e Quota 100.
Da Washington i giudizi sono molto simili a quelli della Commissione europea. L’effetto del deficit al 2,4% del Pil sulla crescita è «incerto» nei prossimi due anni e, anzi, sarà «probabilmente negativo nel medio termine» se lo spread «elevato» dovesse «persistere». Stesso discorso per il debito, che gli economisti del Fmi vedono stabile al 130% del Pil nei prossimi tre anni. Un debito esposto, scrivono nel rapporto, a «shock avversi anche modesti» che potrebbero portare a una «grande» manovra correttiva, trasformando «un rallentamento in una recessione».
Anche se Bruxelles vede un deficit 2019 al 2,9%, mentre il Fondo si ferma al 2,7%, la stima resta comunque sopra di 0,3 punti a quanto previsto dal governo del cambiamento. Sono ancora le stime di crescita a fare la differenza sul gap. Roma ritiene che con lo stimolo della manovra il Pil possa aumentare dell’1,5% l’anno prossimo e dell’1,6% nel 2020. Il Fondo monetario parla di «bassa crescita» annuale di «circa l’1% nel 2018-20, che poi calerà» sotto quel livello.
Il disco rotto si dimostra in tutta la sua continuità con il solito richiamo alle immaginifiche e salvifiche «riforme strutturali» che per l’Fmi guidato da Christine Lagarde sono da sempre «la priorità assoluta»: senza di loro «nessuna strategia» alzerà i redditi degli italiani, fermi «al livello di due decenni fa». Peccato che otto anni di «riforme strutturali» dalla Fornero al Jobs act, dal taglio del debito pubblico a quello dei diritti dei lavoratori non abbiano portato a nessun aumento dei redditi degli italiani stessi. Che soprattutto per questo hanno mandato a casa il Pd e le sue politiche fotocopia del liberismo.
Non c’è quindi da stupirsi nelle critiche al tentativo – peraltro maldestro – di modificare la riforma Fornero sulle pensioni. L’ancora senza testo Quota 100 viene attaccata su entrambi i fronti: sia sul lato della creazione di posti di lavoro per effetto del turn over dei pensionandi che sui costi. «È improbabile – si legge nelle conclusioni dei tecnici dell’Fmi – che l’ondata di pensionamenti creerebbe tanti posti di lavoro per i giovani». Anzi, rincara il Fondo monetario, oltre ad aumentare «ulteriormente la spesa pensionistica», l’effetto sarebbe quello di imporre ancora «maggiori oneri alle generazioni più giovani». A Washington ritengono che, con le modifiche previste dall’esecutivo gialloverde, l’Italia dovrà «far fronte a pressioni significative sulla spesa pensionistica nei prossimi 2-3 anni che metteranno a dura prova i conti» pubblici.
Su questo fronte la linea è la stessa per il presidente dell’Inps Tito Boeri. Che ieri ha bocciato i conti presentati dal governo per l’anticipo pensionistico con 62 anni di età e 38 di contributi: «Ipotizzare che la misura abbia quasi lo stesso costo nel 2019, 6,7 miliardi, e nel 2020, sette miliardi cozza con tutte le simulazioni che abbiamo fatto». Inventadosi però un nuovo effetto spread sui pensionati: «ha già fatto diminuire i valori di accantonamento alla previdenza integrativa».
Il Fondo monetario infine propone un reddito di cittadinanza «moderno» che «eviti la dipendenza dal welfare e non disincentivi al lavoro», con un beneficio che dovrebbe essere limitato «al 40-70% del livello di povertà relativa».

* Fonte: Massimo Franchi, IL MANIFESTO

photo: By Niccolò Caranti – Own work, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=20655780



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