Diritti Globali: “un reddito di dignità, non di cittadinanza”
(ANSA) – ROMA, 14 DIC – Occorre “parlare di un vero reddito
di base universale, di reddito di dignità, quale quello ad
esempio proposto dalla Rete dei Numeri pari e dal Basic Income
Network”, “altro che il workfare autoritario del sussidio
condizionato su base etnica o della tessera annonaria da Stato
etico nella quale il ministro del Lavoro Luigi Di Maio ha infine
tradotto la proposta caratterizzante del suo Movimento 5
Stelle”. A rilanciare la proposta del ‘reddito di base’ è il
Rapporto Diritti Globali, curato da Sergio Segio, e promosso
dalla Cgil e da numerose organizzazioni impegnate nel sociale.
Il rapporto si scaglia poi contro la sinistra, dal cui
“vocabolario”, da molto tempo, è completamente uscita “la
nozione di ‘imposta patrimoniale’, che dovrebbe essere
architrave di ogni incisiva riforma sociale redistributiva. In
Italia se ne ricorda solo il sindacato”. Cita l’esempio della
Spagna, dove “l’accordo intercorso tra il governo di Pedro
Sánchez e Podemos la prevede nella manovra economica per il 2019
e grazie a essa si finanzierà l’aumento delle pensioni minime e
dei salari”. Quindi, “la sinistra italiana potrebbe, in effetti,
fare un istruttivo periodo di formazione e studio in Portogallo
e in terra iberica per capire come si può governare realizzando
politiche efficaci e coerenti a favore di lavoratori e strati
sociali più deboli; in quel modo, sottraendo anche spazi e
consensi alle destre populiste”. (ANSA).
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Questo brano proviene dal Focus del primo capitolo del 15° Rapporto sui diritti globali, Ediesse editore