Honduras. Condannati i killer di Berta Cáceres, ma non i mandanti

Honduras. Condannati i killer di Berta Cáceres, ma non i mandanti

Loading

Sette persone sono state riconosciute colpevoli dell’omicidio di Berta Cáceres, la leader indigena hondureña uccisa nella sua casa di La Esperanza nella notte tra il 2 e il 3 marzo del 2016. Il verdetto, emesso nel tardo pomeriggio di giovedì 29 novembre, riguarda sette degli otto accusati, Sergio Rodríguez, Douglas Bustillo, Mariano Díaz, Elvin Rápalo, Óscar Torres, Edison Duarte, Henry Hernández, che resteranno in prigione preventiva fino al prossimo 10 gennaio, quando si presume che venga comminata loro la pena detentiva. Il processo era stato aperto lo scorso 17 settembre.

Quattro dei sette condannati, secondo il giudice, sarebbero anche responsabili del tentato omicidio di Gustavo Castro Soto, attivista sociale e ambientista messicano, amico di Cáceres e suo ospite nella tragica notte dell’omicidio.

La sentenza non placa la richiesta di giustizia che la famiglia di Berta, i figli Bertha, Salvador e Laura, e il Copinh (il Consiglio civico di organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras, organizzazione che l’attivista aveva contribuito a fondare nei primi anni Novanta e di cui era coordinatrice generale) hanno avanzato fin dall’inizio del processo: «Il giudizio che abbiamo ascoltato e che condanna il gruppo di sicari e la struttura intermedia, evidenziando le relazioni con l’impresa Desa, non significa che sia stata fatta giustizia».

Secondo la famiglia, che ha denunciato l’arbitrarietà di tutto il processo, e in particolare la difficoltà ad aver accesso agli atti giudiziari, si potrà parlare di #justiciaparaberta solo quando sarà verrà ricostruita – e portata in giudizio – la struttura di comando, responsabile della pianificazione dell’omicidio del premio Goldman 2015.

Desa, infatti, è l’azienda responsabile del progetto idroelettrico Agua Zarca, che avrebbe imbrigliato le acque del rio Gualquarque, sacro agli indigeni lenca, una diga contro la quale Berta e il Copinh avevano concentrato le proprie azioni di protesta negli ultimi anni.

«Ciò che il processo ha reso evidente – sottolinea un comunicato stampa congiunto dei familiari di Cáceres e del Copinh – è che la famiglia Atala Zablah, che è azionista di riferimento di Desa, deve essere considerata responsabile di tutte le azioni di persecuzione, intimidazione, attacco e di tutte le minacce che hanno portato all’omicidio di Berta Cáceres».

Grazie all’azione di un gruppo di esperti internazionali, la famiglia ha avuto accesso alle chat WhatsApp utilizzate per la pianificazione dell’omicidio, come ha ricordato la figlia Bertha Zuniga in un editoriale uscito su El País alla vigilia della sentenza.

* Fonte: Luca Martinelli, IL MANIFESTO

photo: Daniel Cima [CC BY 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/2.0)], via Wikimedia Commons



Related Articles

Migranti, rifugiati, profughi: persone, non fantasmi

Loading

  La manifestazione del 30 novembre a Roma – Foto: Livia Cantore

Ahmed era abituato a lavorare duro. Tirare su mattoni, arrampicarsi su impalcature di legno. Rientrare alla sera in una casa-dormitorio, altre dieci persone intorno. Sette giorni su sette, 10 ore al giorno, da quando a inizio 2009 il suo governo aveva stretto un accordo con quello libico. In 50 mila erano arrivati dal Bangladesh in poco più di un anno, manodopera a basso costo per il piano di costruzione di infrastrutture ideato da Gheddafi con sostegni internazionali.

Esodo da Aleppo migliaia in fuga ma la Turchia chiude le frontiere

Loading

Siria. In 40mila lasciano la città: “Emergenza umanitaria”. Kerry: colloqui con la Russia sul cessate-il-fuoco

Vendere bombe che uccidono civili in Yemen non è perseguibile

Loading

La gip Gaspari riconosce la violazione del diritto internazionale per la vendita di bombe ai sauditi. Ma archivia il caso contro la fabbrica Rwm e l’Autorità nazionale per l’esportazione di armamenti

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment