Il nuovo accordo commerciale con Messico e Canada ridà fiato a Trump
NEW YORK. A ridare per un po’ il sorriso a Trump durante questo G20 che l’ha visto più corrucciato che mai, è stata la firma sul sospirato nuovo accordo commerciale con Canada e Messico che va a rimpiazzare il vecchio Nafta.
Nonostante la fatica il nuovo accordo, l’Usmca (United States-Mexico-Canada Agreement), somiglia molto al vecchio; i cambiamenti principali riguardano l’industria agraria e quella automobilistica: ora solo i veicoli costruiti con il 72% delle componenti prodotte negli Usa non avranno dazi, contro il 62,5% garantito dal Nafta e per la prima volta i produttori di formaggio, pollame e uova americani potranno vendere liberamente in Canada, anche se solo fino a raggiungere la quota del 3,6%, rassicurando un po’ gli agricoltori del Midwest, preoccupati per via dei dazi cinesi su carne di maiale e soia.
Come parte dell’accordo, Trump, che prima di partire per l’Argentina si è dovuto confrontare con la crisi della General Motors che ha annunciato la chiusura di ben 5 fabbriche, ha imposto alle case automobilistiche un tetto alla delocalizzazione delle fabbriche in Messico.
The Donald si è mostrato esultante per l’Usmca che ha presentato come una sua personale vittoria politica ma, anche se è innegabile che si sia ristabilita un po’ di normalità fra gli Stati uniti e i loro principali partner commerciali, allontanando per ora lo spettro di una destabilizzazione economica che avrebbe potuto avere delle ripercussioni anche al di là di quell’area geografica, ora l’Umsca dovrà essere ratificato dai Parlamenti dei Paesi interessati.
Ad aspettare Trump in patria c’è il Congresso degli Stati uniti che dovrà uniformare le leggi esistenti, in un momento in cui sta per insediarsi la nuova Camera dei rappresentanti: dopo le elezioni di midterm, è controllata dai democratici i quali hanno promesso opposizione praticamente su tutto; il peggio per l’Umsca, deve ancora arrivare.
* Fonte: Marina Catucci, IL MANIFESTO
photo: Joyce N. Boghosian [Public domain], via Wikimedia Commons
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