Mediterraneo. Sea Watch vaga senza una meta, l’Europa non guarda

Mediterraneo. Sea Watch vaga senza una meta, l’Europa non guarda

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Tra Lampedusa e Linosa, la nave della Ong tedesca Sea Watch ieri pomeriggio navigava alla velocità ridotta di 5 nodi a cavallo della zona search and rescue di Italia e Malta, in attesa di avere un porto sicuro in cui sbarcare i 32 naufraghi (tra i quali 4 donne e 6 minori) presi a bordo sabato scorso al largo della Libia.

Roma e La Valletta tengono gli scali chiusi alle Organizzazioni non governative, così il 24 l’equipaggio della Sea Watch 3 si era rivolto via twitter all’Ue e alla Germania: «L’Europa non vuole assegnarci un porto sicuro a Natale. Oltre 30 città tedesche e Laender hanno dichiarato la disponibilità ad accogliere le persone salvate in mare. Il governo federale tedesco deve trovare una soluzione». Per poi attaccare il ministro dell’Interno, Horst Seehofer, della bavarese Csu, l’Unione cristiano sociale: «Chi invoca valori cristiani è obbligato ad agire».

Le previsioni meteo non sono buone ma la situazione non si è sbloccata. Anche il ministro dell’Interno italiano, Matteo Salvini, così impegnato a difendere i valori tradizionali cristiani, il giorno di Natale si è fatto sentire sui social: «Direi che il cuore e il portafoglio li abbiamo aperti abbondantemente: adesso tocca agli altri». Così i 32 naufraghi hanno passato il 25 e anche il giorno di Santo Stefano in mezzo al mare.

Ieri l’aereo da ricognizione della Ong, il Moonbird, è stato parcheggiato nell’hangar in attesa che il tempo migliori, la Sea Watch via social ha pubblicato una foto dalla nave: «Questi sono Nasreen e suo figlio Zizou. Martedì la sorella di Nasreen ha saputo che sono ancora vivi. Ora Nasreen, Zizou e gli altri 30 hanno bisogno di un porto sicuro». La Commissione Ue ieri ha spiegato: «Gli sbarchi sono coperti dal diritto internazionale, non dal diritto europeo» rifiutandosi però di commentare la situazione della Sea Watch. Ieri da bordo è arrivato l’appello a Roma: «L’Italia ha già fatto molti sforzi per i migranti ma questa gente ha bisogno di aiuto».

Sono invece in viaggio verso Algeciras, in Spagna, i 310 salvati venerdì dalla Ong catalana Proactiva Open Arms da tre differenti imbarcazioni al largo della Libia. Anche per loro gli scali italiani e maltesi sono interdetti ma da Madrid sabato è arrivata l’indicazione del porto sicuro dove, però, arriveranno solo domani dopo una settimana in condizioni «molto difficili di navigazione».

Malta ha negato anche lo scalo tecnico per l’approvvigionamento così alla vigilia di Natale la nave è stata raggiunta dall’altra imbarcazione della Ong catalana, l’Astral, per rifornire i naufraghi di cibo, coperte e medicine.

La scorsa settimana dalla Open Arms sono stati evacuati in tre. Sabato La Valletta ha portato a terra in elicottero il piccolo Sam, nato su una spiaggia della Libia subito prima della partenza, e la madre ventitreenne Salì. La guardia costiera italiana ha poi imbarcato Emran, un quattordicenne somalo torturato in Libia: è stato trasportato a Lampedusa a causa di un’infezione cutanea aggressiva.

Ieri dalla nave in rotta verso Algeciras è stata postata la foto di un membro dello staff che mostra un disegno ricevuto da uno dei bambini: «È l’umanità che viaggia a bordo della Open Arms, una nave vecchia con un’anima immensa».

* Fonte: Adriana Pollice, IL MANIFESTO



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