Ungheria in piazza contro la nuova «legge schiavitù» di Orbán

Ungheria in piazza contro la nuova «legge schiavitù» di Orbán

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BUDAPEST. «Orbán vai via», grida un giovane guardato a vista dalla polizia. «Dimissioni», gli fa eco un uomo accanto a lui. Per il secondo giorno consecutivo gli ungheresi sono tornati a riempire le strade di Budapest. Lavoratori e studenti uniti per chiedere libertà nel lavoro e libertà accademica. A muoverli è l’approvazione avvenuta mercoledì della legge sugli straordinari con 130 voti a favore, 52 quelli contrari, delle modifiche al Codice del Lavoro che portano il tetto degli straordinari a 400 ore annue. L’opposizione si è impegnata fino alla fine per bloccare il voto nell’aula parlamentare, fuori i sindacati manifestavano dando luogo a blocchi stradali per protesta contro una legge che definiscono «schiavista».
DUE GIORNI fa le manifestazioni di dissenso davanti al Parlamento sono durate a lungo, caratterizzate da frequenti tensioni fra dimostranti e poliziotti schierati in tenuta antisommossa intorno all’edificio dell’Assemblea nazionale. Ieri sono arrivati sul posto numerosi studenti già impegnati, nelle scorse settimane, in una lunga mobilitazione a favore della libertà di studio e di ricerca nelle università e contro la chiusura della Ceu (l’università fondata da George Soros) a Budapest. Sindacati e studenti hanno così solidarizzato e fatto causa comune contro un governo che accusano di voler rendere schiavi il mondo del lavoro e quello universitario.
Ieri anche i partiti di opposizione sono scesi in piazza con le bandiere di Lmp, Momentum, Párbeszéd Magyarországért (Dialogo per l’Ungheria) e anche di Jobbik. Presente Bernadett Szél, candidata al ruolo di primo ministro nelle file dell’Lmp e ora deputata indipendente al parlamento che accusa il partito del premier di fregiarsi del merito di essere la sola forza politica impegnata a fare il bene del paese. «Anche noi siamo ungheresi, non solo Orbán, anche noi, non solo il partito Fidesz», – ha detto rispondendo alle domande di militanti e giornalisti».

LA MAGGIORANZA dei presenti è comunque costituita da lavoratori e studenti che dal parlamento si sono mossi in corteo verso Buda, passando per il ponte Margherita, seguiti da agenti in tenuta antisommossa. Una serata fredda, riscaldata dall’entusiasmo dei manifestanti che sfilano portando in prima fila uno striscione con su scritto «Studenti liberi, lavoratori liberi». «Non saremo schiavi» e ancora «Orbán vai via» gli slogan gridati all’unisono. A protestare giovani e meno giovani, studentesse universitarie intente a far rimbombare il suono dei loro tamburi e signore strette nei cappotti cappotto che hanno chiesto ai poliziotti: «Cosa venite a fare?». Sì, perché la sera precedente gli agenti con tanto di casco, manganello e spray urticante messo sovente in azione, nei momenti più tesi, erano stati accusati di essere dalla parte del potere. «La polizia ungherese è con loro», scandiva la folla in un’aria che puzzava di lacrimogeni. Diversi manifestanti si erano avvicinati ai poliziotti dicendo «siete lavoratori come noi, dovreste capirci invece di difendere questo sistema».

A BUDAPEST è stato così in queste ultime due sere: luci di Natale splendenti in modo particolare nel centro cittadino e urla e fischi a piazza Kossuth e dintorni contro il governo e la sua politica già così poco propensa al dialogo sociale. La legge sugli straordinari è per il governo uno strumento con cui fare gli interessi dell’economia ungherese. L’esecutivo sostiene, insomma, la flessibilità del lavoro e la definisce necessaria per venire incontro alle esigenze di imprenditori, investitori e grandi aziende straniere. Tra queste ultime vi sono la Opel, la Mercedes e l’Audi che concorrono in modo significativo alla crescita economica del paese. Per i sindacati, in realtà, questa legge è una risposta alla sempre più evidente carenza di manodopera in Ungheria, problema dovuto all’emigrazione. Gli esperti fanno notare che, negli ultimi anni, diverse centinaia di migliaia di lavoratori hanno lasciato il paese per destinazioni migliori dal punto di vista delle retribuzioni. Alcune fonti parlano addirittura di circa 600 mila persone (il 16% degli occupati) espatriate seguendo un flusso iniziato nel 2009 e diretto soprattutto in Germania e Gran Bretagna. A questo va aggiunta una tendenza demografica negativa che rende ancora più complicata la situazione.

L’aumento degli straordinari comporterebbe una settimana lavorativa di sei giorni o oltre dieci ore giornaliere per cinque giorni. Gli straordinari sono facoltativi, almeno formalmente. Di fatto i sindacalisti fanno notare che di questi tempi i lavoratori non possono rifiutarsi di rispondere affermativamente alle richieste dei datori di lavoro, soprattutto per paura di perdere il posto. In altre parole, il sistema disegnato in questo modo dal governo viene visto dai critici come ricattatorio. Contro di esso lavoratori e studenti promettono una lunga mobilitazione e i sindacati non escludono di arrivare nei prossimi giorni alla proclamazione di uno sciopero generale. Proteste che, almeno in apparenza, non sembrano scalfire le certezze del governo: «le manifestazioni di piazza non ci indurranno a ritirare la legge», ha spiegato ieri il ministro Gergely Gulyas, secondo il quale tra i manifestanti ci sarebbero state persone vicine al magnate americano George Soros.

* Fonte: Massimo Congiu, IL MANIFESTO



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