I burattini degli USA rilanciano a Lima la guerra il Venezuela di Maduro

I burattini degli USA rilanciano a Lima la guerra il Venezuela di Maduro

Loading

Partito il conto alla rovescia per l’inizio, il 10 gennaio, del nuovo mandato presidenziale di Nicolás Maduro, è ripresa al massimo livello l’offensiva degli Stati uniti e dei loro vassalli contro il governo bolivariano.

Così, sotto l’attenta regia Usa, i ministri degli Esteri del Gruppo di Lima, riuniti nella capitale peruviana, hanno annunciato che non riconosceranno la legittimità del nuovo mandato, in quanto frutto di un processo elettorale non in linea con «le garanzie e gli standard internazionali necessari per un processo libero, giusto e trasparente». E hanno concordato misure come «la revisione dello status o del livello delle relazioni diplomatiche con il Venezuela», «le limitazioni all’ingresso di alti funzionari del regime nel territorio dei paesi del gruppo» e la sospensione della cooperazione militare.

Nella loro dichiarazione, i paesi dell’organismo – Argentina, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Costa Rica, Guatemala, Guyana, Honduras, Panama, Paraguay, Perù e Santa Lucia, tutti campioni indiscussi di democrazia – hanno esortato Maduro a non assumere la presidenza e a trasferire il potere esecutivo all’Assemblea nazionale eletta nel 2015, e controllata dall’opposizione, «finché non si realizzino nuove elezioni democratiche».

Ma il Gruppo di Lima – talmente eterodiretto dagli Stati uniti da ammettere la partecipazione, in videoconferenza, del segretario di Stato Mike Pompeo – non si è fermato qui, denunciando le «politiche antidemocratiche, oppressive e dittatoriali» del governo Maduro come la causa della «grave crisi politica e umanitaria» in corso, riflessa dall’«esodo di massa di migranti e richiedenti asilo».

E ha sollecitato il presidente a consentire «l’immediato ingresso di una missione di assistenza umanitaria», che il governo bolivariano ha sempre considerato un tentativo di invasione mascherata. Piuttosto grottesca, considerando le minacce di invasione militare di cui è oggetto il Venezuela, è infine l’esortazione al governo e alle forze armate a desistere da «qualunque provocazione militare che minacci la pace e la sicurezza della regione».

Unica voce fuori dal coro quella del Messico che, sotto Andrés Manuel López Obrador, ha scelto la via della politica di non ingerenza, rifiutandosi, come ha dichiarato il sottosegretario agli Esteri Maximiliano Reyes, di «emettere qualunque tipo di pronunciamento riguardo alla legittimità del governo venezuelano». Ritenendo «che la strada più efficace per raggiungere gli obiettivi per i quali è stato creato il gruppo sia quella che passa per iniziative di mediazione e di dialogo, non di isolamento», Reyes ha annunciato che il Messico manterrà le relazioni diplomatiche, così da «poter considerare» le proposte che le diverse forze politiche e sociali potranno formulare in cerca di un accordo.

È evidente tuttavia che non è questo l’interesse del Gruppo di Lima, come evidenzia il ministro degli Esteri venezuelano Jorge Arreaza, esprimendo «la massima perplessità per a una stravagante dichiarazione di un gruppo di paesi che, dopo aver ricevuto istruzioni dal governo Usa attraverso una videoconferenza, ha concordato di incentivare un colpo di Stato».

Istruzioni, in realtà, trasmesse dagli Usa già nella visita di Pompeo in Brasile in occasione dell’insediamento di Bolsonaro, con cui il segretario di Stato ha parlato proprio del Venezuela, e durante la successiva riunione da lui sostenuta a Cartagena, sullo stesso argomento, con il presidente colombiano Ivan Duque. Che, per compiacerlo, si è addirittura spinto a riscrivere la storia, inventandosi l’esistenza di un «cruciale appoggio dei padri fondatori degli Stati uniti» all’indipendenza latinoamericana, meritandosi per questo l’impietoso sarcasmo delle reti sociali, con tanto di disegno di Capitan America al posto del libertador Simon Bolivar.

Si mobilita anche l’Oea, tornata in pieno al ruolo di ministero delle colonie Usa, il cui segretario Luis Almagro, recentemente espulso in Uruguay dal Frente Amplio, ha esortato la comunità internazionale a non riconoscere la presidenza Maduro, convocando una sessione straordinaria il giorno del suo insediamento, il 10 gennaio.

* Fonte: Claudia Fanti, IL MANIFESTO



Related Articles

La Colombia non spargerà più il diserbante sui campi di coca

Loading

Da vent’anni il governo, sostenuto dagli Stati Uniti, irrorava le coltivazioni per danneggiarle usando una sostanza nociva e cancerogena

LA SFIDA CHE UNISCE ITALIA E FRANCIA

Loading

  L’INCONTRO di oggi tra Mario Monti e Franà§ois Hollande, che anche stavolta avrà  per tema i problemi dell’Eurozona, offre l’opportunità  di fare il punto sulle sfide che questi due uomini si trovano ad affrontare. Al di là  delle differenze, certo notevoli, tra Italia e Francia, sono entrambi alle prese con problemi economici e sociali gravissimi.
L’ospite italiano, Mario Monti, si trova in una situazione paradossale. Presidente del Consiglio da quasi dieci mesi, sa che i suoi giorni a Palazzo Chigi sono contati.

Germania, Navalny esce dal coma indotto, ma il gasdotto rimane avvelenato

Loading

Fuori dal coma farmacologico. Intanto non si placa la polemica politica su Nord Stream 2. E il vicepresidente del Bundestag assolve Putin per l’avvelenamento dell’oppositore

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment