Meno contratti a termine, più richieste di disoccupazione

by Roberto Ciccarelli * | 25 Gennaio 2019 11:00

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È ancora scontro sugli effetti del «decreto dignità», il provvedimento del governo gialloverde che ha realizzato una manutenzione dei contratti a termine, portando il tetto massimo dei rinnovi da 36 a 24 mesi e la causale dopo i primi 12 mesi. L’osservatorio sul precariato dell’Inps ieri ha registrato la crescita dei contratti a tempo indeterminato (più 231 mila unità nei primi undici mesi del 2018), mentre quelli a termine sono calati (51.131 unità), dopo la frenata di agosto, mese nel quale è entrato in vigore il provvedimento. In particolare l’Inps ha registrato un boom del 63% nelle trasformazioni dei contratti a termine in tempi indeterminati (senza articolo 18): da 27.427 del 2017 a 49.141 nel 2018.

Contemporaneamente, continua la perdita dei posti di lavoro. Il dato emerge dall’aumento delle domande del sussidio «Naspi» che tra gennaio e novembre del 2018 hanno raggiunto 1,9 milioni. Da novembre, il sussidio ha registrato un aumento del 5,2%. Le domande di disoccupazione sono oltre 223 mila. Al momento non è chiaro se l’aumento è la conseguenza dei contratti a termine scaduti, e non rinnovati, a causa del nuovo tetto posto dal governo, o se è l’effetto delle procedure di licenziamento a seguito della fine del periodo della cassa integrazione, calata del 38% rispetto al 2017, il livello minimo dal 2007 (217 milioni di ore).

La circostanza non va sottovalutata, ai fini di una prima valutazione del discusso «decreto dignità». La coincidenza temporale tra la flessione dei contratti a termine e in somministrazione e l’aumento delle domande di disoccupazione potrebbe essere uno dei suoi effetti. È dunque realistica la previsione per cui ci sono contratti non rinnovati, a causa del «decreto dignità»: la stima è di oltre 10mila lavoratori che hanno fatto richiesta della Naspi.

In questa cornice rientra il raddoppio delle trasformazioni dei contratti a termine in contratti fissi. Ci sono dunque aziende che hanno trasformato i contratti e altre no. Il risultato sull’anno potrebbe essere un lieve aumento, o un pareggio, tra trasformazioni e non rinnovi.

Per i Cinque Stelle c’è una brutta notizia. Lo sgravio previdenziale triennale per i giovani under 35 (tetto di 3 mila euro annui), previsto dalla legge di bilancio precedente, ha prodotto risultati modesti sul totale dei rapporti a tempo indeterminato attivati: il 7,2%. Un segnale che va letto rispetto al decreto sul «reddito di cittadinanza» nel quale il governo ha previsto altri sgravi per convincere le imprese ad assumere. I dati mostrano che possono non bastare.

* Fonte: Roberto Ciccarelli, IL MANIFESTO[1]

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  1. IL MANIFESTO: https://ilmanifesto.it/

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