«Stop alle trivelle», il ministero annuncia un emendamento

L’annuncio c’è. Il ministero dello Sviluppo economico ha messo a punto un emendamento blocca trivelle, inserito nel decreto semplificazioni e che prevede, per un «termine massimo di tre anni», la sospensione dei «permessi di prospezione e di ricerca già rilasciati, nonché dei procedimenti per il rilascio di nuovi permessi di prospezione o di ricerca o di coltivazione di idrocarburi. Grazie a tale moratoria, sarà impedito il rilascio di circa 36 titoli attualmente pendenti», compresi i tre permessi autorizzati, il 7 dicembre scorso, nel Mar Ionio.
È IL SOTTOSEGRETARIO al Mise, con delega all’Energia, Davide Crippa, a rendere noto il provvedimento, dopo la bufera che si è abbattuta sul governo, e in particolare sui Cinque Stelle, riguardo alla questione idrocarburi. Nella proposta di modifica, viene fatto presente che «le attività upstream non rivestono carattere strategico e di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità» e si prevede «l’introduzione del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (Ptesai), strumento già in programma da tempo, e la rideterminazione di alcuni canoni concessori. Il Piano – viene spiegato – andrà definito e pienamente condiviso con Regioni, Province ed enti locali e individuerà le zone idonee alla pianificazione e allo svolgimento delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi sul territorio nazionale. Questo per assicurare la piena sostenibilità ambientale, sociale ed economica e per accompagnare la transizione del sistema energetico verso la decarbonizzazione».
LA FRONDA ECOLOGISTA non si fida e rammenta che già nel corso dell’iter di approvazione dell’ultima finanziaria è stato presentato un emendamento no oildel quale poi si è persa traccia, in quanto ritenuto inammissibile. «Il M5S – ricorda il coordinamento nazionale No Triv – in quell’occasione non è riuscito a far passare due punti dirimenti: moratoria delle nuove attività petrolifere per la durata di 2 anni e reintroduzione del Piano delle Aree».
Si parla poi di un altro «tentato» emendamento, sempre pentastellato, pubblicizzato à gogo e che fece imbestialire Confindustria e qualche sindacato, ma abortito prima che nascesse.
IL TERMINE «EMENDAMENTO», insomma, è già stato usato a ripetizione ma senza finora aver prodotto alcun risultato normativo. Il mondo ambientalista puntualizza pure «che le attività legate alla ricerca e all’estrazione non hanno più carattere strategico dalla Legge di stabilità 2016». Scettici quindi associazioni e movimenti che, dopo le ultime decisioni del Mise, con l’ok ai sondaggi con airgun davanti alle coste di Calabria, Basilicata e Puglia e al rinnovo di due concessioni in Emilia Romagna, hanno rifiutato di incontrare il ministro dell’Ambiente, Sergio Costa.
IL CAOS TRIVELLE agita il governo gialloverde e l’imbarazzo dei grillini deve fare i conti con la posizione della Lega, che non è certo antitrivelle. L’annuncio di Crippa fa comunque sobbalzare il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. «Visto che hanno finalmente scoperto che stanno governando e hanno tutti i poteri per agire – tuona il governatore – servono altre due botte di coraggio da parte loro: un decreto legge urgente che abroghi i 12 decreti incostituzionali Ilva di Taranto che contengono l’immunità penale e che obblighi a cominciare la decarbonizzazione della fabbrica. Perché è il carbone ad uccidere e va urgentemente eliminato. E serve un altro decreto legge che sposti l’approdo del gasdotto Tap, attualmente previsto nella meravigliosa spiaggia di San Foca a Melendugno, in un posto più isolato e sicuro, meno pregiato dal punto di vista ambientale e turistico, evitando così anche la costruzione di un tratto inutile via terra a carico dei contribuenti italiani».
«Considerato il precedente della moratoria adottata nel 2016 dalla Francia – commenta il Wwf – abbiamo sempre ritenuto che il Governo potesse dare un chiaro segnale politico-istituzionale per sospendere le trivellazioni offshore. I tre anni di sospensione devono servire, però, a smontare l’apparato normativo del decreto Sblocca Italia. Se confermata, la moratoria – viene aggiunto – può essere un primo chiaro segnale per la tutela del Mediterraneo, sottoposto all’inquinamento da greggio (si stima che ogni anno vi vengano riversate 600mila tonnellate di petrolio) e da plastica».
* Fonte: Serena Giannico, IL MANIFESTO
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