Alle radici del fascio-razzismo. Intervista a Salvatore Palidda

Alle radici del fascio-razzismo. Intervista a Salvatore Palidda

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La gigantesca falsità per legittimare la guerra all’immigrazione in Europa, sostiene il sociologo Salvatore Palidda, è particolarmente utile a giustificare il crimine vigliacco contro i migranti. Non si può parlare di migrazioni senza capirne il nesso con le guerre permanenti, con le devastazioni dei territori di partenza, con le neo-schiavitù, con il neocolonialismo e con il gioco della distrazione di massa. E non si può non osservare come l’economia europea si sia nutrita di manodopera “extra-europea” «selezionata, inferiorizzata, spesso razzializzata e anche criminalizzata proprio per legittimarne la precarizzazione permanente della maggioranza, la riproduzione di manodopera schiavizzabile». Anche a questo, allo sfruttamento intensivo di milioni di persone, sono funzionali leggi e decreti proibizionisti, che hanno reso pressoché impossibile o troppo costoso ottenere visti o permessi di soggiorno, dice Palidda.

 

Redazione Diritti Globali: Negli ultimi anni le migrazioni sembrano essere il principale argomento, sia per chi lo usa strumentalmente, sia per chi vi reagisce. Che ruolo hanno avuto i media?

Salvatore Palidda: Si è arrivati al grottesco spettacolo di vedere le prime pagine dei media zeppe di incitamenti all’odio a fianco di altri che invocano pietà e poi a fianco del repertorio del rimbambimento di massa (notizie di ogni sorta sulle star, su personaggi dello sport o di neo-principesse e principini insieme a trash, gossip e volgarità a iosa). Sempre meno si capisce che purtroppo tanti sono i fatti sempre più gravi e tutti intrecciati gli uni con gli altri. Non si può parlare di migrazioni senza capirne il nesso con le guerre permanenti, con le devastazioni dei territori di partenza, con le neo-schiavitù, con il neocolonialismo e con il gioco della distrazione di massa (ormai sport abituale dei Trump come dei Salvini e, all’opposto, le risposte a volte ambigue, altre volte ingenue e spesso inefficaci di chi figura come pro-immigrati).

Per parlare di Europa e migrazioni è innanzitutto necessario cercare di capire i cambiamenti che si sono imposti, in particolare dal 2015, in continuità e accelerazione rispetto a quelli conosciuti prima. La quasi totalità dei media (anche di quelli considerati moderati, democratici o di sinistra) ha accreditato l’idea che nel 2015 l’Europa si sarebbe trovata davanti una “ondata migratoria senza precedenti e insostenibile”, che le destre hanno dipinto di nuovo come la “minaccia” dei Sud contro il Nord. La sfacciata falsità di tale “diagnosi” era evidente persino nel banale confronto dei dati: com’è possibile che un’Europa di oltre 505 se non 550 milioni di abitanti possa considerare un’“invasione” l’arrivo di 500 mila o anche di tre milioni di immigrati (meno dello 0,1 per cento o anche dello 0,6%). Peraltro, i numeri delle migrazioni verso l’Europa in questi ultimi anni sono quasi ridicoli rispetto al numero complessivo di migranti a livello mondiale o anche solo rispetto agli immigrati di cui s’è nutrita l’economia statunitense dal 1990 a oggi (per non parlare delle migrazioni interne e internazionali – europee e in particolare italiane dalla fine del XIX secolo sino agli anni Sessanta del Novecento).

 

RDG: In altre parole, l’emergenza immigrazione in Europa è palesemente falsa, i numeri non la giustificano. Allora cosa sta dietro questa gigantesca macchina del falso? Chi l’ha voluta? A chi giova?

SP: Provo a rispondere a queste domande proponendo anche qualche cenno epistemologico sulle radici del fascio-razzismo-sessismo di oggi.

In estrema sintesi, appare evidente che la storia del mondo contemporaneo discende in particolare dal processo di costituzione dell’economia mondo (come l’ha definita Immanuel Wallerstein), non a caso a seguito di quella “scoperta” delle Americhe suggellata con il quasi sterminio dei nativi di queste terre con la benedizione cattolica, richiesta da Cristoforo Colombo che asseriva si trattasse di animali senza anima e pericolosi perché dalle sembianze umane; un razzismo genocida che si rinnova poi con i Cesare Lombroso, Joseph Arthur de Gobineau, e anche da Alexis de Tocqueville a proposito dell’Algeria e ancora col nazismo e le leggi sulla razza anche in Italia. La scontata razzializzazione dei non-europei e non cristiani giustificò il colonialismo che nella sua versione “buonista” si chiamava evangelizzazione, civilizzazione di poveri selvaggi, degli arretrati del mondo ai quali gli europei elargivano la chance del progresso. Da allora i popoli e i territori che hanno conosciuto il colonialismo non hanno smesso di subire guerre, rapina, devastazioni, comprese quelle praticate ancora oggi dai dominanti locali, che hanno interiorizzato il peggio delle pratiche del dominio coloniale. Non a caso gli Stati Uniti sono diventati prima potenza economica, militare e politica del mondo per opera delle élite degli emigrati-immigrati che hanno sussunto il peggio di tali pratiche (rinnovandole con la riproduzione della razzializzazione violenta dei neri e in generale dei neo-arrivati anche se cattolici, come fu per gli irlandesi massacrati dagli inglesi che si autodefinirono “nativi d’America”).

Semplificando, possiamo dire che i Trump e altri anche in America Latina e altrove, hanno antenati parvenu dominanti e quindi accaniti per far soldi e potere a tutti i costi e dunque anche sulla pelle di chiunque, compresi parenti e famigliari.

Non c’è allora da stupirsi se il processo di costruzione dell’Unione Europea in periodo storico neoliberista si è configurato con caratteristiche non solo economiche ma anche politiche, e quindi anche poliziesche, in particolare dal 1990. È allora che si crea il cosiddetto spazio Schengen (in vigore dal 1995) e si istituiscono i visti per tutti gli extra-europei. Fra l’altro, è utile ricordare che sino ad allora algerini, marocchini e tunisini venivano a fare la spesa a Palermo o a Napoli come a Marsiglia senza ostacolo di visto. Successivamente, l’UE si allarga inglobando progressivamente i Paesi ex-URSS secondo una visione prettamente euro-nordista, mentre il mondo mediterraneo ne è escluso a dispetto dalla stessa storia comune ma non consona alla concezione eurocentrica.

Oggi constatiamo che il protezionismo europeo non ha dato all’UE l’auspicato rango di potenza economica capace di tener testa agli USA e alla Cina. Il proibizionismo delle migrazioni è stato invece modulato secondo il fabbisogno neoliberista: già dall’inizio degli anni Settanta, e soprattutto dal 1990, l’economia europea s’è nutrita di manodopera “extra-europea” selezionata, inferiorizzata, spesso razzializzata e anche criminalizzata proprio per legittimarne la precarizzazione permanente della maggioranza, la riproduzione di manodopera schiavizzabile anche fra gli europei senza protezioni (con anche la riproduzione in versione neoliberista del caporalato con le complicità di parte delle agenzie di prevenzione e controllo e delle polizie). Non esistono dati statistici, ma si può stimare che decine di milioni di immigrati sono stati super sfruttati e anche schiavizzati nei diversi Paesi europei e poi costretti a rientrare nei loro Paesi d’origine distrutti, malati o sono morti di lavoro o di condizioni di vita insostenibili. Una ripresa della storia delle migrazioni ad alto turn-over proprio grazie al proibizionismo imposto con leggi e decreti che hanno sempre più reso quasi impossibile o troppo costoso l’accesso ai visti, l’accesso ai permessi di soggiorno, il rinnovo di questi, riproducendo quindi continua “clandestinità”, ideale per riprodurre manodopera schiavizzabile.

 

RDG: Dunque anche razzismo e xenofobia risultano funzionali a questo meccanismo: negare l’accesso degli immigrati alla parità dei diritti con gli autoctoni appunto per poterne disporre come manodopera precaria e costantemente ricattabile…

SP: Tutti i Paesi europei hanno praticato questa modalità di gestione dell’immigrazione. Ma l’Italia, apparentemente Paese più accessibile, ha sperimentato nei fatti una governance dell’immigrazione articolata fra legale, semi-legale e del tutto illegale se non criminale. In quest’opera hanno avuto un ruolo tanti attori istituzionali e non: personale delle ambasciate, missionari consapevoli e inconsapevoli, passeurs onesti e trafficanti, polizie, preti, associazioni a volte effettivamente solidali con i migranti e altre volte criminali, azzeccagarbugli mercanti dell’accesso alla regolarità, al lavoro, alla casa, caporali e aguzzini di ogni sorta, false cooperative, eccetera. E buona parte della popolazione europea ha beneficiato di questa immigrazione: dai singoli per disporre di badanti, servi o colf, ad artigiani, commercianti e imprenditori. La sostituzione progressiva degli europei (e italiani) meno fortunati con gli immigrati è avvenuta quasi in tutti i campi e soprattutto laddove la domanda di manodopera mira a ridurne al massimo il costo. Ed è quindi avvenuta in tutti i lavori più nocivi, più malpagati, più disprezzati, più pericolosi, così come nelle attività devianti e talvolta criminali (spaccio, ricettazione, ambulantato abusivo, tratta della prostituzione, traffici vari, eccetera). Ovviamente, una parte degli immigrati è riuscita a emanciparsi, cioè a conquistarsi un inserimento decente e in alcuni casi persino ottimo, sempre con enormi sacrifici, “bocconi amari” a non finire e grazie alla capacità di saper cogliere le opportunità e schivare gli ostacoli, comprese le occasioni di interagire con autoctoni non-ostili se non amichevoli.

Se oggi c’è una parte degli immigrati in Europa che è relativamente ben inserita e ha anche avuto accesso alla nazionalità di diversi Paesi europei è sia perché questa parte di immigrati ha saputo conquistarsi tale riuscita, sia perché ha avuto la chance di interloquire con autoctoni non ostili se non favorevoli (anche nei ranghi delle polizie, dei datori di lavoro e di diversi altri soggetti sociali). Ma, se si fa il confronto con gli Stati Uniti, appare subito evidente che la gestione neoliberista europea è stata molto più restrittiva. Dal 1990 al 2017 la popolazione degli Stati Uniti è aumentata da 252 a 328 milioni, innanzitutto grazie all’immigrazione che – considerando qui solo il periodo neoliberista attuale – è passata da oltre 620 mila l’anno dal 1980 al 1989 a circa un milione e oltre l’anno (cfr. Census Bureau). A questo va aggiunto che sin dal 2005 i senza documenti negli USA erano stimati in circa 13 milioni (con un alto turn-over); inoltre, ogni anno si sono avuti da 400 mila a quasi un milione di espulsi e alla frontiera messicana ne sono stati ammazzati migliaia. Nell’Europa, ora a 28 con circa 550 milioni di abitanti, si contano neanche 30 milioni di immigrati e molti meno naturalizzati che negli USA. Nel 2008, i nati in Paesi non-UE sono circa il 5% dei 550 milioni di abitanti dei Paesi UE (ovviamente, negli USA tutti sono di origine immigrata tranne i “quattro gatti” nativi ridotti e rinchiusi nella marginalità).

 

RDG: Allora, come si spiega l’accanimento fascista-razzista contro l’immigrazione nell’UE e in particolare in Italia?

SP: La gigantesca falsità per legittimare la guerra all’immigrazione in Europa è particolarmente utile non solo per legittimare il crimine vigliacco contro i migranti: a migliaia sono morti durante il tentativo di migrare; 6 miliardi sono stati dati al dittatore Erdogan per sequestrare in Turchia i siriani e altri in fuga dalle guerre lasciandoli alla mercé di schiavisti, persino oltre centomila bambini ridotti in schiavitù in tale Paese e, ancora, decine e decine di milioni dati alle bande criminali libiche e di altri Paesi per sequestrare e usare a piacimento i migranti diretti verso l’Europa (una delle “perle” del ministro dell’interno Minniti ora imitato da Salvini, che ovviamente pretende fare di più dicendo anche che la Libia è un Paese che rispetta i diritti umani). La documentazione e persino i video-reportage su questi fatti sono impressionanti. Ma non hanno scalfito minimamente l’orientamento dell’Unione Europea che pretende sempre vantare il rispetto dei diritti umani.

In tutta questa storia di governance neoliberista dell’immigrazione straniera sia negli USA che in Europa e anche in tutti gli altri Paesi di immigrazione e di transito lo scopo di tale accanimento è che si vuole affermare che gli autoctoni hanno un diritto indiscutibile alla superiorità sugli immigrati che quindi non devono avere diritti uguali ai nazionali dei Paesi di immigrazione e transito, ma anzi devono poter essere inferiorizzati e persino schiavizzati. Nei fatti, è questa l’idea di UE che s’è diffusa. Un’idea palesemente in continuità con il passato colonialista.

Si aggancia a questo la facile propaganda che attribuisce all’immigrazione la “colpa” di tutti i malesseri e problemi economici e sociali che affliggono buona parte delle popolazioni europee, soprattutto a causa della cosiddetta crisi economica esplosa dal 2007. L’emergenza del terrorismo pseudo-islamista alimentato dai Paesi dominanti, e in particolare dalle lobby militari-poliziesche e delle nuove tecnologie ben interessate alla riproduzione delle guerre permanenti, ha contribuito in maniera straordinaria alla legittimazione pervasiva della guerra alle migrazioni. L’immigrazione è quindi designata come il nemico politico che, al pari di un’orda straniera, minaccia la democrazia, il benessere e il progresso che la costruzione europea ha promesso. Si nascondono così le responsabilità dei malesseri e i problemi economici e sociali. Chi ha fatto sì che da quando imperversa la cosiddetta crisi i ricchi siano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri? Chi ha aumentato il debito pubblico? Chi continua a votare ingenti finanziamenti per gli armamenti, per le missioni militari all’estero? Chi produce e commercia armamenti che indirettamente alimentano la riproduzione delle guerre permanenti e il terrorismo pseudo-islamista e provoca le emigrazioni disperate? Chi ha devastato e reso invivibili i territori dai quali scappano i migranti disperati di oggi che non hanno altra scelta che rischiare la morte per via di terra o di mare? Chi ha continuato a finanziare grandi opere inutili, costose e dannose anziché bonificare lo stesso territorio dei Paesi europei costantemente soggetto a disastri sanitari e ambientali? Chi non fa nulla contro la diffusione spaventosa di malattie e morti a causa di contaminazione tossiche anche fra gli stessi elettori dei vari partiti della maggioranza e dell’opposizione? Chi non fa nulla contro il lavoro nero e le neoschiavitù ormai diffuse dappertutto in Europa e in particolare nelle aree con più attività cosiddette legali che si nutrono di economie sommerse (e cioè di lavoro nero, corruzione, caporalato e spesso connessioni con le mafie)?

 

RDG: Le responsabilità sono dunque tante, intrecciate, storiche e si alimentano di silenziose complicità…

SP: La sporca guerra all’immigrazione nasconde non solo i disastri che le imprese italiane provocano nei Paesi di emigrazione ma anche i vari crimini contro i migranti o sulla loro pelle: si pensi alla falsa accoglienza con cui associazioni di delinquenti e loro complici nelle amministrazioni locali e nazionali e nei ranghi delle forze di polizia lucrano e si pensi al caporalato che si riproduce proprio grazie alla corruzione di alcuni funzionari delle agenzie di prevenzione e controllo e delle forze di polizia, un fenomeno che persino si accresce, anche perché i governanti non osano intaccarlo o sono a volte complici. E nasconde appunto la causa e i responsabili dei malesseri e problemi economici e sociali che affliggono la maggioranza della popolazione, proprio perché i governanti condividono gli illegalismi di massa spesso in virtù della “regola d’oro” dei dominanti: “mangia e fai mangiare”.

Il neo-parvenu ministro dell’Interno del governo M5S-Lega che promette un cambiamento totale continua a gridare insulti e nefandezze contro i migranti; ma si guarda bene dal chiedere alle polizie di controllare, prevenire e perseguire chi li schiavizza (spesso suoi elettori), chi corrompe e si fa corrompere per lucrare sulla loro pelle, chi inquina e provoca morti e diffusioni di malattie da contaminazioni (di nuovo spesso suoi elettori e anche a danno di suoi stessi altri elettori). In effetti, l’orientamento che persegue questo ministro, con linguaggio e modalità esplicite, ma nella sostanza con intenti non diversi da quelli di chi l’ha preceduto (seguendo la deriva neoliberista dell’ex-sinistra) assomiglia al mostruoso imbroglio che permise il successo del fascismo e del nazismo: i nemici di oggi sono i migranti e chi è solidale con loro; ieri gli ebrei e i rom e chi era solidale con questi, anarchico, comunista, socialista, democratico, pacifista o anche solo omosessuale.

 

RDG: Vedi la possibilità di una resistenza a tutto questo?

Tutto il processo che comincia in particolare con la prima guerra del Golfo e che conduce alle guerre permanenti, ai continui disastri sanitari, ambientali ed economici, alle migrazioni disperate, al neocolonialismo, sembra mostrare che i dominanti del mondo vogliano puntare al caos (Joxe, 2003), proprio per dominare a piacimento e nello sprezzo di tutto e di tutti.

«I ricchi hanno scelto di voler vivere a comodo loro senza più condividere la Terra con il resto del mondo», scrive Latour (2017). E come racconta Evan Osnos (2017), molti ricchi della Silicon Valley e delle startups newyorkesi (e non solo) cominciano ad accumulare viveri, armi e munizioni, comprano terreni isolati, si fanno costruire bunker di lusso, si arroccano, come in altre parti del mondo, in gated communities sempre più fortificate e difese da milizie private. Altri acquistano il posto per andare su Marte o su una navetta spaziale prima che sul pianeta Terra si scateni una sorta di Blade runner o l’esplosione totale. Guidati dai Trump, i dominanti sembrano giocare col “tanto peggio tanto meglio” contando sull’incapacità di reagire o sul rimbambimento dei dominati col trionfo dell’idiozia, della guerra fra poveri, del trash violento, razzista e sessista.

Il rischio di una tale deriva non va considerato fantapolitica; purtroppo la storia mostra che il peggio si ripete e può aggravarsi. La storia dell’umanità sembra essere soprattutto una continua riproduzione di disastri, di atrocità, di crimini e genocidi, di continue sconfitte delle lotte per l’emancipazione e per un mondo pacifico ed equo per tutti. Il cosiddetto progresso, il benessere e la felicità sembrano essere stati accaparrati sempre da pochi dominanti che hanno prodotto l’impoverimento e la morte dei dominati (la necropolitica come suggerisce Mbembe). Nella congiuntura attuale tutto si intreccia nell’alimentare il rischio di catastrofe totale (come segnalano quindicimila scienziati di tutto il mondo). Oggi più che mai siamo di fronte al fatto politico totale più sconvolgente della storia moderna e contemporanea se non di tutta la storia dell’umanità e del pianeta Terra.

Tuttavia, gli esseri umani e tutto il mondo animale e in generale la natura restano sempre irrimediabilmente caratterizzati dalla spinta per la sopravvivenza, per la rinascita, l’adattamento. La resistenza al peggio ha sempre prevalso anche se non ha impedito che si riproducesse. Resta allora da capire cosa sarà la resistenza all’attuale deriva verso la catastrofe, come, quando, dove e chi le darà vita e forza. La posta in gioco non riguarda solo le migrazioni, i problemi economici e sociali, le singole guerre: le cause di tutti i disastri sono intrecciate più che mai. La resistenza di questo inizio del XXI secolo si trova davanti a una sfida senza precedenti che richiede una condivisione di tutti i saperi, conoscenze ed esperienze in tutti i campi, non solo per fermare la deriva verso la catastrofe ma per cambiare ogni aspetto della vita quotidiana e dell’assetto del territorio in cui si vive. La prosperità e la posterità per il bene dell’umanità e del pianeta terra dipendono da una Resistenza inedita che faccia tesoro di ogni esperienza di emancipazione del passato e di ogni creatività per realizzare un futuro vivibile, pacifico e per il bene di tutti gli abitanti del pianeta e di ogni angolo della Terra.

*****

Salvatore Palidda: nato in Sicilia, da giovane è stato operaio e militante anche tra gli emigrati italiani in Germania e in Francia. È docente di scienze sociali presso l’Università di Genova dal 1996; ha ottenuto un dottorato (con menzione très honorable all’unanimità del giurì) presso l’EHESS di Parigi. Per dieci anni è stato ricercatore straniero associato al CNRS francese, poi abilitato a maître de conférences (docente) nelle Università francesi per l’insegnamento di Sociologia e Demografia e di Scienze Politiche. È stato Jean Monnet Fellow Senior dell’IUE, Gast Professor presso il Max-Planck-Institut di Freiburg (Germania), Professeur invité presso il Robert Schuman IEP di Strasburgo. In Italia è stato abilitato alla Ia fascia di docenza dall’ASN in Sociologia generale e in Processi culturali e della comunicazione. Ha partecipato e/o diretto 15 progetti europei e nazionali. È autore di oltre 70 pubblicazioni in lingue straniere e altrettante in italiano, fra queste, le più recenti: Resistenze ai disastri sanitari, ambientali ed economici nel Mediterraneo (a cura di, DeriveApprodi, 2018); Governance of Security and Ignored Insecurities in Contemporary Europe (Routledge, 2016).

Testi di Salvatore Palidda: https://unige-it.academia.edu/SalvatorePalidda/CurriculumVitae (in gran parte scaricabili gratuitamente)

Articoli di Palidda su: http://effimera.org/tag/salvatore-palidda; http://www.labottegadelbarbieri.org/tag/salvatore-palidda; https://www.mediapart.fr/search?search_word=palidda&sort=date&order=desc

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I testi cui si fa riferimento in quest’intervista sono:

Joxe Alain (2003), L’impero del caos, Sansoni, Firenze.

Klein Naomi (2008), Shock economy. L’ascesa del capitalismo dei disastri, Rizzoli, Milano.

Latour Bruno (2017), Où Atterrir, La Découverte, Parigi.

Mbembe Achille (2016), Necropolitica, Ombre corte, Verona (estratto in http://operaviva.info/necropolitica).

Osnos Evan (2017), Doomsday Prep for the Super-Rich, “The New Yorker”, in https://www.newyorker.com/magazine/2017/01/30/doomsday-prep-for-the-super-rich, 30 gennaio.

Weltzer Harald (2011), Guerre climatiche – Per cosa si uccide nel XXI secolo, Asterios, Trieste.

Palidda Salvatore (2008), Mobilità umane, Raffaello Cortina, Milano.

Palidda Salvatore (2018), Resistenze ai disastri sanitari, ambientali ed economici in Mediterraneo, DeriveApprodi, Roma.

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