Il paese in recessione, il governo in difficoltà si gioca tutto sulla manovra

Il paese in recessione, il governo in difficoltà si gioca tutto sulla manovra

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Conte: “Non sono preoccupato. A noi interessa concentrarci sul rilancio dell’economia che avverrà sicuramente nel 2019, a partire dal secondo semestre”

Sembra passato un secolo da quando il ministro del lavoro e dello sviluppo Di Maio giudicava «apocalittica» la stima della Banca d’Italia che parlava di «recessione tecnica». «Non è la prima volta – ha detto solo il 19 gennaio scorso – che si rivelano infondate». Ora che anche l’Istat ha comunicato lo stesso verdetto, vaticinato mercoledì dal premier Conte, l’accusa si è rivelata un buco nell’acqua, quasi quanto la celebre scenata sulla «manina» a Porta a porta in Tv.

Una reazione impulsiva da parte dell’azionista di maggioranza di un governo nervoso per le sorti di una legge di bilancio, licenziata solo un mese fa, che rischia di essere scritta sulla sabbia. Se, infatti, a fine 2019 la crescita sarà inferiore all’1% del Pil reale e allo 0,6% di quello tendenziale, come ormai in molti prevedono, l’esecutivo sarà costretto a modificare al rialzo l’obiettivo del 2,04% nel rapporto con il deficit. Il deposito cauzionale di due miliardi, trovata cavillosa imposta dalla Commissione Ue dopo la tormentata trattativa sui decimali della manovra, non basterà. Il deficit potrebbe aumentare dal 2,2 al 2,5%, imponendo una manovra bis che, al momento, tutti escludono. Oppure un nuovo taglio alle misure-bandiera di Lega e Cinque Stelle: la «quota 100» e sussidio vincolato agli sgravi alle imprese detto «reddito di cittadinanza», dopo i 4,6 miliardi già cancellati.

Senza contare il fardello delle «clausole Iva» che il governo si è auto-inflitto per il 2020-2021: 53 miliardi di euro complessivi che dovrebbero essere trovati grazie a un aumento del Pil che non ci sarà, molto probabilmente. L’Ufficio parlamentare di bilancio ha ipotizzato tagli alla sanità per coprire il clamoroso aumento delle tasse. Un’eventualità smentita ieri dal governo. Siamo all’inizio di un tunnel. A fine giugno ci sarà la prima verifica.

LE RECESSIONE È TECNICA: nel quarto trimestre 2018 il Pil ha registrato una frenata dello 0,2%, la seconda consecutiva dopo quella tra luglio e settembre (0,1%). Per il momento è troppo presto parlare di una «recessione economica». Bisognerà aspettare il prossimo dicembre una variazione negativa del Pil «tendenziale» rispetto all’anno precedente. Per questo motivo il ministro dell’economia Tria ha parlato di una «stagnazione». In ogni caso è il peggiore risultato dell’economia italiana da cinque anni a questa parte. Nel quarto trimestre del 2013 il Pil registrò lo stesso valore: meno 0,2%. Dopo di allora ci sono stati 14 trimestri consecutivi con il segno «più», prodotto sia di una ripresa globale, sia dell’effetto-sollievo sui conti pubblici ottenuto dal «quantitative easing» della Bce guidata da Mario Draghi che ha liberato risorse che i governi targati Pd hanno sparpagliato con iniziative di dubbia o nessuna efficacia come il bonus degli 80 euro o gli sgravi alle imprese per assumere con il Jobs Act.

MESSO ALL’ANGOLO dai numeri, il governo che prevedeva un Pil all’1,5% ha provato a reagire addebitando la responsabilità al Pd: «non siamo mai usciti dalla crisi, ce l’hanno nascosto». E’ stato anche sostenuto che la causa della recessione è esogena, non endogena: «la guerra dei dazi tra Usa e Cina. Conte ha promesso uno scatto di reni a partire dal secondo semestre del 2019, quando le misure della manovra entreranno in circolo: un piano nazionale per mettere in sicurezza le infrastrutture e il «reddito di cittadinanza» che obbligherà i percettori a spendere l’importo mensile in consumi preordinati dal governo in circuiti autarchici ancora da definire, pena la sanzione fino al 20% del sussidio nel mese successivo.

Una misura, di dubbia efficacia e di scarsa tenuta costituzionale, alla quale è stato attribuito un ruolo taumaturgico, capace di provocare un rimbalzo colossale del Pil. Visto che questo indicatore tende verso lo zero, servirà un’impennata molto forte per raggiungere a fine anno un deludente 0,6% capace di mantenere in piedi le stime rabberciate del governo. Il ministro dell’economia Tria continua a parlare di «investimenti». Probabilmente allude a un maggiore uso dei fondi europei, tutto da verificare. Tria non sembra considerare gli effetti del taglio di 1,1 miliardi sullo stesso capitolo. Il presidente di Confindustria Boccia ha esortato il governo ad aprire i cantieri, a cominciare dalla Tav. Un modo per rasserenare i Cinque Stelle, contrari alla mega-opera ma in difficoltà perché Salvini è favorevole. «A gennaio avremo un rallentamento superiore del Pil» prevede Boccia.

«NON CREDO ci sarà bisogno di correggere le stime» ha ribadito Di Maio, lo stesso che aveva preannunciato l’arrivo di «un nuovo boom economico». I Cinque Stelle si sono scatenati contro il Pd, giudicato responsabile della recessione prossima ventura. «Hanno mentito». «Accuse infami e ignoranti – ha replicato per le rime l’ex ministro dell’economia Padoan – La recessione è iniziata nell’agosto scorso».

* Fonte: Roberto Ciccarelli, IL MANIFESTO

Foto: Pixabay CC0 Creative Commons



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