Global strike for future: non c’è un Pianeta B, il tempo di cambiare è adesso
BRUXELLES. Una marcia globale in difesa del clima per dire che «non c’è più tempo ». É il Global strike for future di questo venerdì 15 marzo che chiama a raccolta tutta una generazione per chiedere un’altra politica, ecologicamente responsabile e capace di far fronte agli effetti «catastrofici» dei cambiamenti climatici.
Sono migliaia gli studenti che in tutto il mondo hanno risposto positivamente all’appello di Greta Thunberg, la star del clima, che con il suo solitario gesto di sciopero scolastico è riuscita a smuovere l’opinione pubblica e a mobilitare migliaia di ragazzi in tutto il mondo.
Ogni settimana sono circa 70 mila gli studenti, in 270 città diverse, a saltare i corsi per protestare contro l’inefficienza della classe politica in materia di cambiamenti climatici.
PER LA MARCIA GLOBALE di questo venerdì 15 marzo, sono cento i paesi coinvolti e più di mille le città su tutto il globo che hanno aderito all’iniziativa per chiedere «di agire e di farlo in fretta». Dal Canada all’Australia, passando per l’Europa , la Cina e l’America latina, gli studenti intendono scuotere le coscienze, ed il mondo politico, per quella che si preannuncia come una mobilitazione permanente.
È IL «GRIDO DISPERATO» di tutta una generazione, angosciata per il proprio futuro, che vede nelle conseguenze dell’attuale modello economico e sociale il preludio di una catastrofe «annunciata».
È un atto d’accusa a tutta una classe dirigente perché agisca in fretta con provvedimenti in grado «cambiare la rotta». «Non abbiamo un pianeta B», «Siamo l’ultima generazione che può ancora fare qualcosa», si legge nei messaggi presenti sui social network e sui diversi siti internet delle organizzazioni che promuovono questa marcia globale per il clima.
Manifesto del movimento sono gli accordi di Parigi (Cop21), di cui i ragazzi chiedono a gran voce il rispetto: riduzione progressiva delle emissione di Co2 e scongiurare l’aumento della temperatura, limitando l’incremento a 1.5 °C.
«Abbiamo solo 12 anni per agire» è l’appello del mondo scientifico che i ragazzi hanno fatto proprio. L’evento è co-organizzato dalla piattaforma Rise for climate, un movimento internazionale che raccoglie centinaia di organizzazioni non governative e associative, da anni attive nella lotta ai cambiamenti climatici.
Anche il mondo scientifico ha aderito all’evento. In Belgio, dove il movimento studentesco ha avuto maggiore visibilità, i ricercatori sono regolarmente in strada con gli studenti. E per questo 15 marzo molti dipartimenti universitari delle principali città belghe (Ulb di Bruxelles e Ucl di Lovanio) hanno aderito alla marcia.
Anche molti istituti scolastici europei sostengono l’iniziativa. Sempre in Belgio, si è costituito un movimento di professori, delle scuole secondarie e primarie, sotto l’insegna di Teachers for climate a sostegno dello sciopero scolastico. Anche in Italia molti dirigenti scolastici si sono dichiarati disponibili ad atti di tolleranza, nonostante le dichiarazioni ostili del ministro dell’Istruzione Marco Bussetti che ha esortato i ragazzi «ad andare a scuola».
LA PIAZZA PIÙ ATTESA è senza dubbio quella di Bruxelles e non solo perché qui il movimento (ribattezzato Youth for climate) ha saputo organizzare una mobilitazione permanente con numeri che hanno suscitato l’interesse dei media internazionali.
Ma anche perché nella capitale, belga ed europea, la mobilitazione ha saputo chiamare in causa i politici a vari livelli (locale, nazionale ed europeo). Una marcia che si annuncia particolarmente partecipata con eventi durante tutta la giornata: dibattiti, workshop, proiezioni e varie azioni dimostrative nella mattinata e poi un corteo che attraverserà tutta la città e che avrà come punto d’arrivo la sede del Parlamento europeo.
E C’È DA SCOMMETTERE che la questione del clima irrompa nel dibattito della campagna elettorale europea.
A quasi due mesi dalle elezioni, qualche timida iniziativa ha già fatto la sua apparizione. Sempre in Belgio è stato da poco approvato un provvedimento (più restrittivo delle attuali direttive europee) che annuncia la messa al bando dei pesticidi contenenti i neonicotinoidi, considerati responsabili della moria delle api nelle aree rurali.
* Fonte: Gabriele Annichiarico, IL MANIFESTO
photo: Accon4 [CC0]
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