Il saloon della repubblica. Legittima difesa, Salvini invita gli sparatori al Senato

Il saloon della repubblica. Legittima difesa, Salvini invita gli sparatori al Senato

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La festa al saloon della repubblica è in programma domani. Non potranno entrare armati, il saloon è pur sempre il senato, ma non mancheranno un bel po’ di quei signori che hanno sparato e ucciso per difendere le loro proprietà. Gli stessi che la Lega ha voluto elevare a testimonial della “sua” legge sulla legittima difesa che allarga ancora le maglie della riforma di tredici anni fa, firmata dall’allora ministro della giustizia leghista Roberto Castelli. Già, perché in materia la competenza è ovviamente del guardasigilli, anche se il grillino Alfonso Bonafede adesso fischietta e i 5 Stelle tutti si dicono «non entusiasti» ma in ogni caso obbedienti. Qualche assente dissidente ci sarà, ma niente di preoccupante per Salvini. Che infatti prepara la festa ostentando tranquillità: «Comunque abbiamo l’opposizione intelligente di Forza Italia e Fratelli d’Italia».

Sull’intelligenza si può discutere, sull’opposizione non più: è infatti il terzo voto pro Salvini che gli alleati del centrodestra esprimeranno apertamente – non più limitandosi ad astensioni benevole – dopo il decreto sicurezza e il no alla richiesta di processare il ministro dell’Interno per la Diciotti. Il certificato di una nuova maggioranza, naturalmente solo su quello che interessa a Salvini.

Nella prima votazione al senato anche il Pd votò a favore dell’articolo 2 della legge, per «coerenza» con il voto della precedente legislatura in cui erano stati i dem a proporre la categoria del «grave turbamento» come causa giustificativa della reazione armata. Poi alla camera il partito ha corretto il giudizio votando sempre contro, con Leu.

La decisione di convocare sulla tribuna del senato ad applaudire la Lega quattro persone che hanno sparato e ucciso è certamente criticabile, e irrispettosa di un dramma che è comunque anche in parte di chi impugnava l’arma. Ma non può sorprendere, visto che Matteo Salvini e i suoi hanno evocato i nomi di chi si è fatto giustizia da solo a ogni passaggio parlamentare del testo di legge. Chiamandoli persino in audizione in commissione per dare sulla voce a magistrati e avvocati contrarissimi alla riforma. Un doppio equivoco: la giustizia amministrata nel nome della vittima, e della vittima sbagliata. Il ministro è andato persino a trovare un imprenditore armato che non potrà essere al senato, perché in carcere con una condanna definitiva per tentato omicidio.

Il relatore Ostellari, responsabile della clamorosa svista che ha costretto la legge a tornare in terza lettura al senato, ha voluto dedicare i suoi sforzi all’ex parà della Folgore Franco Birolo che sparò nel suo negozio e che è stato infine assolto. Con lui domani dovrebbero esserci Graziano Stacchio benzinaio, Francesco Sicignano pensionato e Mario Cattaneo oste. È l’unico ancora sotto processo, la nuova legge può aiutarlo.

Non ce ne sono molti come loro. Secondo i dati del ministero della giustizia comunicati al senato, nel periodo 2013-16 sono stati appena quattro i processi per eccesso colposo di legittima difesa e una sola condanna (ladro in fuga colpito alle spalle). Del resto lo riconosce anche implicitamente la legge che adesso si approva, visto che nel capitolo per il gratuito patrocinio – una novità- di chi si difende armato nel suo domicilio sono stanziate somme necessarie al massimo per una decina di casi. È di questo che si occupa la legge bandiera di Salvini. Al quale ovviamente importa solo di riuscire a piantarla. A bersaglio.

* Fonte: Andrea Fabozzi, IL MANIFESTO*



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