Rami risponde a Salvini, che gliela fa pagare e blocca la cittadinanza
Ventiquattr’ore di reazioni furiose del vicepremier Matteo Salvini sulla vicende Rami Shehata, il tredicenne nato in Italia da genitori immigrati che, con la sua telefonata, ha contribuito a salvate i compagni sullo scuolabus dirottato a San Donato Milanese. Ieri il ragazzo è stato premiato dall’ambasciatore a Roma come «eroe egiziano» e alla stampa ha detto: «Volevo vedere cosa succedeva al ministro Salvini se morivano tutti. Se adesso lo ringraziano è merito mio». E sulla cittadinanza per meriti speciali: «Salvini prima ha detto sì, poi no. Di Maio vuole darmela. Spero che anche altri possano ottenere la cittadinanza italiana». In serata arriva la replica stizzita del ministro dell’Interno. Prima dalla Lega fanno sapere che non ci sarà alcun incontro a breve tra il ragazzo e il leader del Carroccio, poi l’attacco ad alzo zero. «Stiamo facendo tutti gli approfondimenti del caso – tira fuori Salvini -. Purtroppo non ci sono gli elementi per concedergli la cittadinanza, non le posso regalare, ho bisogno di fedine penali pulite. Non parlo dei ragazzini di 13 anni ma non fatemi dire altro. Se qualcuno la cittadinanza non l’ha chiesta e non l’ha ottenuta dopo 20 anni fatevi una domanda e datevi una risposta. Per me può venire al Viminale ma lo invito quando ho gli elementi per decidere». Chiara allusione a un parente stretto del ragazzo. Quindi la stoccata finale: «Ramy si fida di Di Maio? Io mi fido della legge». E sui dem: «Il ragazzo viene usato come un paladino da una certa sinistra. Renzi non avrebbe controllato nulla. Se la nuova frontiera del Pd è tornare a combattere per lo Ius soli, vuol dire che continueremo a governare per i prossimi 50 anni».
Il vicepremier leghista ha ingaggiato la battaglia fin dal giorno del dirottamento. A caldo aveva commentato: «Rami vuole lo Ius soli? Si faccia eleggere». E domenica: «Siamo il paese che concede più cittadinanze ogni anno. Non è un biglietto per il Luna Park». Una posizione così dura da far commentare all’attore e regista Pif: «Il ministro dell’Interno fa il bullo con un ragazzino di 13 anni». Ieri Salvini si è giustificato con le Iene: «Ma non sapete che cosa dico a mia figlia, è come se fosse mio figlio» spiegando poi che lo avrebbe incontrato ma «a telecamere spente perché fare il Fabio Fazio a suon di milioni non mi interessa» (salvo poi bloccare l’offerta). Il riferimento è alla partecipazione in Tv di Rami e Adam, l’altro ragazzo di origini marocchine che ha contattato i carabinieri durante il dirottamento.
L’idea del ministro è quella di fare una concessione ma lasciare la porta chiusa sul diritto di cittadinanza: «Il sindaco Beppe Sala chiede che il parlamento discuta lo Ius soli? Il parlamento può discutere di tutto, di sicuro non ne parlerà il Consiglio dei ministri. Non cambio una legge che sconvolgerebbe la vita del paese per il dirottamento di uno scuolabus».
Dalla Lega i commenti sono ancora più espliciti. «Lo Ius soli è morto e sepolto» ha spiegato il vicepresidente del Senato, Roberto Calderoli. E il ministro delle Politiche agricole, Gian Marco Centinaio: «Adam e Rami sono residenti in Italia ma non sono cittadini italiani». Con questa posizione muscolare dell’alleato di governo, al premier Giuseppe Conte non resta che togliere il tema dal tavolo: «Lo Ius soli non fa parte del programma e non ci sono motivi per inserirlo ora».
L’altro vicepremier, Luigi Di Maio, vede il Movimento andare a picco e prova a prendersi la scena su Facebook: «Su Rami confido in una rapida risoluzione sulla cittadinanza per meriti speciali. Ho scritto ai ministeri competenti perché la sua pratica arrivi presto al Consiglio dei ministri. Senza perderci in facili strumentalizzazioni». Molti commenti al post oscillano tra «e i ragazzi italiani?» a «i problemi sono altri», rendendo evidente come i 5S non riescano più a fare presa sui social. Da Di Maio semaforo verde anche per Adam ma su una cosa i due alleati convergono: nessuna discussione sul diritto di cittadinanza.
A tornaci su è l’ex premier dem Matteo Renzi, che ne approfitta per mandare una nuova stoccata al suo successore a Palazzo Chigi, e collega di partito, Paolo Gentiloni: «Io la fiducia sulle unioni civili l’avevo messa. Sullo Ius soli invece…».
* Fonte: Adriana Pollice, IL MANIFESTO
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