Torre Maura il giorno dopo. Il buon senso dei ragazzi a scuola

by Luca Kocci * | 6 Aprile 2019 8:37

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Il buonsenso dimora nelle teste e cammina sulle gambe degli adolescenti. Giovani e giovanissimi nati e cresciuti in quelle borgate trasformate in periferie perché qualcuno, ieri come oggi, ha voluto e vuole così. Diventate prede e terre di conquista di una destra aggressiva, famelica e forte con i deboli, cioè fascista. Ma dove vivono anche umanità e intelligenze critiche, talvolta espresse da ragazzi e ragazze che pensano con la propria testa e, con estrema semplicità, dicono parole di civiltà e ragionevolezza, non inquinate dai professionisti della menzogna, della paura, dell’odio.

LO HA FATTO SIMONE, il quindicenne che, guardando negli occhi i militanti di CasaPound arrivati a via dei Codirossoni per alimentare la protesta di alcune decine di abitanti del quartiere contro il trasferimento di una settantina di rom nel centro di accoglienza sotto casa, ha detto «io non sono d’accordo con voi». Lo hanno fatto altri ed altre adolescenti, in una ordinaria mattinata di scuola in un istituto superiore di Torre Maura, durante la quale viene chiesto loro di riflettere e di scrivere un tema di italiano sulla questione (le parole sono tutte autentiche – svarioni compresi –, i nomi sono modificati per salvaguardare la privacy e la minore età degli studenti).

«LA “RIVOLTA” di Torre Maura è solo uno dei tanti episodi di disumanità che accadono oggigiorno», scrive Massimo. Una disumanità che «proviene dall’ignoranza», cioè dal «giudicare con uno stereotipo le persone, senza nemmeno averle conosciute». «Prima ancora che abbiano messo in atto comportamenti sbagliati o commesso reati», aggiunge Antonio, pensando ai rom. Ed è generata da una sorta di sovranismo di quartiere: «È come se le persone che hanno protestato, visto che quella è la loro zona, si sentissero superiori rispetto agli estranei e ai rom», scrive Giorgia, secondo cui «le persone che chiudono le porte al prossimo pensano di avere un senso di supremazia nei confronti degli altri popoli» e «trasmettono un senso di negatività».

NON C’È BUONISMO nei ragazzi, ma una visione sufficientemente ampia delle proprie borgate. «Posso capire i loro motivi – prosegue Massimo –, Torre Maura è un quartiere emarginato, con grandi problemi, però prendersela con i rom è sbagliato perché loro non c’entrano nulla con questi problemi. La vera colpa è dell’amministrazione, che lascia le periferie nel degrado più totale. Ma si è visto che la colpa la si dà sempre alle minoranze», in questo modo «non si migliorerà mai». Giulio: «Hanno scaricato sui rom la loro rabbia, nata dal disagio sociale della periferia. Però il problema non sono i rom o gli stranieri, ma il governo e il Comune che non risolvono i problemi degli abitanti del quartiere. Bisogna protestare contro i veri responsabili».

Ne è convinto anche Sergio. «Il vero problema è l’abbandono delle periferie, la scarsa importanza che si dà a queste zone, la mancanza di servizi pubblici. Tutto ciò genera queste lotte tra poveri, perché le persone, invece di protestare contro chi ha portato le periferie nel degrado, lo fanno contro chi, nella maggior parte dei casi, non ha nessuna colpa. Anzi anche loro sono vittime di questo abbandono. Prendersela e sfogarsi con persone più povere non ha alcun senso. Invece si dovrebbero unire tutti e protestare contro chi li fa vivere nella miseria e nel degrado».

NON SONO POLITICIZZATI, ma ai ragazzi risulta abbastanza chiaro chi è che getta benzina sul fuoco: organizzazioni di estrema destra che spesso hanno anche poco o nulla a che fare con la borgata. «Affacciandomi dalla finestra di casa vedevo le persone con i fumogeni in mano che sventolavano la bandiera dell’Italia», racconta Giorgia. Quello che sta alzando il livello del conflitto, prosegue Sergio, è la presenza «di gruppi di estrema destra che sono al di fuori del quartiere e che vengono a Torre Maura solo per alimentare odio e razzismo e provocare scontri inutili». Queste persone (gli «esponenti dell’estrema destra») «neanche conoscono bene ciò su cui dicono di appoggiarsi», aggiunge Antonio, «il loro comportamento è uguale a quello dei tifosi ultrà arrabbiati per la sconfitta della propria squadra nel derby: rabbia e odio» nei confronti degli avversari.

L’ATTO DI CALPESTARE il pane destinato ai rom, ripreso dalle telecamere, trasmesso in televisione e rimbalzato sui social, ha impressionato molto. «Calpestare il pane significa calpestare l’umanità», scrive Giorgia (prendendo spunto dal commento di Marino Niola su Repubblica del 4 aprile). «Il pane è di tutti, e tu, in quanto persona, non puoi calpestare il pane di altre persone», è «un gesto imperdonabile». Massimo: «Non è un atto di protesta, ma di disprezzo e di razzismo verso i rom. Ma una società che ha queste idee non potrà mai migliorare, finché non si aprirà agli altri».

* Fonte: Luca Kocci,  IL MANIFESTO[1]

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