Stati uniti/Iran. La guerra di Trump continua con attacchi hacker e sanzioni

by Marina Catucci * | 25 Giugno 2019 11:14

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Come rappresaglia per l’abbattimento del drone statunitense da parte di Teheran la scorsa settimana, Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo imponendo ulteriori sanzioni economiche all’Iran e avvisando anche che la «moderazione» degli Stati uniti ha dei limiti.

Trump ha sottolineato che le nuove sanzioni «durissime» negheranno al leader supremo dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei, e ad altri alti funzionari iraniani l’accesso agli strumenti finanziari: «miliardi» di dollari in asset, secondo il segretario del Tesoro Mnuchin, saranno congelati. Come già previsto, aggiunge: le sanzioni erano in canna prima dell’abbattimento del drone-spia.

«Continueremo ad aumentare la pressione su Teheran – ha detto il presidente Usa durante la cerimonia per la firma dell’ordine esecutivo – L’Iran non potrà mai avere delle armi nucleari. Non cerchiamo conflitti con l’Iran o altri Paesi e penso che un sacco di moderazione sia stata da noi dimostrata, ma questo non significa che accadrà anche in futuro».

Colpito anche il leader supremo, considerato dalla Casa bianca «il responsabile della condotta ostile del regime» e accusato di finanziare le Guardie rivoluzionarie iraniane con una «ricchezza personale da 95 miliardi di dollari». Alla domanda di un giornalista che ha chiesto se le nuove sanzioni fossero la risposta all’abbattimento, Trump ha ammesso che ciò ha contribuito ma che «questo è qualcosa che doveva comunque accadere».

A rispondere è il ministro degli Esteri di Teheran, Javad Zarif: «Gli americani – ha scritto in un tweet – disprezzano la diplomazia» e l’amministrazione Trump «è assetata di guerra». Certo è che la pressione Usa sul governo iraniano è ormai giunta a livelli poco sopportabili, soprattutto per l’economia interna, ampiamente colpita dalle precedenti sanzioni che hanno impedito a governi e aziende europee di avviare gli attesi progetti congiunti con Teheran.

Non solo: gli Usa, rivela il New York Times, hanno lanciato un’offensiva cyber contro un gruppo di intelligence iraniano che i servizi segreti statunitensi pensano sia dietro l’attacco alle petroliere nel Golfo dell’Oman. Stando al quotidiano, questa svolta hacker, in programma da settimane, sarebbe la risposta diretta sia agli attentati contro le petroliere, sia all’abbattimento del drone.

A dar manforte a Trump è arrivato il segretario di Stato Mike Pompeo, che durante il suo viaggio last-minute per incontrare gli alleati del regime amico dell’Arabia saudita, ha insistito anche sul fatto che l’Iran debba frenare la sua attività militare nella regione e porre fine al sostegno alle milizie arabe.

Pompeo si è incontrato in un palazzo a Jeddah con re Salman e ha poi pranzato con il principe ereditario Mohammed bin Salman, nonostante il suo ruolo sospetto nell’omicidio del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi (è di pochi giorni fa il rapporto Onu che indica in MbS il mandante) e negli attacchi che uccidono civili in Yemen dal 2015, due eventi che hanno portato a due rare condanne bipartisan da parte del Congresso statunitense che solitamente non si accorda su nulla.

Pompeo, incurante della posizione del Congresso, ha scritto su Twitter di aver parlato con il re e che entrambi pensano ci sia «la necessità di promuovere la sicurezza marittima nello Stretto di Hormuz».

* Fonte: Marina Catucci, IL MANIFESTO[1]

 

photo: Elvert Barnes from Hyattsville MD, USA [CC BY-SA 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)]

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